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Il Milan dopo Maldini© AC Milan via Getty Images

Il Milan dopo Maldini

Dopo un anno di incomprensioni la separazione fra Cardinale ed il direttore tecnico che al club rossonero, fra scelte giuste ed altre sbagliate, ha portato uno scudetto costato meno rispetto a quelli che vinceva da giocatore...

Stefano Olivari

06.06.2023 ( Aggiornata il 06.06.2023 17:46 )

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Paolo Maldini è stato esonerato dalla direzione tecnica e sportiva del Milan, a meno di colpi di scena possibili e per molti tifosi rossoneri anche auspicabili: mentre scriviamo queste righe il contratto fino al 2024 è ancora in essere, anche se sul piano umano non ci sono più margini per andare avanti insieme a Cardinale dopo un anno in cui Maldini ha contestato la linea di RedBird in privato e a volte anche in pubblico, iniziando da due giorni dopo lo scudetto e finendo con il post derby di Champions. Del Maldini dirigente rimarrà uno scudetto costato molto, moltissimo, meno rispetto a quelli che vinceva il Maldini giocatore. Soltanto che la testa di tutti noi, ed anche dello stesso Maldini, ha ancora in memoria i tempi in cui al Milan arrivavano i Palloni d'Oro e a volte li si metteva anche in tribuna. Non se ne esce, a meno di cambiare nome al club. 

Amiamo la dietrologia, ma qui proprio non ce n’è: a nessun imprenditore del mondo piace che un dipendente discuta le strategie, a maggior ragione se quel dipendente viene identificato con l’azienda più di lui. E a ragione ancora maggiore se nell’ultimo anno quelle strategie il dipendente le ha messe in pratica in maniera disastrosa, anche se i veri disastri (la gestione dei casi Donnarumma e soprattutto di quelli Calhanoglu e Kessie) dal punto di vista finanziario Maldini li ha fatti prima dell’arrivo di Cardinale, in solido con l’oggi mitizzato Gazidis. Detto questo, con buona pace di chi inneggia allo scudetto dei bilanci, come se importasse a qualcuno delle fortune di De Laurentiis o Pozzo, i tifosi del calcio non sono semplici spettatori e meno che mai clienti: senza Maldini il Milan può essere scambiato con l’Arsenal o con il Lipsia. Era lui la garanzia che anche in mezzo a tante scommesse ed operazioni low cost alla fine il Milan avrebbe sempre puntato a vincere, invece che ad aumentare il proprio valore di mercato.

Più volte nelle scorse settimane abbiamo evidenziato le vie, forse anche le vite, parallele ormai prese da Maldini e Pioli, con il secondo che è stato una delle scelte forti (e vincenti) del primo. Ecco, il vincitore di tappa è proprio Pioli, reo agli occhi di Maldini di non far giocare i nuovi o comunque di non saperli utilizzare: tante ad esempio le discussioni su De Ketelaere (parentesi: passa per un fallimento di Maldini ma anche oggi potrebbe essere rivenduto per un valore simile a quello dell’anno scorso, ed in ogni caso ha grandi margini), che Pioli meditava di usare come falso nueve anche se poi mai ci ha provato se non in qualche spezzone di partita. Non è che Pioli abbia fatto fuori Maldini, e meno che mai l’ha fatto fuori quell’Ibrahimovic che è stato anche lui una maldinata in positivo e che potrebbe avere un ruolo da pseudodirigente nel prossimo Milan, ma certo uno come Pioli che passa per aziendalista agli occhi degli americani è funzionale al progetto più della vecchia gloria ambiziosa e non sempre sul pezzo.

Da notare che stiamo parlando di questa rivoluzione dopo uno scudetto e una semifinale di Champions League che a questo giro PSG o Chelsea, per dire, non hanno visto nemmeno in cartolina. E quindi? Per qualcuno, razionalmente, meglio separarsi: Cardinale non può tenere un dirigente che non stima, Maldini non ha bisogno di mendicare visibilità e soldi. Ma il successo del calcio è basato sul tifo, sull’appartenenza, e chi riempie l’Olimpico per la Roma di Mourinho può spiegarlo meglio di noi. Non esiste che il Milan cacci Paolo Maldini, bandiera che fra cose buone ed errori (li ha fatti e ne fa anche il vecchio antipatizzante Galliani…) stava dimostrando anche di avere un presente oltre la figurina.

Merita una considerazione anche l'ormai stantio discorso Moneyball, su cui spesso scherziamo e che sembra il mantra del Milan ormai totalmente guidato da Giorgio Furlani con la consulenza calcistica di Moncada, con l'ex Monaco che ‘prima’ veniva tenuto molto basso per non farlo passare per il genio della situazione. La considerazione è semplice: in Serie A da una decina d'anni quasi tutti uniscono lo scouting vecchia maniera alle statistiche avanzate, sia interne sia esternalizzate, e del resto anche il mitizzato Billy Beane opera così nascendo come uomo di campo nel baseball (appassionatissimo anche di calcio: benino con l’AZ, malissimo con il Barnsley) e non come nerd. Insomma, il Milan era già un po’ Moneyball e la supervisione di Maldini, senza contare la sua importanza in singole operazioni, aveva un senso. Fra l'altro gli Athletics si muovono in un contesto sì americano come quello della MLB, ma paragonabile a quello del nostro calcio visto che non ci sono tetti salariali: ed infatti non vanno alle World Series dal 1990, quando il ventiduenne Maldini vinceva la sua seconda Coppa dei Campioni con il Milan.

stefano@indiscreto.net 

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