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Il Napoli di prima© Getty Images

Il Napoli di prima

La reazione post Champions, le stagioni disastrose, Lukaku su azione, il futuro di Iervolino e la mossa di Tuchel.

Stefano Olivari

24.04.2023 ( Aggiornata il 24.04.2023 11:01 )

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Dopo il Napoli il caos e non soltanto per i soliti discorsi sull’asterisco per i punti in classifica della Juventus. A Torino la squadra di Spalletti si è ripresa alla grandissima dallo shock dell’eliminazione europea, ha resistito al buon primo tempo deli bianconeri e ha chiuso quasi da Napoli dei mesi scorsi, al di là del gol-vittoria di Raspadori nel recupero. A questo punto, per festaggiare con 6 giornate di anticipo il terzo scudetto della sua storia il Napoli deve battere la Salernitana sabato e poi sperare che domenica la Lazio non vada oltre il pareggio a San Siro con l’Inter. Cambia poco in ogni caso, nel giudizio sulla stagione del Napoli. Eccezionale ed irripetibile: non perché non possa rivincere subito lo scudetto, anzi, ma perché in questa stagione ha avuto quasi tutti i giocatori chiave nel momento del loro salto di qualità: il Kvaratskhelia 2023-24, sempre che giochi nel Napoli, sarà inevitabilmente diverso e più consapevole (non sempre un pregio) del suo status di quello di quest’anno. E nemmeno entriamo in discorsi contrattuali...

Ma tutti i concorrenti vorrebbero avere questi problemi, invece di affannarsi in una lotta per la Champions in cui non è chiaro quanti punti si debbano fare. La peggiore Lazio degli ultimi tempi si è buttata via, complice anche l'arbitraggio, contro un Torino senza obbiettivi, ma rimane seconda a 17 punti dalla capolista. La Juventus con i 15 punti riavuti in via provvisoria è a meno 19, il Milan e la Roma (prima della partita con l’Atalanta) a meno 22, l’Inter a meno 24. Insomma, per tutti, tranne Napoli e Lazio, in rapporto alle spese stagioni disastrose anche se secondo, terzo e quarto posto saranno assegnati lo stesso.

Le due semifinaliste di Champions League hanno iniziato la loro marcia di avvicinamento al doppio derby del 10 e del 16 maggio, portando a casa due vittorie che non faranno la storia del calcio ma che in campionato non sono poi così scontate per le squadre di Inzaghi e Pioli. L’Inter si è presentata a Empoli con 9 titolari diversi rispetto al ritorno con il Benfica, e non è stato un male viste le occasioni buttate in campionato dalla squadra A. Occasioni buttate anche da Lukaku, che invece ieri ha risolto la partita con due gol del tutto degni del Lukaku tirato a lucido dell’era Conte: confermati quindi i suoi segnali di risveglio delle ultime settimane, dopo giorni in cui si è parlato di lui soprattutto per la giustizia e la grazia di Gravina per la squalifica dopo l’esultanza di Coppa Italia che lo aveva trasformato da vittima di insulti razzisti in unico colpevole. Una decisione che lascia perplessi, non per il discorso sul razzismo che è scontato, ma per il metodo: con questo precedente qualsiasi vittima di una grossa ingiustizia, di qualsiasi tipo, potrebbe invocare la grazia del presidente, delegittimando così la giustizia sportiva come è avvenuto in questo caso. Il belga sarà quindi in campo mercoledì sera nel ritorno della semifinale di Coppa Italia con la Juventus e parlare di lui è giusto perché in campionato non segnava su azione dallo scorso agosto e perché sul suo ritorno erano state indirettamente sacrificate diverse operazioni già quasi definite come Dybala e il rinnovo di Skriniar. Insomma, è probabile che l’oneroso prestito del Chelsea non venga rinnovato, ma si vive e si gioca nel presente. Ha timbrato il cartellino anche il Milan con il Lecce, con una formazione un po’ più simile a quella della Champions ed un Rafael Leão sempre strapotente: Lecce in totale crisi, 7 sconfitte nelle ultime 8 partite.

A propoito: Lecce, Spezia e Verona si giocheranno nelle ultime 7 giornate un posto in Serie A, considerando senza speranze la Cremonese e soprattutto una Sampdoria travolta più dalle vicende societarie che dalla scarsezza della squadra. Interessante, facendo un confronto con l’anno scorso, la relativa tranquillità raggiunta dalla Salernitana dopo il successo con il Sassuolo. Il club di Iervolino ha un futuro sportivo simile a quello proprio del Sassuolo e del Monza (almeno fino a quando ci sarà Berlusconi), con un pubblico però più importante (19.706 spettatori di media all’Arechi contro 13.667 e 12.056), situazione che nell’immediato futuro renderà molto affollata la classe media della Serie A, dopo le 7 squadre con ambizioni da Champions, classe media che inizia con il Bologna a 44 punti e finisce con la Salernitana a 33: altre 7 squadre (ci sono anche Fiorentina, Torino, Sassuolo, Udinese e Monza) che con la risalita di città pesanti (Genova e Bari, per dirne due) contribuiranno a rendere quasi già scritte le retrocessioni e che nel mondo di oggi sono in una situazione molto comoda.

Il disastroso cambio di allenatore del Bayern Monaco, da Nagelsmann a Tuchel con uscita dalla Champions League ed il sorpasso del Borussia Dortmund in Bundesliga, porta all’eterna domanda: cambiare allenatore durante la stagione serve? Di solito no, guardando la storia (le squadre costruite male rimangono costruite male) del calcio, ma ci sono le eccezioni e quest’anno la Serie A ne ha diverse, due davvero clamorose: una imposta da tristi circostanze, cioè la panchina del Bologna da Mihajlovic a Thiago Motta, e l'altra quella del Monza da Stroppa a Palladino, con il club di Berlusconi passato dall’ultimo posto a centroclassifica. Due situazioni materializzatesi a inizio settembre, e non è un caso che ad inizio stagione sia più facile invertire una tendenza. Gli altri ribaltoni non hanno portato a grandi performance in termini di media punti, ma indubbiamente il Verona di Zaffaroni è migliore di quello di Cioffi, la Cremonese di Ballardini meglio di quella di Alvini, la Salernitana di Paulo Sousa meglio di quella di Nicola, la stessa Sampdoria di Stankovic pur ultima in classifica piace più di quella di Giampaolo, mentre in pareggio è il confronto Gotti-Semplici allo Spezia.

stefano@indiscreto.net

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