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Pioli is on fire© AC Milan via Getty Images

Pioli is on fire

Il Milan da Champions, il ventennio di Lotito, la necessità di Jorginho e gli allenatori di due squadre.

Stefano Olivari

08.11.2023 ( Aggiornata il 08.11.2023 13:02 )

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La vittoria del Milan sul PSG rimette la squadra di Pioli in corsa per gli ottavi di Champions League, in un gruppo F in cui adesso rischia addirittura anche il club franco-qatariota: di sicuro i gol di Rafael Leão e di Giroud hanno fatto tornare il Milan padrone del suo destino, visto che adesso mancano la partita di San Siro contro il Borussia Dortmund, avanti di 2 punti, e quella in trasferta con il Newcastle. La partita sarà ricordata anche per la contestazione a Donnarumma, con tanto di finti dollari con la sua immagine gettati in campo, cosa che non gli ha impedito di essere il migliore dei suoi in quella che è stata senza dubbio la grande serata di Stefano Pioli, per il gioco, con un ritorno al 4-2-3-1 dei momenti belli ed un Loftus-Cheek mai visto così, e la concentrazione mostrati dal Milan, per non dire da Leão, che non sarà Ravanelli o il 'generoso Graziani' ma quando vuole sa anche coprire. Anche negli atteggiamenti Pioli non è sembrato un allenatore bisognoso di essere messo sotto tutela, tanto meno di Ibrahimovic. Un allenatore al quale è stato tolto anche il ‘Pioli is on fire’ del prepartita, un piccolo dispetto in preparazione di quello più grande.

Vittoria importante anche per la Lazio di Lotito, che ha superato proprio il Feyenoord e adesso è messa benissimo. Senza tranquillità è Lotito, che a Radio Serie A ha parlato delle minacce di morte che riceve da tifosi, tifosi si fa per dire, a volte della Lazio e a volte no. Un presidente stranamente nel mirino, al tempo stesso inseritissimo nel sistema (ha giustamente ricordato che nel 2004 alla guida di una Lazio quasi fallita lo chiamò Berlusconi) ma anche anti-sistema, visto che è l'unico personaggio di primo piano dichiaratamente anti-Gravina e, su un altro piano, che prima di altri ha dimostrato che la classe media va pagata come classe media, anche meno, perché sposta poco (in sostanza ha fatto sembrare stupidi quelli che la pagano tanto). Poi è chiaro che il tifoso laziale nella media rimpiange Cragnotti e non rimpiangerà Lotito, del resto la buona gestione non interessa a nessuno nelle aziende vere e figuriamoci quindi nel calcio. 

Grande attesa per le convocazioni di Spalletti previste per venerdì, in vista delle partite con Macedonia e Ucraina che diranno se l’Italia andrà ad Euro 2024 senza passare dal rischioso playoff: senza troppi calcoli, servirà battere la Macedonia e poi il 20 novembre presentarsi a Leverkusen avendo a disposizione due risultati su tre. Per il disfattismo aspettiamo almeno la disfatta, insomma. È ovvio che il c.t. non si metterà a fare esperimenti in partite di questo tipo, anzi la sua vera differenza con Mancini è nella Nazionale delle porte girevoli, aperta a tutti, concetto che Spalletti detesta. Per questo è più che possibile il ritorno di Jorginho, mai convocato da Spalletti e che di fatto ormai giocava poco anche con Mancini: da qualche partita è tornato titolare nell’Arsenal, facendo anche bene, e nel 4-3-3 la palla come la fa girare lui la fanno girare in pochi, certo non Cristante e Locatelli.

Interessante la novità della Serie C, che ha ufficializzato una novità riguardo agli allenatori: in pratica quelli esonerati o dimissionari entro il 20 dicembre potranno allenare nella stessa stagione squadre della stessa categoria. Già in Serie B funziona così, mentre la A ancora resiste. Si sentiva il bisogno di questa riforma, oltretutto con tanti allenatori disoccupati? Di certo non si capisce perché un calciatore possa nello stesso campionato giocare una partita con una squadra e il ritorno con l’altra, mentre l’allenatore finora no. La realtà è come al solito mediocre: questa pseudoliberalizzazione consente ai club di liberarsi, in teoria, di un ingaggio pesante e quasi sempre in C quello dell’allenatore è fra i più pesanti.

stefano@indiscreto.net

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