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Calciopoli 2006-2023

Calciopoli 2006-2023

Le parole dell'ex designatore Bergamo a Report hanno fatto rivisitare il passato ma anche evidenziato tante analogie con il presente, non soltanto della Juventus...

Stefano Olivari

18.04.2023 ( Aggiornata il 18.04.2023 12:59 )

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La tanto attesa puntata di Report su Calciopoli non ha deluso, ma non per le intercettazioni raccolte da Moggi nella chiavetta USB consegnata ad Andrea Agnelli e a tanti giornalisti. A questo punto le uniche intercettazioni interessanti sarebbero quelle delle sim svizzere che l’ex direttore generale della Juventus utilizzava per discutere di certi temi con designatori, arbitri ed altri addetti ai lavori: dubitiamo che verranno mai fuori, più o meno legalmente.

Il clou della puntata sono state le dichiarazioni di Paolo Bergamo, che ha raccontato di una cena con Massimo Moratti e le rispettive mogli avvenuta pochi giorni dopo il 5 maggio 2002, la data che per certi versi è l’inizio di Calciopoli o per lo meno della volontà dell’Inter di non subire più torti arbitrali, reali o presunti. Da lì partono le indagini private del club nerazzurro, private e in parte illegali, e negli anni seguenti le continue pressioni di Giacinto Facchetti, nel frattempo diventato presidente, sui designatori, in particolare su Bergamo, per avere arbitri ben disposti, con il linguaggio allusivo della gente di calcio. Schema usato da tanti altri club, a volte con uomini dedicati soltanto a questo (come Meani per il Milan) ma non per questo meno grave, come del resto fuori tempo massimo aveva ammesso anche Palazzi. 

Insomma, tutti pensano che gli avversari li stiano imbrogliando (e questa sarebbe la Lega…) e provano ad usare, in maniera anche goffa, le stesse armi. Uno dei non detti di Calciopoli, al di là delle sentenze, è proprio questo: nessuno denunciava apertamente i soprusi, al di là del criticare o ricusare l’arbitro di turno, molti provavano ad ottenere una sorta di giustizia speciale (ad esempio la Roma con Baldini). Non si può dire che siano discorsi nuovi, anzi, ma il tifoso vuole buoni (la sua squadra) e cattivi, ed in questa vicenda è sempre disorientato. Cosa dire di Paparesta che chiede l’aiuto di Galliani per una sua questione di lavoro? È un reato? Lui è convinto di no, addirittura pensa che sia una cosa normale: la perfetta fotografia di un ambiente di furbi.

Detto questo, il 'Così fan tutti' è la strategia difensiva che Moggi ha sempre usato e ma è fondata soltanto ad un primo livello, quello delle lamentele: chiunque cerca di mettere pressione agli arbitri, non c'è bisogno di intercettazioni per sapere che dirigenti con in bocca sempre la NBA e la Premier League poi siano sempre lì a mendicare un rigorino. La non piccola differenza fra Moggi e i suoi imitatori era che presidenti di altre società e addirittura politici di primo piano si rivolgessero a lui per salvare le loro squadre, ovviamente penalizzandone altre. Lui, soprattutto nei 12 anni alla guida della Juventus, poteva determinare le carriere di allenatori, dirigenti, arbitri e anche giornalisti. E senza problemi ammetteva (lo ha fatto anche a Report) di gestire la Nazionale, soprattutto quando a guidarla è stato Lippi. 

Con tutto il rispetto per la storia, ormai di 17 anni fa, la parte più interessante di Calciopoli è quella sovrapponibile a quanto sta accadendo oggi: un’inchiesta su fatti magari gravi ma che mai erano stati considerati tali (prima le pressioni sugli arbitri, oggi le plusvalenze ed i bilanci taroccati) che si salda ad una lotta all’interno del mondo Agnelli-Elkann. Molto pesante il racconto di Bergamo quando rivela che Calciopoli gli era stata anticipata non da un avversario della Juventus ma da un politico, l’onorevole Latorre (che contattato da Report non ha smentito, anzi), fra i più stretti collabioratori di D’Alema, che gli avrebbe rivelato il patto fra Tronchetti Provera, Luca di Montezemolo, Grande Stevens, Gabetti e gli Elkann per far fuori Moggi e Giraudo dal gruppo, visto che fra le altre cose meditavano di mettere alla presidenza Andrea Agnelli. Di più: un avvocato degli Agnelli avrebbe detto che la famiglia aveva per questioni sue preso in giro dieci milioni di juventini. Poi ridimensionata la parte ‘sbagliata’ di famiglia all’interno del gruppo Andrea Agnelli sarebbe nel 2010 diventato davvero presidente della Juventus, ma con John Elkann saldissimo al comando. E adesso è stato fatto fuori senza troppi complimenti, nonostante la sua modalità gestionale fosse chiara (visti i 700 milioni di ricapitalizzazione richiesti) da anni al di là di ossessioni sportive, prima la Champions e poi la Superlega, comprensibili a tutti noi. 17 anni passati invano, almeno per il calcio italiano.

stefano@indiscreto.net

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