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Italiane da Mondiale© Getty Images

Italiane da Mondiale

Le speranze della Bertolini, Bonucci fuori dal progetto, San Siro da Champions League e il Lecco scippato. 

Stefano Olivari

20.07.2023 15:41

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È cominciato il Mondiale femminile, il primo a 32 squadre, in linea con il gigantismo FIFA. Con l’Italia che esordirà lunedì mattina contro l’Argentina in quella che già potrebbe essere la partita chiave del Gruppo G, considerando ingiocabile la Svezia e nettamente inferiore il Sudafrica. Il sogno delle ragazze di Milena Bertolini sarebbe quello di ripetere i quarti di finale raggiunti nel 2019 in Francia, ma ci vorrà l’impresa perché negli ottavi è probabilissimo l’incrocio con gli Stati Uniti favoritissimi per la coppa ed in alternativa ci sarebbe comunque l’Olanda. Insomma, una onorevole uscita di scena al primo turno della fase ad eliminazione diretta rispecchierebbe il reale valore del movimento e bisogna dirlo subito prima di parlare di delusione. Anche perché prima del 2019 l’Italia femminile veniva da quattro mancate qualificazioni consecutive (gli uomini sono sulla buona strada, in questo senso), pur con l’asterisco non da poco che in 3 casi si trattava di tornei a 16 squadre. Delusione sarebbe perdere con l’Argentina, la cui tradizione e il cui presente non sono nemmeno paragonabili a quelli dell’Albiceleste maschile, senza addentrarci in previsioni: anche se con Google si potrebbe, dovremmo fingere di seguire il calcio femminile argentino? Ma al di là dell’Italia, un po' ringiovanita e fondata sui blocchi della Roma campione d'Italia e della Juventus (8 giocatrici per una, in totale 16 su 23 convocate), la domanda è sempre la solita: quello femminile è il calcio del futuro? Pensando a cosa di diceva 40 anni fa di quello africano, che non è mai diventato del presente (il Marocco semifinalista in Qatar è a tutti gli effetti una Francia B), bisognerebbe essere prudenti, però mai come in questi ultimi anni il calcio femminile di club ha cambiato passo: i 91.648 spettatori del Camp Nou per Barcellona-Wolfsburg o gli 87.192 di Wembley per Inghilterra-Germania erano reali, non invenzioni di marketing. Certo si parla di grande calcio, non della Serie A italiana che nessuno vuole trasmettere, ma la gente si sta abituando a guardare le donne giocare a calcio ed indietro non si torna.

Da Bonucci a Origi, da Demiral a Villar, mai come nell’estate 2023 i calciatori ritenuti ‘fuori dal progetto’ (ma il progetto non esiste per nessuno, è un mercato in cui si inseguono soltanto le opportunità) vengono messi platealmente fuori squadra. Rispettando i regolamenti, certo, cioè facendoli allenare nelle strutture del club, ma comunque annunciando a tutto il mondo che di questi giocatori il club si vuole disfare. Al di là dell’aspetto tecnico e soprattutto di quello umano, anche guardando soltanto ai soldi che razza di strategia è? È ovvio che gli eventuali acquirenti questi giocatori li vorranno in regalo o quasi, con anche parte dell’ingaggio pagato. Senza contare i ripensamenti, come accaduto alla Juventus per McKennie. Sembra un mobbing autolesionistico, nascondendosi dietro agli allenatori. 

Se la UEFA assegnerà a Milano la finale di Champions League 2026, come potranno giustificare Inter e Milan la folle richiesta di abbattere San Siro per farci il nuovo impianto? Liberissimi di farlo altrove, ed in questo senso i rossoneri sono un po’ più avanti, adesso pare a San Donato, ma con la certezza di fare qualcosa di non condiviso dalla maggior parte dei tifosi. Divertente anche il cambio del vento mediatico, dopo anni di spiegazioni al popolo bue del perché il Meazza fosse obsoleto e superato dai tempi e dalle mitiche famiglie che un martedì mattina magari hanno voglia di andare a visitare uno stadio vuoto per comprare una maglia a 150 euro e mangiare da cani. L’estate dei concerti sold out dimostra poi che non esiste soltanto il calcio, ma anche rimanendo nel calcio non esistono soltanto Inter e Milan… Lo straniero che comprerà il Monza dai Berlusconi lo vedrà subito come terza squadra di Milano. 

La FIGC, la Lega B e la Lega Pro per il momento sono intransigenti sul rimanere con Serie B a 20 squadre e Serie C a 60, il che significa che se va bene i campionati inizieranno a settembre, dopo l’ultimo grado di giudizio (il 29 agosto al Consiglio di Stato) della vicenda che vede coinvolti Perugia, Brescia (entrambe in questo momento in B), Reggina, Lecco, con l’inserimento senza speranza della Spal e del Benevento, oltre a quello davvero pretestuoso del Foggia (l’unica cosa chiara è che la precedenza nei ripescaggi è per le retrocesse, non per le migliori non promosse). Politicamente il vaso di coccio tra quelli di ferro sembra il Lecco, che per errori nemmeno suoi (il calendario cambiato, il prefetto di Padova assente per l’approvazione del trasloco, la richiesta di proroga senza risposta) rischia di veder sfumare una promozione miracolosa.

stefano@indiscreto.net

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