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Sistema Guardiola© Getty Images

Sistema Guardiola

La cilindrata del Manchester City, la creatività di Mazzone, i traghettatori dell'Inter e il futuro di Maldini

Stefano Olivari

18.05.2023 ( Aggiornata il 18.05.2023 13:39 )

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Quante probabilità ha l’Inter di battere il Manchester City nella finale di Champions League del prossimo 10 giugno a Istanbul? Poche, stando ai bookmaker che mentre scriviamo queste righe quotano a 4.50 la coppa alzata da Simone Inzaghi: in termini di probabilità significa il 22%, contro il 78% della squadra di Guardiola. Un po’ di più, stando alla natura del calcio ed al fatto che l’Inter sia in uno stato psicofisico ottimo. Ma al di là dei numeri è evidente chi sia favorito e quali siano le cilindrate, visto come il Manchester City nella semifinale di ritorno non abbia letteralmente fatto vedere la palla ad un Real Madrid che è quasi sinonimo di Champions e che non ha mai avuto la possibilità di scatenare il di solito micidiale contropiede di Rodygo, Benzema e Vinicius. Un 4-0 che non può essere soltanto colpa della partenza di Casemiro o di un Modric mai così sfiatato (ha 38 anni, ma li aveva anche settimana scorsa quando invece ha giocato bene) e che rende indecifrabile il futuro di Ancelotti, nella Liga staccatissimo dal Barcellona neocampione.

Con tutto il rispetto per l’Inter, è evidente che agli occhi del mondo non italocentrico questa finale sarà la finale di Pep Guardiola. Le cui due Champions vinte risalgono ai tempi del Barcellona, l’ultima nel 2011, con la squadra che ruotava intorno a fenomeni come Messi, Iniesta e Xavi al punto massimo della loro parabola. Dopo il 2011 per l’allenatore catalano che non nega complimenti e patenti di maestri a nessuno (sempre accolti con orgoglio da provinciali) tanti anni di grandi club e di grande calcio, con 5 semifinali di Champions (da aggiungersi a quella del 2010 persa con l’Inter di Mourinho), la finale persa da favorito con il Chelsea di Tuchel e adesso quest’altra finale da favoritissimo. È un Guardiola meno dogmatico dei suoi adoratori e non soltanto per la presenza di un centravanti come Haaland invece di incompiuti e falsi nueve che maramaldeggiano con il Southampton, ma per la sua capacità di cambiare pelle a seconda del momento degli avversari e dei propri giocatori. Tanti gli schemi di stagione e certo non inedito, anche se diverso rispetto al modulo dell'andata, il 3-2-4-1, in certe fasi un 3-2-2-3 che ha fatto gridare al Sistema, con cui il City ha dominato il Real, di suo mai visto così frustrato e impotente nell’era Florentino Perez e meno che mai con Ancelotti, maestro nel ribaltare le situazioni negative e anche lui con un’evoluzione psicologico-tattica alla Guardiola, da dogmatico a creativo lettore di situazione. Certo l’hype è diverso da quelli di Sonetti e Mazzone, ma l’idea è quella.

Paradossalmente, ma nemmeno tanto, nelle sue convinzioni tattiche, oltre che nelle sostituzioni, è molto più rigido e quindi 'maestro' Simone Inzaghi, che in assenza di infortuni o di situazioni particolari a Istanbul confermerà la formula con Dzeko all’inizio, più adatto ad aiutare il centrocampo, e Lukaku alla fine con spazi più larghi. Ed il ballottaggio Brozovic-Mkhitarian sarà deciso dalle condizioni fisiche, più che da invenzioni del momento. Certo è che in tanti stanno salendo sul suo carro, difendendo anche l’indifendibile prima parte di campionato. Nell’Inter l’unico che non ne è mai sceso è Steven Zhang che essendo un alieno e non un ‘uomo di calcio’ come ad esempio Marotta, si è sempre chiesto, usando la logica, perché cambiare un allenatore a tre quarti di stagione e in corsa per quasi tutto per mettere al suo posto il mitico traghettatore.

Non occorreva Nostradamus per prevedere il processo a Pioli e Maldini, colpevoli in solido di uno scudetto e di una semifinale di Champions League con una squadra low cost. Hanno fatto anche errori, come tutti, ma evidentemente meno di chi questi risultati li ha visti con il binocolo nonostante ingaggi da Manchester City. È però sbagliato ritenere che il loro futuro sia collegato, nonostante Pioli sia stato a suo tempo una scelta forte di Maldini (e di Boban), difesa anche nei momenti peggiori. Pioli non ha apprezzato l’ultima campagna acquisti e più che con le interviste lo ha dimostrato con l’ostracismo nei confronti dei nuovi (anche di Thiaw, il più positivo e pronto, mentre De Ketelaere meriterebbe un discorso a parte visto che il potenziale c’è). Non ha mai però fatto numeri alla Conte, discorsi sul ristorante da 100 euro o cose del genere. Maldini invece sì, pur con il suo stile: subito dopo lo scudetto, e ultimamente prima e dopo la Champions con l’Inter. Chissà cosa ha pensato (domanda retorica), lui che ha sempre coraggiosamente mantenuto le distanze dagli ultras, vedendo a La Spezia Pioli che con i giocatori è andato umilmente a farsi spiegare il calcio da alcuni pregiudicati. Con un Milan fuori dalla Champions League 2023-24 difficilmente rimarranno in rossonero sia Pioli sia Maldini, con un Milan realisticamente quarto (anche per le vicende della Juventus) quello con più probabilità di rimanere è l’allenatore.

stefano@indiscreto.net

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