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Sedici anni dopo Ancelotti© AC Milan via Getty Images

Sedici anni dopo Ancelotti

Il Napoli con mezzo Osimhen, la storia di Spalletti, l'impresa del Milan e la decima semifinale di Champions.

Stefano Olivari

19.04.2023 ( Aggiornata il 19.04.2023 12:06 )

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Il Napoli è fuori dalla Champions Legue, mentre il sogno della finale, Inter o Benfica permettendo, prosegue per un Milan che senza dubbio è la squadra che in questa stagione ha meglio preso le misure alla squadra di Spalletti: sconfitta a San Siro in settembre dopo aver dominato, vittoria clamorosa al Maradona sempre in campionato, vittoria a San Siro in Champions e adesso il pareggio-qualificazione senza soffrire più di tanto, nemmeno nella prima parte di partita in cui il Napoli se l’è giocata con una intensità enorme. Ma è inutile analizzare, anche in chiave VAR (netto il rigore negato a Lozano per il fallo di Leão), una partita che hanno visto tutti e che come tutte, quando c’è equlibrio, è girata sugli episodi. Di sicuro il Napoli ci è arrivato con mezzo Osimhen (sempre infortunato e assente nelle altre tre partite stagionali, non è un dettaglio), senza Kim (e si è visto) e Anguissa, ed in generale con una forma fisica in calando da settimane, senza contare l’aspetto psicologico: è da gennaio che si sta parlando dei festeggiamenti per il terzo scudetto, del rapporto con il pubblico, dei massimi sistemi del calcio delineati da De Laurentiis, eccetera, e questo non ha contribuito ad avere giocatori con la bava alla bocca nel momento decisivo.

A questo poi va aggiunta la storia di Spalletti, che avendo lui 64 anni è davvero storia: in Europa a volte ha fatto bene (come quest’anno, senza dimenticare i due quarti di finale raggiunti anche con la Roma), più spesso male, mai è stato all’altezza delle potenzialità delle sue squadre del momento. Insomma, i discorsi che spesso si fanno per Ancelotti, tanto per citare un coetaneo di Spalletti, vanno ribaltati e del resto ognuno ha le sue modalità di gestione del gruppo: trent'anni di carriera qualche indicazione la danno. E adesso? Lo scudetto è impossibile da perdere, con 8 partite ancora da giocare e 14 punti di vantaggio sulla Lazio seconda, ma sarebbe stupido negare che Milan o Inter finaliste di Champions gli daranno un peso mediatico diverso. Questa rimane in ogni caso per il Napoli una stagione straordinaria, il primo trionfo senza Maradona, chi fa lo schizzinoso per un quarto di Champions League forse non ricorda la Serie C.

E il Milan? Per descrivere l’importanza dell’impresa basti ricordare che non arrivava in semifinale di Champions da 16 anni: la squadra allenata da Ancelotti trovò il Manchester United di un giovane Cristiano Ronaldo che aveva appena battuto proprio la Roma di Spalletti, lo superò e poi andò a vincere la coppa ad Atene contro il Liverpool. Ma al di là del giochino da bar dello sport storico si tratta di realtà difficilmente paragonabili, anche se Maignan, Theo Hernandez e Rafael Leão avrebbero giocato senza problemi insieme a Maldini, Nesta, Pirlo, Seedorf e Kakà. Molta la differenza fra i gregari, invece, in favore chiaramente del passato. Quel Milan nelle quattro stagioni precedenti in Champions League aveva fatto vittoria, quarti, finale e semifinale, questo mancava dalla fase ad eliminazione direttaq della Champions da 9 stagioni, da quando in panchina c'era Allegri (poi nell'ottavo con l'Atletico Madrid l'allenatore sarebbe stato Seedorf). Quel Milan di Ancelotti palleggiava e prima o poi trovava la chiave giusta, questo gioca onestamente in contropiede. Quel Milan aveva un allenatore di grande carisma, questo uno che ad alto livello viene anche da molti tifosi considerato un intruso. Quel Milan aveva un Berlusconi in forma, che non concepiva altro che vittoria e spettacolo, e questo dirigenti e proprietari che nel 99% delle interviste parlano di bilanci e nuovi stadi in paesi improbabili. Tante cose sono cambiate, ma non che la Champions sia la competizione per club più importante del mondo.

A proposito di Ancelotti, che con il Real Madrid ha appena superato il Chelsea dalle spese insensate (e il peggio l'hanno fatto proprio con gli allenatori), per lui una semifinale di Champions League non è una notizia: in 20 partecipazioni alla Champions League è arrivato come minimo alle semifinali 10 occasioni e soltanto in tre casi (Parma, il secondo anno alla Juventus e il primo al Napoli) ha mancato la qualificazione alla seconda fase. Certo per chi guida il Viktoria Plzen, per citare una squadra quest'anno in Champions, questi record sono più difficili, ma siamo sempre lì: Verstappen non sarebbe competitivo su una Panda (per non dire Ferrari...), ma non tutti vincerebbero con la Red Bull.  

stefano@indiscreto.net

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