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Inzaghi in testa© Getty Images

Inzaghi in testa

La convinzione dell'Inter, il Milan senza Leão, l'esonero rimandato, l'esistenza dei matchup e la Serie A diventata allenante.

Stefano Olivari

11.05.2023 ( Aggiornata il 11.05.2023 15:40 )

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L’Inter ha vinto l’andata della semifinale di Champions League molto al di là dello 0-2 ha tenuto in vita il Milan, che con Rafael Leão in tribuna è un altro Milan. Nel senso che con il portoghese in campo, anche al 50%, la squadra di Pioli sarebbe stata bassa e compatta, come nelle sue versioni migliori, contando sul contropiede reale o anche soltanto minacciato. Invece l'Inter ha iniziato come raramente ha fatto quest’anno, con grande cattiveria e convinzione, trovando gol rapidi con una prodezza di Dzeko (da calcio d’angolo, quindi lo stare bassi o alti qui non c’entra) e un’azione che in una squadra di Guardiola o di maestri minori farebbe sbavare tutti i media, finalizzata da Mkhitarian. Poi la squadra di Inzaghi è andata più volte vicina al terzo gol, soprattutto con il tiro di Calhanoglu finito sul palo, ma nel secondo tempo il Milan almeno di nervi è entrato in partita ed ha fatto entrare in partita il suo pubblico, creando alcuni pericoli per la porta di Onana, su tutti il tiro di Tonali finito sul palo: buona reazione, ma anche nel secondo tempo l’Inter è andata più volte vicina alla 0-3.

La realtà dopo 90 minuti sono i due gol di vantaggio per l’Inter e nessuna parata di Onana. Queste le premesse per una partita di ritorno che arriverà dopo Spezia-Milan e Sassuolo-Inter di sabato, tappe verso una Champions 2023-24 sempre più sicura visti gli scenari juventini e il calo delle romane. Possibilità per il Milan di arrivare in finale? Legate non soltanto al recupero di Leão, ma anche ad un Theo Hernandez migliore: la sua brutta partita è dipesa anche dall’attenzione che gli hanno riservato Dumfries e Barella, in ogni caso l'ispirazione è stata poca. Segnali di risveglio di Origi, potrebbe avere senso farlo giocare insieme ad un Giroud troppo solo. Alla fine, come nella scorsa stagione, Pioli deve trovare la chiave giusta mescolando trequartisti che presi singolarmente non sono da semifinale di Champions League. Per De Ketelaere e Rebic nemmeno un minuto e non si capisce il perché, nella logica di dover sparigliare le carte.

Intanto a forza di esoneri mediatici, ispirati non dalla fantasia dei giornalisti ma semmai da alcune veline (Chivu traghettatore la più esilarante), Simone Inzaghi ha sulla racchetta il match-ball per la finale di Champions League e se l’è conquistato con la squadra dell’anno scorso meno Perisic (il migliore della stagione, va ricordato) più l’usato sicuro di Acerbi e Mkhtarian, facendo partire dalla panchina Lukaku nonostante il belga dopo quasi un anno abbia raggiunto una buonissima condizione fisica ed emotiva. Non significa che Inzaghi sia infallibile, basterebbe pensare alla sua paura che Dybala togliesse spazio a Correa ed alla sua poca simpatia per i giovani (come quasi tutti gli allenatori, atteggiamento comprensibile in chi vive sul filo), ma che sbaglia con la sua testa. E con la sua testa quindi vince.

Chi scrive di calcio è un professionista del senno di poi, ma a volte anche il calcio esprime tendenze che lo fanno assomigliare ad uno sport, più che un gioco che fa scattare meccanismi identitari. Così come Pioli e il Milan hanno in questa stagione 4 volte su 4 impacchettato il Napoli di Spalletti (anche nella partita di campionato persa a San Siro), così l'Inter di Inzaghi 3 volte su 4 ha impacchettato tatticamente il Milan di Pioli. Forse il pressing e la verticalità dell'Inter impediscono al Milan di ripartire, forse il livello medio del centrocampo nerazzurro pè superiore, non lo sappiamo e finora non lo sa nemmeno Pioli. Questione di matchup, cioè accoppiamenti, visto che non si può cambiare pelle schiacciando un tasto. Per questo l'eventuale rimonta del Milan dovrà passare da qualche mossa apparentemente folle. 

Ma al di là di una partita che hanno visto tutti, interessante è anche il confronto con Real Madrid-Manchester City di martedì: si tratta di pianeti diversi? Il possesso palla di Guardiola contro le ripartenze di Ancelotti, come previsto, ma con Haaland e Benzema ingabbiati e poche occasioni, tante scorrettezze non da squadre di questo livello (raramente Ancelotti visto così nervoso, anche in situzioni più estreme), tollerate da Artur Dias (che però almeno ha tenuto lo stesso metro sempre), tanta tensione. Alla fine la vituperata classe media italiana, perché di classe media stiamo parlando, potrebbe portare una squadra in ognuna delle tre finali. Com’era quella della Serie A poco allenante?

stefano@indiscreto.net

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