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Perché la Juventus sì e gli altri no© LAPRESSE

Perché la Juventus sì e gli altri no

Le motivazioni della sentenza da cui sono nati 15 punti di penalità per i bianconeri evidenziano che si è puntato più sulla lealtà sportiva che sugli illeciti amministrativi. Ma non è ancora finita...

Stefano Olivari

31.01.2023 ( Aggiornata il 31.01.2023 16:19 )

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Illecito sportivo, cioè risultati sportivi truccati, grave, ripetuto e prolungato. Le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello Federale che ha portato a togliere 15 punti alla Juventus dicono questo e lasciano poco spazio al successo del ricorso. Le lettura integrale del testo, presente sul sito della FIGC a questo link, è consigliabile non soltanto per capire le motivazioni della sentenza ma anche per spiegare perché a questo giro tutte le squadre che hanno fatto plusvalenze insieme alla Juventus l’abbiano fatta franca. Le motivazioni sono state semplici, nella loro durezza: quello messo in piedi dai dirigenti della Juventus sanzionati, da Andrea Agnelli in giù, era un sistema volto ad alterare in maniera pesante i bilanci e quindi l’aspetto sportivo della competizione, mentre quello degli altri club non lo era. Le violazioni riguardano l’articolo 4, quello sulla lealtà sportiva, visto che per la Corte d’Appello le violazioni hanno avuto una natura ripetuta e prolungata, oltre che intenzionale. E per la sua vaghezza l’uso dell’articolo 4 è più importante di quello dell’articolo 31, riguardante gli illeciti amministrativi: questo almeno abbiamo capito dall’italiano usato nel testo, per andare oltre ci vogliono i pochi esperti di diritto sportivo o i tanti giuristi di Google. In parole povere la Juventus degli ultimi anni, dal 2019 in poi, e sui tempi è bene stare sul generico perché si potrebbero aprire altri fronti, ne ha combinate troppe anche se le pluvalenze artificiali in sé non sono illegali, per la giustizia sportiva.

Nelle motivazioni si pone anche l’enfasi su intercettazioni e documenti emersi nell’inchiesta Prisma da parte della magistratura, ammissioni di colpevolezza che per gli altri club non ci sono. E non ci saranno, aggiungiamo noi, se la magistratura continua a funzionare in base alla geografia o al tifo, senza contare il fatto che per una società quotata in Borsa le regole, anche a livello di trasparenza, sono diverse. Poi leggendo con attenzione le intercettazioni sembra che in alcuni punti i personaggi quasi sappiano di essere intercettati, per come spiegano le cose in maniera didascalica. Lo stesso famoso ‘Libro nero di Fabio Paratici’, null'altro che un foglio redatto da Cherubini, ha una natura che autorizza ogni sospetto. E conferma la strategia di John Elkann di salvare il salvabile, azzerando la dirigenza (a partire dal cugino di sua madre Margherita), sostituendola con tecnici extracalcio, e limitare i danni, di qualsiasi entità siano, alle prossime due stagioni. L'abbiamo già visto con Calciopoli. 

Tornando ai 15 punti, ci sembra a questo punto molto difficile l’annullamento della sanzione e quindi dal punto di vista sportivo davvero si deve dare per credibile una Juventus a 23 punti in classifica, 15 sotto i 38 della zona Champions. Ma in questo quadro come si fa a parlare delle scelte tattiche di Allegri o del rientro di Pogba? Insomma, il club bianconero a parole contesta la sentenza e spera nella revocazione da parte del Collegio di Garanzia del CONI, ma nei fatti firmerebbe perché tutto si chiudesse così. Perché in Italia può accadere qualcosa di peggio, visto che la giustizia sportiva deve ancora valutare la manovra stipendi: Chiné ha chiesto una proroga di 40 giorni e quindi, tutto compreso, è possibile che si arrivi ad una prima sentenza a giugno. Nessuno sa se afflittiva per il passato o per il futuro, la verità è che tutto è trattabile: il sistema può fare a meno del Chievo, ma non della Juventus. E in Europa? Lì, anche se non ci fosse Ceferin, un anno di squalifica dalle coppe è il minimo.

Certo il vento mediatico è cambiato: sembra ieri, ed era in effetti poco tempo fa, quando improvvisati giornalisti-commercialisti ci spiegavano che quelli di Agnelli erano grandi investimenti, che Cristiano Ronaldo si sarebbe ripagato con le magliette, che lo Stadium era il simbolo di un club sano, che l'importante era il fatturato, eccetera. Il bello è che il sistema mediatico italiano è sempre lo stesso, fra controllo dei giornali e della spesa pubblicitaria pesante. Cambiano i capri espiatori, da Moggi a Paratici anche se questi due dirigenti hanno storie molto diverse. Non è ovviamente finita qui, sia i tifosi pro sia quelli contro possono avere sorprese almeno fino a tutta l’estate perché il margine della discrezionalità della giustizia sportiva è enorme. Noi siamo cresciuti con il Verona mandato in B per una telefonata allusiva del presidente Garonzi a un suo ex giocatore, Clerici. Cosa dire di club che fanno insieme il mercato e i bilanci?

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