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Juventus, la fine di Andrea Agnelli© Getty Images

Juventus, la fine di Andrea Agnelli

Il presidente bianconero si è dimesso, insieme al resto del consiglio di amministrazione, chiudendo un'era durata 12 anni. Con tanti scudetti ma anche spese fuori controllo...

Stefano Olivari

29.11.2022 ( Aggiornata il 29.11.2022 11:54 )

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Dopo le sue dimissioni, quelle di Nedved, Arrivabene e dell’intero consiglio di amministrazione, l’era di Andrea Agnelli alla Juventus è adesso ufficialmente finita. 12 anni di grandi successi sportivi e di gestione finanziaria disastrosa, messa nel mirino dall’azionista di maggioranza (cioè la Exor, dove il potere è in mano a John Elkann) da molto prima che entrassero in gioco la magistratura e la Consob, quindi con accuse di tipo penale. Si chiude quindi un’epoca in cui la Juventus ha cambiato pelle diverse volte ma continuando a vincere: dalla squadra operaia di Conte al dream team con Cristiano Ronaldo, passando per l’inizio dell’era Allegri in cui l’anima italiana della difesa ed un centrocampo fra i migliori al mondo portarono la squadra a sfiorare per due volte la Champions League. Ossessione di molti tifosi juventini e di Andrea Agnelli in particolare, fino al punto di non ritorno di diventare uno degli ideologi della abortita Superlega e di riempire la rosa di quella classe media strapagata che non porta da alcuna parte. 

Per questo tipo di bilanci ci sarà tempo, di sicuro il pendolo della storia bianconera è tornato dalla parte di famiglia che nell’immaginario collettivo è legata all’immagine di Gianni Agnelli, nonno di John Elkann. E come al solito c’è voluta una scossa dall’esterno per far precipitare la situazione: nel 1994 il dominio del Milan nonostante le spese di Boniperti, nel 2006 Calciopoli, nel 2010 un disastro sportivo con pochi precedenti. Adesso le accuse di falso in bilancio da gestire con dirigenti nuovi (Gianluca Ferrero come presidente e Maurizio Scanavino come direttore generale, mentre per un breve periodo Arrivabene dovrebbe rimanere) e di fiducia di Elkann, ma soprattutto i 700 milioni di euro bruciati in pochi anni per trovarsi con una squadra fuori dalla Champions già nei gironi e lontanissima dal Napoli in campionato. Al di là dell'ultimo disastroso bilancio, meno 254 milioni, è come se la Exor e gli altri azionisti si fossero dovuti ricomprare la Juventus: in situazioni paragonabili Moratti e Berlusconi mollarono, con modalità diverse ma accomunate dalla scarsa trasparenza, Inter e Milan, gli Agnelli-Elkann sono invece ancora in pista e non sembrano credibili le voci di una vendita in questo momento storico. Anzi, con l’esplosione dei prezzi dei club con un grande marchio vendere adesso sarebbe proprio una stupidaggine. Certo dipende dalla cifra.

Insomma, cambia qualche faccia ma la Juventus rimane della solita famiglia, allargatissima e con 'famiglia' da mettere fra virgolette, visto che l'atomica (l'esito della causa di Margherita Agnelli per l'eredità del padre) non è ancora stata sganciata. Con questa operazione di fatto si cerca di distinguere le responsabilità dei singoli, Andrea Agnelli in testa, da quelle del club, ma anche quelle dell’azienda Juventus da quelle della squadra. Che al momento non rischia, anche se una riapertura dell’inchiesta sulle plusvalenze potrebbe portare in teoria a penalizzazioni (punti, non retrocessioni). Più interessante è il futuro in senso sportivo: Allegri è stato un ritorno certo infelice ma che Elkann non ha osteggiato, anzi, quindi la di là del contratto fino al 2025 l’allenatore nell'immediato non sta rischiando. Senza contare che con Pogba e il ritorno al 100% di Chiesa la squadra è la favorita nel campionato delle seconde. Se ne riparlerà a giugno, mentre molto prima ci saranno novità nell’area sportiva sopra Allegri. Il già visto e già sentito fa pensare molti a Beppe Marotta, da sempre in grande sintonia con Elkann, una svolta totale invece rende credibili almeno un’altra decina di nomi. Comunque più facile risollevare la Juventus che la Ferrari.

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