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Mister Supercoppa© Inter via Getty Images

Mister Supercoppa

Le caratteristiche di Inzaghi, la classe media senza Ibrahimovic e i soldi delle Final Four.

Stefano Olivari

19.01.2023 ( Aggiornata il 19.01.2023 12:04 )

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Il trionfo dell’Inter a Riyad sul Milan conferma che Simone Inzaghi è uno specialista della Supercoppa: dopo averne vinte due da attaccante dela Lazio quattro successi (di cui due con la Lazio) su quattro finali giocate. In generale, e non lo si è scoperto in Arabia, è un allenatore che nelle sfide ad eliminazione diretta, anche quando le perde, con le stesse squadre fa meglio che in campionato. Alla settima stagione da tecnico, settore giovanile escluso, la tendenza è chiara e del resto ognuno ha caratteristiche psicologiche, prima ancora che tattiche, diverse: del predecessore Conte, a parità di modulo, si può ad esempio dire l’esatto contrario. Ma al di là dello wikipedismo il 3-0 in Arabia Saudita dice una cosa molto chiara, e cioè che Inzaghi è convinto che l’Inter dell’anno scorso fosse migliore. Ed è difficile dargli torto. Rispetto alla formazione tipo del 2021-22 mancavano Handanovic, panchinato per Onana, il separato in casa De Vrij sostituito dal fedelissimo (di Inzaghi) Acerbi, l’infortunato Brozovic e il lasciato andare Perisic, con al suo posto un Dimarco che già c’era. In altre parole l’Inter che ruotava intorno ai movimenti di Dzeko. Una squadra che non può più raggiungere il Napoli, a meno di un suicidio degli uomini di Spalletti, ma che di base è la più attrezzata di tutte le altre per il secondo posto in campionato. Un gigantesco asterisco per Lukaku, che per status e ingaggio non può fare la riserva fino a fine stagione, pur essendo un prestito che non sarà rinnovato. Ma l’Inter di Dzeko è meglio.

Il discorso sull’anno scorso vale ancora di più per il Milan di Pioli, il cui 2023 non è ancora iniziato: vittoria sulla Salernitana, pareggio regalato alla Roma dopo aver giocato bene, eliminazione in Coppa Italia contro il Torino in dieci, buona reazione per il pareggio a Lecce ma dopo aver rischiato di essere travolti, e adesso un derby straperso senza quasi essere scesi in campo. Si può dire che i 37 anni di Dzeko siano meno dei 42 di Ibrahimovic, la cui mancanza nello spogliatoio si sta sentendo tantissimo, in un Milan dove tutti i nuovi acquisti sono stati bocciati da Pioli in maniera plateale. Ma De Ketelaere a parte, sul quale sono stati investiti soldi veri, le scommesse di mercato si chiamano scommesse non a caso: negli anni sì entrano, negli anni no non entrano. Detto che la stagione rossonera è ancora viva, con uno dei primi quattro posti da tenere in campionato e con la sfida con il Tottenham in Champions (la squadra di Conte sta avendo un post-Mondiale non migliore di quello del Milan), ci si chiede, e fra gli altri se lo chiede Maldini, se ad essere cambiato rispetto a qualche mese fa non sia anche Pioli. Eccezionale nell'avere dato convinzione, insieme a quell'Ibrahimovic fortemente voluto da Boban e Maldini, e gioco ad una squadra da quarto posto fino a portarla allo scudetto, adesso un po' incartato con giocatori che si sopravvalutano. Forse adesso la parte di Ibrahimovic, nello stimolare la classe media dei Kalulu (significativo il suo panchinamento per Kjaer) e quella medio-bassa dei Messias, dovrà farla proprio Maldini. Sullo sfondo una proprietà strana che non ha posto obbiettivi chiari, come era con Elliott.

Questa edizione della Supercoppa è stata la terza ad essere disputata in Arabia Saudita, la dodicesima all’estero, ma la prima ad avere generato una polemica fra federazione e lega, con Gravina (ai vertici del calcio italiano da 25 anni, dai tempi di Nizzola) che si è detto triste nel vedere una manifestazione italiana con pochi italiani in tribuna (mancava lo stesso Gravina, fra gli altri) e Casini che gli ha ribattuto con la tristezza del non aver visto l’Italia al Mondiale. Certo fra San Siro tutto esaurito e i diritti televisivi una Supercoppa davvero italiana avrebbe potuto generare gli stessi introiti, ma questo era l’ultimo anno di un contratto da onorare prima di chiedersi quale futuro debba avere la manifestazione. Le Final Four alla spagnola, in Arabia o altrove, potrebbero generare 25 milioni di euro a edizione contro i 7,5 attuali: sarebbero circa 6 milioni per squadra, la metà dell’ingaggio lordo richiesto da Skriniar e Rafael Leão. Il paradosso di avere una logica soltanto commerciale ma con i conti che non tornano mai.

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