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Milinkovic-Savic senza spettatori© LAPRESSE

Milinkovic-Savic senza spettatori

L'Arabia della classe media, lo scouting di Giuntoli, la squalifica di Agnelli e la memoria di Pioli

Stefano Olivari

11.07.2023 ( Aggiornata il 11.07.2023 14:09 )

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I 40 milioni di euro che la Lazio ricaverà dalla cessione di Milinkovic-Savic all’Al-Hilal sono meno dei 100 di cui si favoleggiava qualche anno fa, quando il centrocampista serbo piaceva a mezza Premier League (questo era vero, mentre i 100 no) e alle solite grandi con cui si era già d'accordo su tutto tranne che sulle cifre, ma più degli zero che sarebbero arrivati l’anno prossimo o dei pochi di altre squadre italiane che avevano annusato il sangue del contratto in scadenza. Che l’Arabia Saudita si prenda anche i ventottenni di classe medio-alta e non soltanto i grandi ex è una tendenza già in atto da qualche settimana, che ha creato un cortocircuito politico e mediatico: i cantori del mercato, che poi mercato non era visto che i grandi club italiani erano quasi tutti in perdita fissa e quindi in un mercato vero sarebbero falliti, si lamentano quando qualcuno fa un’offerta migliore della loro, ma poi comunque si prendono i soldi degli arabi e ne sono anche contenti. L’unica difesa è di tipo culturale: ci sarà davvero da preoccuparsi soltanto quando un ragazzo italiano seguirà con interesse Al-Nassr contro Al-Hilal, con lo stesso spirito con cui oggi dall’Italia si segue la NBA. Per il momento il calcio non è così e del rendimento arabo di Milinkovic-Savic importerà a pochi.

Da mesi si scrive e si parla di Cristiano Giuntoli soltanto per esaltarlo e non c’è dubbio che questo vento mediatico abbia alla fine indotto De Laurentiis ad andare contro il suo istinto tignoso, lasciandolo andare alla Juventus con un anno di anticipo rispetto al contratto e permettendogli quindi di sfruttare il lavoro di scouting e di contatti fatto a spese del Napoli. Insomma, finalmente (nella testa di De Laurentiis) non si parlerà più del Napoli di Giuntoli e Spalletti anche se il caso dell’allenatore è ben diverso: non ha offerte concrete, aspetta il metaforico cadavere azzurro di Mancini ma non è detto che tocchi a lui, fuori da certi giri romani (cosa che gli ha portato problemi anche alla Roma). Poi Giuntoli ha voluto stravincere, presentandosi come un ultras bianconero e sorprendendo anche chi lo conosce bene: come se il tifo granata avesse impedito a Giraudo di vincere tutto con la Juventus, quello juventino tutto a Galliani con il Milan, quello interista a Pioli di soffiare lo scudetto all’Inter, eccetera. 

Tutta colpa di Andrea Agnelli. Il tribunale federale lo ha squalificato per 16 mesi per la manovra stipendi (mentre alla Juventus la chiusura a tarallucci e vino è costata 718.000 euro), periodo che va ad aggiungersi ai due anni per la vicenda plusvalenze. Colpisce la freddezza della nuova Juventus, e dei vecchi media, nei confronti di uno che ha vinto 9 scudetti consecutivi ed ha portato il club ai vertici in Europa prima di zavorrarlo con operazioni senza senso. Il ciclo precedente di John Elkann non è certo ricordato con gioia dai tifosi della Juventus, per non parlare della gestione di Calciopoli, e pensando anche alla Ferrari bisogna dire che nello sport Elkann si è finora mostrato uno poco capace in proporzione ai mezzi. Quanto al progetto Superlega, adesso visto quanto sta accadendo sul mercato sembra un’idea attuale. Insomma, Agnelli sarà rivalutato al di là del servo encomio e del codardo oltraggio.  

Impossibile dare giudizi definitivi su squadre che hanno davanti 50 giorni di calciomercato senza punti fermi, basato soltanto su opportunità che i vari Minculpop nazionali e locali faranno poi digerire ai tifosi, dopo corsi accelerati da commercialisti. È anche per questo che gli allenatori vengono riconfermati molto di più rispetto a un tempo: 16 su 20 squadre, e negli altri 4 casi 3 sono stati di tecnici sostituiti dopo essersene andati di loro volontà. Se le squadre sono un cantiere, questo il ragionamento dei proprietari soprattutto stranieri, perché cambiare il geometra? Un esempio clamoroso di questo nuovo corso è il Milan, dove la posizione di Pioli è difesa non soltanto da uno scudetto vinto contro pronostico e da una semifinale di Champions League, ma soprattutto dalla sua capacità di adattarsi alle situazioni. E di questo kit di sopravvivenza fa parte anche la memoria corta, che non arriva a quando Maldini difese la sua panchina dall’arrivo di Rangnick e a tante altre situazioni in cui è stato in bilico.

stefano@indiscreto.net

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