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La lunga estate della Juventus© Juventus FC via Getty Images

La lunga estate della Juventus

La Serie A dell'incertezza, gli anni di Viscidi e la voglia di Delio Rossi.

Stefano Olivari

31.03.2023 ( Aggiornata il 31.03.2023 11:03 )

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Le penalizzazioni della Juventus non sono un problema soltanto della Juventus, ma anche delle squadre che ne beneficeranno per la corsa Champions o addirittura, ipotesi tutt’altro che remota, per la lotta salvezza. Per questo le date possono essere più importanti dei punti tolti o restituiti. L’unica certa è il 19 aprile, quando il Collegio di Garanzia del CONI si esprimerà sul ricorso della Juventus contro il meno 15 per le plusvalenze: mantenuto o cancellato, senza possibilità di soluzioni intermedie. Dei tre filoni aperti questo è l’unico in cui il club bianconero pensa, con moltissimo ottimismo, di portare a casa un pareggio. Diverso il discorso sulla manovra stipendi e procuratori, con il primo processo impossibile da tenersi prima della fine della Serie A: correndo, ma proprio correndo, si potrebbe avere una sentenza, peraltro appellabile, con due giornate ancora da giocare. E lì la stangata dovrebbe essere più pesante. Tempi molto più lunghi, anche perché una vera inchiesta sportiva ancora non esiste, sulle partnership con altri club: sarà materia per il 2023-24. Abbiamo sintetizzato molto per non fare i giuristi di Google, ma una cosa è chiarissima a chiunque: la prossima Serie A non può iniziare con la situazione della Juventus ancora pendente per il discorso stipendi e per i rapporti con gli altri club. Si va verso una forma, non sappiamo quale e sarà difficile per Gravina trovarla senza perdere la faccia, di contrattazione della pena sportiva, del genere ‘Andiamo in Serie B o partiamo da meno 30 punti, ma chiudiamola qui’. È presto per parlarne, ma a giugno (la Serie A finisce il 4 con Udinese-Juventus) questo sarà l’unico tema di discussione: non il quanto, ma il quando. 

A forza di parlare di Roberto Mancini e delle sue ultime scelte ci siamo dimenticati che il responsabile del calcio giovanile italiano non è lui, ma Maurizio Viscidi. Che nel 2010 fu chiamato da Sacchi in federazione e che dal 2016 è ufficialmente coordinatore di tutte le nazionali giovanili. Il responsabile del Settore Tecnico della FIGC è invece, dal 2019, Demetrio Albertini: senz’altro gli allenatori e i talenti italiani del futuro dipendono più dalle scelte di Albertini e Viscidi che da quelle di Mancini, al di là del convocare il Pafundi della situazione. Ovviamente nessuno si sente responsabile di niente, addirittura Viscidi in una recente intervista a La Stampa se l’è presa con gli allenatori che pensano troppo alla tattica, il classico argomento del genere ‘Una volta era tutto meglio’, e con gli attaccanti che pensano solo a fare da sponda perché non hanno le mitiche ‘conoscenze’ non avendo mai praticato l’altrettanto mitico calcio di strada. Insomma, Mancini pensi al presente perché il futuro può essere peggio.

Uno dei più resistenti luoghi comuni degli addetti ai lavori dice che la Serie C è la categoria in cui gli allenatori contano di più: al di sopra i calciatori sono troppo forti per fare i soldatini, al di sotto troppo scarsi per mettere in pratica le direttive del tecnico. Comunque sia, dopo lo Zeman originale adesso in serie C è tornato anche il più zemaniano dei suoi eredi, cioè Delio Rossi, a quasi quarant’anni da quella strepitosa stagione con la Salernitana (Chimenti in porta, Fresi in difesa, Strada a centrocampo e Pisano in attacco, fra gli altri) che lo portò alla promozione in B e poi ad una carriera di tutto rispetto nel grande calcio. A 63 anni Rossi torna in C e torna nel Foggia, vissuto sia da giocatore sia da allenatore: anche se non aveva una panchina da oltre due anni e se guadagnarsi la B attraverso i playoff è difficilissimo, Delio Rossi è uno di quei nomi che da soli danno credibilità ad una categoria. Vecchio? Dipende dalla voglia, visto che ha 13 anni meno di Zeman ed uno meno di Spalletti.

stefano@indiscreto.net

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