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La Serie A che si ferma, l'Italia di Pafundi, il Milan alla Pioli e il caso D'Onofrio.
La Serie A saluta con l’undicesima vittoria consecutiva del Napoli, che ormai prescinde anche dalla presenza di Kvaratskhelia. La squadra di Spalletti dà appuntamento a Inter-Napoli del 4 gennaio con 8 punti di vantaggio sul Milan, 10 sulla Juventus, 11 sulla Lazio e sull’Inter che a Bergamo si è tirata fuori da una brutta situazione, 14 su Atalanta e Roma. Caldissima anche la Juventus, contro la Lazio la sesta vittoria consecutiva in campionato, forse la più convincente delle sei. Tre mesi di calciomercato fra Mondiale, vacanze e ripresa dei campionati con mille asterischi cambieranno molte situazioni, certo il distacco del Napoli dalle altre è enorme e non soltanto come punti: sarà comunque bello anche il campionato delle seconde, perché stare fuori dalle prime quattro sarebbe un fallimento per tutte tranne che per l’Atalanta. Ma ovviamente per un po’ rimarranno nella testa le ultime impressioni: i coast to coast di Anguissa, i finali del Milan, la difesa della Juventus, il momento di Dzeko, la peggior partita di Sarri, l’Atalanta che sta facendo il suo ma dove Gasperini sta esplodendo a causa delle aspettative esagerate della proprietà, la Roma disorganizzata, senza nemmeno una gerarchia di rigoristi (grande personalità Belotti, ma con Dybala in campo non può tirare lui) e con Mourinho che ben oltre il caso Karsdorp ha una bassa opinione di molti suoi giocatori, adesso è il turno di Abraham, la Sampdoria in caduta libera dove la breve era Stankovic sembra finita.
Simone Pafundi è il nome che Mancini ha utilizzato per dare qualche motivo di interesse alle amichevoli con Albania ed Austria. Il sedicenne dell’Udinese, mai nemmeno un minuto in Serie A, difficilmente vedrà il campo con l’Italia dei grandi, perché se fosse pronto lo avrebbe chiamato Nicolato per l’Under 21, ma è un segnale a chi aspira alla Nazionale e soprattutto a chi c’è già. Come fu a suo tempo per Zaniolo, anche se il giocatore della Roma di anni ne aveva 19 ed era già in grado di essere utile. Un segnale a chi c’è già perché fra i 30 convocati dal c.t. ci sono tanti giovani ma anche quasi tutti i giocatori che sarebbero stati fra i 26 per il Qatar, se solo l’Italia si fosse qualificata. Facile parlare di amichevoli insulse, ma l’anno orribile dopo il grande Europeo è dipeso anche da mancanza di freschezza, di ricambio, di tensione: ben vengano le occasioni per mettersi alla prova. Inutile poi fare discorsi sui massimi sistemi e sugli inevitabili modelli stranieri, pensando a cosa si è dovuta inventare la Germania dopo l’infortunio di Werner, già di suo un attaccante normalissimo.
Il nuovo amministratore delegato del Milan è Giorgio Furlani e la sua nomina da parte del fondo RedBird si presta a facili considerazioni. Perché dal 2018 Furlani era nel consiglio d’amministrazione rossonero per conto di Elliott, gruppo per cui lavora da 12 anni. Perché il presidente del Milan non è cambiato, rimane Paolo Scaroni ed anche con molti progetti riguardanti il futuro (su tutti il nuovo San Siro, che però ha sempre più oppositori, ad ogni livello). Perché Elliott ha finanziato per metà, quindi per 600 milioni di euro, l’acquisto del Milan da parte di RedBird. In termini calcistici questo significa che la filosofia e gli investimenti del Milan non cambieranno, per la (poca) gioia di Paolo Maldini che ogni anno deve puntare tutte le fiches su una sola scommessa costosa, con il rischio di perderla. Del resto Pioli ha vinto lo scudetto avendo il quarto monte ingaggi della della Serie A e questo è un fatto: paradossalmente l'allenatore rossonero è stato troppo bravo.
Il procuratore capo degli arbitri italiani arrestato per traffico internazionale di droga è qualcosa di enorme, per il micromondo calcistico ma anche in generale. Perché Rosario D’Onofrio negli ultimi anni ha di fatto deciso le carriere degli arbitri, non direttamente perché non era il suo compito ma comminando sanzioni. Diciamo la verità: prima della scorsa settimana solo pochi addetti ai lavori avevano sentito nominare D’Onofrio, e anche i giornalisti non è che siano tenuti a sapere il nome di chi controlla i rimborsi spese degli arbitri. Ma i vertici del mondo arbitrale che lo hanno nominato procuratore capo nel 2021, mentre era agli arresti domiciliari (!) per un’altra vicenda di droga, avrebbero dovuto verificare il suo passato e non fidarsi, come sono arrivati addirittura a dire in un comunicato ufficiale, dell’autocertificazione di D’Onofrio: una linea difensiva incredibile. Poi da Gravina a Trentalange è tutta una gara a definirsi ‘parte lesa’, ma è difficile che a questo giro l'AIA non venga commissariata.
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