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Gasperini da Juventus© LAPRESSE

Gasperini da Juventus

Il ciclo dell'Atalanta, l'invito ad Allegri, le celebrazioni delle deluse, lo stile dell'Empoli e il modello Bundesliga.

Stefano Olivari

29.05.2023 ( Aggiornata il 29.05.2023 12:39 )

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La sconfitta di San Siro con l’Inter ha quasi certamente rappresentato la fine dell’Atalanta di Gian Piero Gasperini, al di là di un contratto che c’è anche per l’anno prossimo e delle dichiarazioni ufficiali. Il fatto stesso che per un club come l’Atalanta sia diventata normale una qualificazione all’Europa League dice tutto della bontà del lavoro fatto da Gasperini in questi ultimi 7 anni. 7 stagioni in cui sono arrivate a Bergamo 3 qualificazioni all’Europa League e 3 addirittura alla Champions. La retorica contiana sui poveretti vanno al ristorante dei ricchi è forse degna di miglior causa, ma questo non toglie che il monte ingaggi dell’Atalanta sia sui 40 milioni, un quarto di quello della Juventus, un terzo di quello dell’Inter, meno della metà rispetto a Milan e Roma, molto meno anche rispetto a Napoli, Lazio e Fiorentina. Senza contare il fatto che un errore, o peggio, ai danni dell’Atalanta non provoca sollevazioni mediatiche. In questo contesto benissimo organizzato dai Percassi (anche adesso, dopo aver perso il controllo della maggioranza delle azioni) Gasperini ha sempre fatto bene, con gruppi anche molto diversi e con giocatori anche bravi ma che certo nessun grande club voleva: dell’Atalanta attuale nel 2016 c’era soltanto Toloi, anche se gasperiniani di lungo corso, lungo per gli standard attuali del calcio, possono essere considerati anche Hateboer, Palomino, De Roon, Djimsiti, Pasalic e Zapata. Insomma, aver portato in alto una realtà di medio livello, dando spesso lezioni di calcio, gli si è quasi ritorto contro. Allenatore perfetto per la Juventus dei prossimi due anni, comunque vadano i nuovi processi, o per un ultimo urrah in un Genoa con i soldi.

A una giornata dalla fine la lotta per la zona Champions è quindi finita, dopo Inter-Atalanta e uno Juventus-Milan in cui i rossoneri hanno battuto una versione davvero dimessa della squadra di Allegri, sul quale negli ultimi giorni si è concentrato molto fuoco amico, amico ovviamente per modo di dire. Certo se John Elkann pensa che Allegri rinunci a due anni di contratto per qualche tweet e qualche articolo mirato si sbaglia di grosso, al di là del fatto che il vero problema finanziario siano i tanti indesiderati tornati alla base. McKennie, Arthur, Zakaria, Kulusevki: tutti buoni giocatori, peraltro, ma tutti con gli ingaggi della Juventus di Cristiano Ronaldo e post Cristiano Ronaldo, senza contare i mancati introiti dei riscatti, almeno 130 milioni. Insomma, dire che Allegri sia il problema della Juventus è assurdo, ma certo fa parte di un passato recente della Juventus che sembra lontanissimo.

La zona Champions, dicevamo. La logica dice che il secondo, terzo e quarto posto andavano assegnati a qualcuno, ma non significa che tutti vadano celebrati visto che il Napoli lo scudetto lo ha vinto di fatto quattro mesi fa. Molto buona la stagione della Lazio seconda, in proporzione alla rosa e ai mezzi limitati. Molto negativo il campionato dell’Inter terza e negativo quello del Milan campione d’Italia e quarto, senza se e senza ma, malissimo poi sono andate la Juventus ‘sul campo’ e la Roma. Tutti giudizi in proporzione ai mezzi, non assoluti. Certo il Napoli di Spalletti ha cambiato il metro, anche per giudicare lo stesso Napoli l’anno prossimo. Da qui parte l’anno sabbatico di Spalletti, di cui ha parlato De Laurentiis con l’aria di non crederci troppo neppure lui. Certo anche il marketing giornalitico dovrebbe avere un limite: non si possono fare complimenti a chi si è limtato a fare il suo o addirittura meno. 

La tendenza 2022-23, di cui parliamo da mesi, è quella di squadre senza obbiettivi che giocano sul serio o giù di lì. E il pareggio dell’Empoli a Verona, al 96’ ma non fortunoso visto che la squadra di Zanetti stava dominando, rientra perfettamente in questa tendenza. Verona e Spezia sono quindi a pari punti e dovrebbero rimanerlo, secondo le logiche di una volta, visto che li aspettano trasferte contro il Milan in vacanza e la Roma post Budapest. Certo a pari punti potrebbero rimanere anche pareggiando o perdendo entrambe. Ma già il fatto che ci poniamo la domanda significa che qualcosa è cambiato in meglio. Il 'liberi tutti' politico non è estraneo alla situazione.

L’emozionante epilogo della Bundesliga, con il Borussia Dortmund che si è suicidato contro il Mainz in casa ed il Bayern Monaco che lo ha agganciato all’ultimo minuto con il gol di di Musiala, vincendo il titolo per la differenza reti, non deve far dimenticare una realtà indiscutibile: anche in una stagione gestita in maniera fallimentare, per stessa ammissione del club che mezzo secondo dopo la vittoria ha destituito Kahn e Salihamidzic, cioè presidente e direttore sportivo (richiamato Rummenigge dalla pensione), il Bayern non è riuscito a non vincere il campionato. Undicesimo trionfo di fila, numero 33 in totale su 60 edizioni di Bundesliga propriamente detta. Non può essere un modello un calcio in cui vincono sempre gli stessi e che nemmeno produce questa gran nazionale, mentre il discorso sulle coppe europee va fatto con un orizzonte di qualche stagione, se no saremmo qui fare gli italiani fenomeni dopo tanti anni di nulla (e comunque delle 3 finali non ne è ancora stata giocata e vinta una). Il vero equilibrio sportivo non viene dato da una mitica ‘buona gestione’, che anzi favorisce i più forti o comunque chi ha un bacino di utenza più ampio, né tantomeno dai soldi dell’azionista di maggioranza (e in questo senso la Bundesliga ha buoni antidoti regolamentari, ma dai limiti alle spese per i giocatori. Poi a parità di salary cap ci sarà sempre chi preferirà il Bayern al Mainz, ma è un altro discorso.

stefano@indiscreto.net

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