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Divorzio all'Italiano© LAPRESSE

Divorzio all'Italiano

Le finali della Fiorentina, il livello di Kean, il futuro di Tare e l'educazione maldiniana.

Stefano Olivari

08.06.2023 ( Aggiornata il 08.06.2023 16:52 )

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Dopo la Roma anche la Fiorentina ha perso la sua finale europea e forse l’Europa, nel caso improbabile che la UEFA non sanzioni la Juventus per le vicende chiuse in Italia a tarallucci e vino (vero miracolo di Gravina, altro che Castel di Sangro). Nel valutare la stagione della Fiorentina, quasi certamente l’ultima con Vincenzo Italiano in panchina, bisogna anche dare un peso specifico alla due finali perse: a quella di Coppa Italia c’era arrivata perché la Cremonese aveva fatto il lavoro sporco eliminando Napoli e Roma, a quella di Conference battendo squadre appunto da Conference, fatta eccezione per il Basilea. Ed in finale ha trovato il mediocrissimo West Ham di Moyes, quindicesimo fatturato calcistico al mondo ma con soldi evidentemente spesi male, quattordicesimo nella Premier League appena conclusa, uno dei tanti club inglesi storici che hanno perso l’anima. Partita equilibrata e brutta, come quasi tutte le finali, spettacolare soltanto per il tifo di entrambe (se i tifosi fossero clienti, come molti sostengono che siano, avrebbero fatto altre scelte), con la Fiorentina che ha prodotto più gioco e il West Ham che ha vinto in contropiede, peraltro l’unico suo contropiede con buona pace di chi vede piani-partita ovunque. Anzi, a dirla tutta le scelte iniziali di Italiano sono state le migliori, con Ranieri preferito a Igor (e si è capito il perché) e la fiducia data a Kouame. Comunque troviamo sportivamente più importante l’ottavo posto in campionato: significa essere la prima delle seconde sette, più di così da questa rosa e da questo allenatore non si poteva pretendere. E adesso? Italiano è per idee e modo di porsi quanto di più simile ci sia a Spalletti nella lista di De Laurentiis e soprattutto sa che più di così a Firenze, nel calcio di oggi, non si può fare. Da qui a pensare che il presidente del Napoli paghi indennizzi alla Fiorentina ce ne passa, quindi non azzardiamo previsioni. La domanda è sempre la testa: la Fiorentina di Commisso ha il potenziale e la voglia per rompere il tetto di cristallo delle squadre medie? Per la risposta non occorre diventare posteri, basta aspettare un mese. 

Il caso di Moise Kean, che ha chiesto a Nicolato di essere esentato dall’Europeo Under 21 perché quel contesto non gli interessa, sta facendo discutere molto ma è tutt’altro che inedito. Solo che in passato la maggior parte di questi giocatori che si sentivano già troppo cresciuti per l’Under 21 contrattava prima l’esenzione, mandando avanti il club, o nella peggiore delle ipotesi fingeva un infortunio. Pochi quelli sinceri, fra questi Cassano che definì l’Under 21 ‘la nazionale degli sfigati’ sottintendendo che a quell’età uno vero dovrebbe essere già emerso. Il punto è proprio questo: Kean è uno vero? Nella Juventus di quest’anno ha avuto tante opportunità, senza nemmeno avere le pressioni che c’erano sulle spalle di altri, ma al di là dei gol (uno ogni 180 minuti giocati) non è che abbia incantato. Bravo per la sincerità, che nel calcio si paga sempre, ma qualche partita da protagonista gli sarebbe servita e certo questo gran rifiuto non gli sarà utile per tornare nelle grazie di Mancini, sempre attento a certi comportamenti (sarà un caso, ma Zaccagni, cioè uno dei migliori italiani della stagione, è stato escluso dai 23 della Nations League).

Come già detto per Maldini, Giuntoli e altri, è positivo che si capisca l’importanza di dirigenti che non siano semplici yesman del proprietario. Fra chi sta cercando una nuova casa c’è adesso anche Igli Tare, dopo 18 anni di Lazio, 3 da giocatore e 15 da dirigente, conclusi quando ha trovato un allenatore stanco di farsi imporre i suoi giocatori e, per la prima volta nell’era Lotito, capace di scavalcarlo nel rapporto con il presidente. Tare se ne va dopo il miglior risultato nella storia della Lazio dai tempi del secondo scudetto, ha mercato anche se molto difficilmente troverà quell’autonomia che pur nei budget limitati gli lasciava Lotito, certo non un tecnico e nemmeno aspirante tale. Come dirigente Tare è stato inventato proprio da Lotito, dalla sera alla mattina, tutto da vedere che funzioni anche in altri contesti (senza tirare fuori il solito esempio di Monchi al Siviglia), ma certo nel calcio degli algoritmi chi vuole un direttore sportivo vecchio stampo, che valuti i giocatori secondo parametri tutti suoi, sa dove rilvolgersi. Di base Tare sembra uno di quei dirigenti che tirano fuori il meglio nelle ristrettezze e che quando hanno qualche soldo in più lo sprecano, visto che i colpi più costosi della su gestione sono stati Zarate e Muriqi, e che la sua grande intuizione, Milinkovic-Savic preso dal Genk per 12 milioni, è stata gestita male non vendendo al momento giusto e facendola deprezzare.

Imbarazzante il modo in cui il Milan sta vendendo mediaticamente la narrazione che Paolo Maldini in fondo fosse uno superato dai tempi, dagli algoritmi e da un modo collegiale di prendere le decisioni. Non come nel vecchio calcio, un vechhio calcio evidentemente arrivato fino a poche settimane fa visto che il Milan di Maldini dirigente ha vinto uno scudetto ed è arrivato in semifinale di Champions League. Se è normale che un imprenditore si liberi di un dipendente insoddisfatto e che si vuole allargare, meno normali sono certe interviste, anche di ex compagni dei giorni di gloria. L’educazione del tifoso aziendalista, per questo ed altri club, passa anche da operazioni come questa.

stefano@indiscreto.net

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