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L'importanza di Falcão© LAPRESSE

L'importanza di Falcão

I 70 anni di un grande, la testa di Spalletti, le nazionali che ispirano i render e il futuro di Agnelli

Stefano Olivari

16.10.2023 ( Aggiornata il 16.10.2023 13:51 )

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I 70 anni compiuti oggi da Paulo Roberto Falcão riportano alla memoria un periodo meraviglioso in cui sembrava che tutto accadesse in Italia ed in effetti, anche con il senno di poi, un po' era così. Al di là delle celebrazioni, visto che tutti sanno chi sia stato Falcão, troviamo interessante ricordare il calcio italiano in cui nel 1980 arrivò da quasi sconosciuto, in Italia, anche se aveva vinto da protagonista tre campionati brasiliiani con l'Internacional di Porto Alegre ed era da quasi un decennio, dal mitologico preolimpico sudamericano del 1971 (era riserva nel Brasile Under 23 che aveva fra i titolari Zico ed Eneas), nel giro della nazionale. Quel calcio italiano era i minimi storici di credibilità, non soltanto per il più volte ricordato calcioscommesse, e fu rivitalizzato dagli stranieri, alcuni fenomenali come Falcão e altri nemmeno calciatori, ma tutti diventati a modo loro icone: prima uno, poi due (1982), poi tre (1988), fino alla sentenza Bosman e alla situazione attuale. Questo per dire che il calcio autarchico degli anni Settanta non è da rimpiangere, così come non è da esaltare quello attuale in cui i tifosi non conoscono nemmeno i giocatori principali delle squadre avversarie.

Spalletti ha riportato nella Nazionale quel clima positivo che era stato alla base del successo di Mancini a Euro 2020, non lo diciamo per un 4-0 su Malta ma perché era difficile per l’Italia rimanere relativamente fuori, come testa, dalla vicenda scommesse che sta travolgendo diversi dei suoi protagonisti più giovani. Il legame fra molti protagonisti, presenti e futuri, dell’indagine dei magistrati di Torino è infatti nato nelle nazionali giovanili ed è difficile capire chi abbia trascinato chi. Due sono linee difensive: chi come Zaniolo asserisce di non avere puntato sul calcio aspetta gli eventi, sa che gli possono fare poco se non per l’omessa denuncia (discorso che tirerebbe dentro il 90% della Serie A, peraltro), gli altri cercano e cercheranno di limitare i danni con la denuncia-delazione per avere almeno metà di sconto della pena (Fagioli) oppure la butteranno in vacca con il piagnisteo sulla ludopatia (linea Tonali): problema così grave e sentito che si sono accorti di averlo soltanto grazie ai magistrati. Un argomento di facile presa sui media e sulle menti deboli, che vedono dappertutto soggetti fragili e non persone responsabili delle proprie azioni.

La sosta per le nazionali genera quasi in automatico sviluppi e dichiarazioni roboanti sui nuovi stadi, in particolare sull’addio di Inter e Milan a San Siro. E così su vari media spuntano render che sembrano fatti con il Vic 20, da cui come per magia spariscono i dintorni dei molto presunti nuovi impianti di Rozzano e San Donato: dove oggi ci sono svincoli autostradali spuntano giardini tipo Tuileries. Non stiamo a citare dettagli che si possono trovare ovunque sul web, ma buttiamo lì due dubbi. Il primo: posto che Inter e Milan hanno il diritto di farsi il loro stadio dove vogliono, quale è il senso di abbandonare un Meazza che già così com’è è ritenuto stadio top dalla UEFA (che infatti gli assegnerà nei prossimi anni un’altra finale di Champions) e su cui confluiranno decine di milioni pubblico fra Olimpiadi 2026 e Olimpiadi 2032? Il secondo: il sindaco di Milano Sala fa adesso la parte di quello disperato, se uno o entrambi i club se ne andassero, ma i costi di gestione annuali di San Siro non superano i 2 milioni annuali. Sommiamo i mancati affitti di Inter e Milan (8 milioni in totale, ma non sempre tutti versati perché spesso vengono scomputati lavori) e arriviamo a 10: ecco, basterebbe nominare un assessore dedicato soltanto ad organizzare concerti di Vasco Rossi e Ligabue, per non parlare degli scenari futuribili della Juventus di Champions e del Monza post Fininvest e terza squadra di Milano. Il sospetto è sempre quello di un supermegabluff per farsi regalare San Siro.

Quale futuro per Andrea Agnelli? Intendiamo futuro calcistico, al di là della decisione della Corte di Appello della FIGC del prossimo 6 novembre riguardante la sua inibizione per la vicenda stipendi della Juventus, visto che il presidente dei 9 scudetti non aveva voluto patteggiare. La domanda ha cittadinanza, visto era proprio Andrea Agnelli qualche giorno fa era il grande assente alla festa per i 100 anni della Juventus degli… Agnelli al PalaAlpitour. Un evento privato, a cui avrebbe potuto partecipare senza problemi visto che fra l’altro quel giorno era a Torino per un convegno. Eppure Agnelli non c’era, per il semplice motivo che è stata la festa di John Elkann: da una parte Agnelli era sgradito (!) alla festa degli Agnelli, dall’altra a lui non avrebbe fatto piacere assistere all’autocelebrazione di chi nei due periodi al comando della Juventus ha fatto male. Il punto è proprio questo: chi dei due ha fatto male? Perché Andra Agnelli ha vinto tantissimo, ma solo negli ultimi 4 anni la Juventus ha chiesto ai suoi azionisti 900 milioni di euro (il 63,8% alla Exor, cioè a quelli che per comodità chiamiamo Agnelli). In altre parole è come se un arabo fosse arrivato a comprarsi il club, solo che sono stati gli azionisti stessi a doverselo ricomprare. Ma al di là dei giudizi, ormai riguardanti il passato, cosa farà Andrea Agnelli nel calcio? La sentenza della Corte di Giustizia europea sul monopolio UEFA, prevista per dicembre, potrebbe far rientrare la Superlega dalla finestra sul modello di quanto avviene nella pallacanestro fra Eurolega e FIBA, una convivenza fra una lega di grandi club ed una in cui ci sono tutti quelli meno grandi. Più facile vedere Agnelli in questa molto ipotetica nuova entità, che avrebbe la benzina (in tutti i sensi) anche araba e americana, che nella Juventus dei prossimi anni.

stefano@indiscreto.net

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