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Un anno alla Rabiot© LAPRESSE

Un anno alla Rabiot

Uno strano rinnovo, gli allenatori che non contano, il Monza di Milano, l'abolizione dell'88 e i pirati benestanti.

Stefano Olivari

28.06.2023 17:45

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Il rinnovo per un anno del contratto di Adrien Rabiot con la Juventus è un caso unico a questi livelli, ma non per motivi calcistici: il francese è stato il miglior giocatore bianconero nella passata stagione, riconfermarlo è una buona notizia per un Allegri che in lui ha sempre creduto (al di là dell’asterisco su Allegri, non ancora da togliere) al punto che nel 2019 prima di essere accompagnato alla porta da Paratici e Nedved aveva dato il gradimento al suo arrivo. È un caso unico perché Rabiot e mamma Veronique avevano rifiutato proposte di rinnovo non lontane dai 7 milioni netti a stagione degli ultimi 4 anni e avevano lasciato scadere il contratto, convinti che in Premier League ci fosse la fila. Ecco, la fila non c’era e alle cifre della Juventus non c’era anzi nessuno, quindi sul piano sportivo tutti hanno fatto la scelta più sensata: Rabiot può piacere, come a Pirlo, o non piacere, come a Sarri, ma mettere le mani su un centrocampista più affidabile è in questo momento impossibile. L’aspetto unico è il contratto annuale, per un giocatore di 28 anni di livello internazionale: è una estremizzazione del concetto di instant team, che di solito si basa su prestiti di giocatori con contratti pluriennali di cui un club si vuole liberare oppure su giocatori vecchi. Il segnale che questo potrebbe essere già nelle premesse un anno di transizione, Giuntoli o non Giuntoli.

A proposito di Allegri, l'allenatore livornese è un po' il simbolo dei tanti allenatori che nell'attuale Serie A sono stati confermati, non sempre con entusiasmo reciproco (viene in mente Gasperini, per non dire il Simone Inzaghi di due mesi fa): la bellezza di 16 su 20, contando anche le neopromosse, con i 16 che sarebbero potuti essere 20 visto che Spalletti, Grosso, Baroni e Zaffaroni hanno lasciato Napoli, Frosinone, Lecce e Verona di loro volontà. Cosa significa tutto questo? Forse che i club italiani si sono convertiti alla programmazione, come avviene (o più spesso non avviene) nel mitico 'estero'? La vera tendenza è che gli allenatori in sede di calciomercato contano sempre meno: qualche indicazione di massima, la richiesta di qualche loro pallino, ma nel calcio di oggi le squadre sono fatte dai dirigenti, o da chi per loro, soltanto in base alle opportunità. È un po' il ritorno del direttore sportivo onnipresente di una volta (si chiamava anche segretario, in certi club), che deve tenere conto di mille aspetti e non soltanto del 4-3-3, quella figura ben sintetizzata al cinema dal Tognazzi di Ultimo Minuto. Meglio avere un fuoriclasse lì che in campo. 

Quale futuro per il Monza? L’apertura del testamento di Berlusconi potrebbe dare risposte più concrete delle nostre congetture, ma certo del Monza (su cui, tutto compreso, dalla Fininvest sono stati messi quasi 200 milioni) importa meno di zero a figli che non volevano spendere soldi nemmeno per il Milan e comunque non interessati al calcio. È probabile che ci sia un compratore già pronto a gettare la maschera, diversamente Galliani non si sarebbe imbarcato in operazioni come il contratto triennale a Izzo, per cifre (2 milioni a stagione) che non prende nemmeno il più pagato dei giocatori dell’Atalanta. Situazione ideale per il compratore straniero: squadra di metà classifica senza pressione ambientale pere fare meglio, che agli occhi di uno straniero è la terza squadra di Milano.  

Il divieto, o meglio la raccomandazione su suggerimento di Piantedosi e Abodi, della FIGC di assegnare ai giocatori il numero 88 sta facendo discutere. E quindi sta generando l’effetto contrario a quello desiderato, cioè evitare la pubblicizzazione di un simbolo che per alcuni evoca il neonazismo (88 starebbe per due volte l’ottava lettera dell’alfabeto, la H, quindi Heil Hitler) ma che per il 99,99% della popolazione è un numero come un altro. Quindi Pasalic e Basic, per non risalire a Buffon ed Hernanes o andare all’estero con Gonçalo Ramos o Tolisso, hanno fatto propaganda nazista? Con Google si può fingere di essere informatissimi su tutto, ma ammettiamo che personalmente abbiamo scoperto questa cosa dell'88 soltanto quando ci furono le polemiche intorno a Buffon. Poi si può fare tranquillamente a meno dell’88, ci mancherebbe, anzi fosse per noi torneremmo con le maglie dall’1 all’11, non è questo il punto.

La visione piratata degli eventi sportivi è in Italia aumentata del 178% negli ultimi 5 anni, secondo l’indagine Fpav/Ipsos, che evidenzia diverse situazioni interessanti anche limitandosi all’orticello dei diritti televisivi per il calcio. La prima è che in questi anni la pirateria per quanto riguarda gli eventi sportivi è quella con maggiore tendenza all’aumento. La seconda è che la pirateria online a livello di fruizione riguarda il 42% della popolazione, il che porta a un discorso impopolare: non è vero che Napoli-Empoli e Inter-Verona ed in generale la vituperata Serie A interessino di meno, mentre è verissimo che 4 italiani su 10 sono disonesti. La terza situazione interessante è che gli spettatori-pirati sono percentualmente più forti nei segmenti con livello di istruzione elevato e fra gli occupati, gente che mangerebbe lo stesso anche pagando DAZN. In estrema sintesi: gli spettatori-tifosi non è che siano meno interessati al campionato, è solo che lo vogliono gratis.

stefano@indiscreto.net

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