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La risposta di Inzaghi© LAPRESSE

La risposta di Inzaghi

L'impresa dell'Inter, il derby del 2003, le occasioni degli altri e l'effetto Champions per tutti.

Stefano Olivari

20.04.2023 ( Aggiornata il 20.04.2023 14:48 )

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Inter-Milan, o Milan-Inter che dir si voglia: questa l’incredibile semifinale di Champions League che si è materializzata dopo anni di autoflagellazione per il livello della Serie A e dopo mesi di inni, peraltro fondati, al Napoli. L’Inter ha raggiunto i rossoneri dopo una prova convincente nel ritorno con il Benfica e con qualche segnale di risveglio degli attaccanti, addirittura anche Correa, attaccanti che sono stati il vero problema stagionale di un Inzaghi dato sull’orlo dell’esonero (non sempre in maniera genuina, e lui ai suoi dirigenti lo ha fatto sapere chiaramente) una partita sì e una no. Ma che adesso si gioca l’accesso alla finale di Istanbul per lo meno con le stesse chance di Pioli, anzi secondo i bookmaker qualcuna in più visto che la qualificazione del Milan verrebbe pagata a 2.00 e quella dell’Inter a 1.75.

Ci leviamo subito il dente, visto che alla doppia semifinale (mercoledì 10 in casa teorica, ma molto pratica per l’incasso, del Milan e martedì 16 maggio in quella dell’Inter) manca tanto: il paragone con la doppia semifinale di Champions di 20 anni fa, fra le squadre allenate da Ancelotti e Cuper, è interessante dal punto di vista storico (come del resto quello con il Milan-Inter 2005, con Ancelotti e Mancini sulle panchine e sempre vinto, erano quarti di finale, dai rossoneri) ma stiamo parlando di mondi totalmente diversi. Prima il calcio dei padroni-tifosi locali, Berlusconi e Moratti, per i quali la vittoria era il fine ultimo, ora quello degli stranieri dai disegni misteriosi. Prima la possibilità di ingaggiare i più grandi campioni del mondo, adesso l’obbligo di far funzionare una buona classe media, con qualche talento sfuggito ai radar della Premier League e e del Real-PSG della situazione. Prima un calcio italiano punto di riferimento internazionale, adesso discorsi da cattivi imitatori. Prima l’onda lunga di anni ad alto livello, adesso lo stupore a due stagioni dall’uscita da un decennio mediocre, da spettatori degli scudetti della Juventus. Prima, per finirla qui, un risultato ritenuto possibile, adesso uno ritenuto un’impresa.

La ricaduta sul resto della Serie A sarà in ogni caso notevole, sia a livello di immagine (e nemmeno ipotizziamo che una delle milanesi batta Real Madrid o Manchester City in finale, anche se il calcio ha offerto sorprese anche molto più grosse) sia concretamente come qualificazione alla prossima Champions: vincendo questa Inter o Milan sarebbero qualificate senza bisogno di arrivare fra le prime quattro in Serie A e del resto la stessa cosa accadrebbe a Juventus e Roma alzando l’Europa League (i posti massimi sono però 5, quindi in caso di vittoria italiana in entrambe le coppe di una squadra non piazzata fra le prime 4, dal campionato si qualificherebbero in 3). Situazione intricatissima: difficile pensare a un’Inter con la bava alla bocca contro Empoli, Lazio, Verona, Roma e Sassuolo e a un Milan al cento per cento contro Lecce, Roma, Cremonese, Lazio e Spezia, per citare soltanto le partite ‘prima’. Occasionissima per Roma, Atalanta ed una eventuale Juventus con una penalizzazione ridotta.

Come arriveranno Milan e Inter all’appuntamento con la storia? Il caso Osimhen ha dimostrato che basta un giocatore assente o a mezzo servizio per cancellare miliardi di byte o intere foreste di commenti, quindi il discorso sulle squadre è prematuro. Non lo è invece quello sulle società, al di là dei 120 milioni totali per ognuna, più o meno, che per entrambe vale questo risultato: il Milan potrebbe proseguire nel suo progetto di calcio low cost, forte della credibilità di una finale di Champions, mentre Zhang potrebbe vendere l’Inter al massimo del suo valore di mercato. Non sono più i tempi di Berlusconi e Moratti, anche se magari le due squadre faranno vedere un calcio migliore di quello che mostrarono nel 2003.

stefano@indiscreto.net

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