Giornale di critica e di politica sportiva fondato nel 1912

Verso Mancini alla Bearzot© LAPRESSE

Verso Mancini alla Bearzot

Le porte più chiuse della Nazionale, Donnarumma ritrovato, il sesto posto FIFA, l'addio a Beltrami e Bolchi, le perdite dell'Inter. 

Stefano Olivari

28.09.2022 ( Aggiornata il 28.09.2022 13:08 )

  • Link copiato

Quale futuro per l'Italia che battendo Inghilterra e Ungheria si è qualificata per le lontanissime Final Four di Nations League? È una domanda che va al di là del 3-5-2 che Roberto Mancini si è dovuto inventare alla partita numero 54 della sua gestione, riproponendolo poi a Budapest. Perché l'ultimo anno, con il punto più basso toccato nella partita contro la Macedonia, ha fra le altre cose dimostrato che le porte aperte a tutti e le convocazioni monstre lanciano un messaggio sbagliato: e cioè che giocare in Nazionale sia facile. Meglio i Raspadori, gli Gnonto, i Di Lorenzo e di Dimarco con la bava alla bocca, di altri che fanno i preziosi senza esserlo. In questo senso ci vuole un Mancini alla Bearzot, a costo di avere cattiva stampa (come fino al 1982 Bearzot, del resto).

Dalla Nations League, che si giocheranno il prossimo giugno con Spagna, Olanda e Croazia, gli azzurri escono con un Donnarumma ritrovato anche psicologicamente, al di là delle grandi parate che hanno fatto dimenticare qualche uscita a vuoto. La titolarità fissa nel PSG gli ha fatto bene, senza dimenticare che si tratta dell'unico, ma davvero l'unico, calciatore italiano a godere di grande considerazione internazionale, al livello dei campionissimi. Del resto dopo Euro 2020 chiunque pensava che Donnarumma fosse il miglior portiere del mondo, soltanto il marketing editoriale (aveva osato abbandonare il Milan e la prestigiosa Serie A) poteva trasformarlo in un problema. Ma per l'Italia sarà ciò che è stato Buffon. In un'Itala però peggiore rispetto a quella in cui ha giocato Buffon per buona parte della carriera.

In attesa delle tremende amichevoli con Albania e Austria, a ridosso (la seconda dopo la partita inaugurale) di un Mondiale che non giocheremno, la beffarda notizia che l'Italia ha scavalcato la Spagna nel ranking FIFA ed è così sulla carta la sesta nazionale del pianeta, dietro a Brasile, Belgio, Argentina, Francia e Inghilterra. Novembre e dicembre saranno durissimi: qualsiasi fallimento nel calcio di club viene dimenticato, anche da parte dei tifosi, nel nome del futuro, e tutto sommato funziona così anche per le nazionali. Ma il Mondiale è un'altra cosa e del resto è l'unico motivo per cui la FIFA, con tutta la sua storia di corruzione (voto per Qatar 2022 compreso) esiste. 

Due addii che addolorano tutto il calcio italiano, quelli di Giancarlo Beltrami e di Bruno Bolchi. Il primo noto soprattutto per i 16 anni da direttore sportivo dell'Inter, con Fraizzoli e Pellegrini presidenti, il secondo soprattutto come allenatore di tante promozioni in A (Bari, Cesena, Lecce e Reggina) e in B (Bari e Pistoiese), oltre che di tante salvezze. Entrambi considerati 'di una volta' già negli anni Ottanta: Beltrami il classico direttore sportivo multifunzione (oggi sositituito da una ventina di stipendi inutilissimi), Bolchi l'ottimo allenatore battezzato come adatto soltanto alla provincia. Hanno vissuto bene nel calcio italiano, non si tratta di genii incompresi, ma certo sono stati molto sottovalutati dai media e dai loro stessi presidenti.

L'Inter ha approvato il bilancio consolidato dell’esercizio finanziario 2021/2022 e al di là dei tecnicismi i dati importanti sono che il fatturato è arrivato a 439,6 milioni di euro, più 75 milioni rispetto all'anno prima, che diventano più 140 su dati comparabili (nel 2020-21 si giocò a porte chiuse). 140 milioni sono anche le perdite di esercizio, però. Insomma, come anche Juventus e Milan dimostrano, in Italia il calcio di chi vince o prova seriamente a farlo è strutturalmente in perdita, con l'eccezione del Napoli che però l'obbligo di vincere non ce l'ha mai. E non sarà un nuovo eventuale stadio (a proposito, oggi inizia il dibattito pubblico sul nuovo San Siro) a cambiare le cose. Infatti l'Inter è un club in vendita almeno parziale: uno Zhang contestatissimo da una parte dei tifosi sogna di piazzare una quota di minoranza, in attesa di un grosso colpo che inverta la tendenza. Il nuovo stadio, la superlega ancora aleggiante (l'asse con Agnelli è saldo), qualche operazione straordinaria anche se i giocatori con un mercato sono sempre quelli.

Condividi

  • Link copiato

Commenti

Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi