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Sandro Tonali, l'anima del diavolo© LAPRESSE

Sandro Tonali, l'anima del diavolo

Una grande storia d'identità nel calcio contenporaneo.

Marco Metelli

29.08.2022 ( Aggiornata il 29.08.2022 10:20 )

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La telefonata liberatoria arriva nei giorni in cui l’Italia è immersa dalla testa ai piedi nelle palpitanti notti magiche dell’Europeo, in un’estate che vedrà gli azzurri alzare la coppa a Wembley. Settimane di euforia collettiva, quelle tra giugno e luglio 2021, che per Sandro, invece, significano un’estenuante attesa di una risoluzione della trattativa tra il Milan e il Brescia depositario del suo cartellino. I rossoneri chiedono un forte sconto sulla cifra del riscatto, dopo un’annata al di sotto delle aspettative, e saranno infine accontentati dal presidentissimo delle Rondinelle, quel Massimo Cellino che, a dispetto della sua immagine da burbero, verrà incontro al Diavolo mantenendo la parola data al ragazzo cresciuto con la maglia della Leonessa.

«Alla fine ricordo la telefonata di Maldini che mi dice: “Tranquillo, sei per la seconda volta un nuovo giocatore del Milan”. Lì ho messo il punto e sono ripartito». Una seconda chance annunciatagli direttamente dalla storia del Milan in persona. Lo stesso Paolo Maldini che, meno di un anno prima, approfittava della poca convinzione dei cugini attorno a Tonali per portarlo sulla sponda rossonera del Naviglio. Una storia, seppur iniziata con toni sbiaditi, poi salvata dalla conclusione positiva dell’affare col Brescia e da un Sandro che accetta di ridursi lo stipendio, pur di entrare definitivamente nelle file del Diavolo. Ecco allora la firma di un contratto che sulla carta indica una durata quinquennale, ma che nel cuore non porta alcuna data di scadenza.

I primi calci (e la fede) di Sandro

Semmai son ben chiari luogo e data di nascita del legame tra Tonali e il Milan. Una fede sbocciata in tenera età nella cornice di Sant’Angelo Lodigiano, il borgo situato nella bassa lombarda affacciata all’Emilia, nonché autentico feudo casciavìt. D’altronde nel comune attraversato dal fiume Lambro anche la squadra locale, l’ASD Sant’Angelo, porta i vessilli rossoneri, come a voler ribadire il senso d’appartenenza della comunità. Inoltre, neanche a farlo apposta, a pochi chilometri da qui si trova Caselle Lurani, il piccolo paese natio di Giovanni Lodetti, il mediano tutto cuore e polmoni del Milan di Rocco entrato per sempre nel pantheon rossonero quale icona del gregario in mezzo al campo. Proprio come Rino Gattuso, suo degno erede alcuni decenni dopo e idolo di un Sandrino che, sin dai primi calci a un pallone, vuole indossare la maglia numero 8 come lui.

 

Un incrocio, quello tra il piccolo Tonali e il Diavolo, sfiorato vestendo la casacca rossonera della Lombardia Uno, scuola calcio e centro tecnico affiliato al Milan, nel quartiere Barona del capoluogo meneghino. Qui la sua dote innata più apprezzata, oltre a un talento naturale, è la personalità mostrata sin dal principio. Una peculiarità che Sandro si porterà dietro anche negli anni di Piacenza e che non sfuggirà al suo primo allenatore delle giovanili del Brescia. Infatti, in un torneo di Lodi, mister Luca Balestri resterà ammaliato da quel ragazzino in maglia biancorossa che sfoggia una particolare intensità di gioco, impostando e rubando palla a ripetizione, unita alla sua “abilità di giocare non solo coi piedi, ma soprattutto con la testa”. Una maturità che tornerà buona per affrontare con serenità il precoce distacco dall’ambiente familiare e per apprendere il mestiere nel vivaio delle Rondinelle, dove inizia a giocare da mezzala proprio con il numero 8 sulle spalle.

 

Leader al Brescia, in Serie B e Serie A

«La Serie B mi ha fatto bene. Sono entrato in un momento in cui non c’era il VAR, in cui si fischiava molto poco e ho preso varie botte e pugni con palla lontana. Ho avuto discreti avversari che erano veramente tosti, da inizio a fine partita dei martelli. […] In Serie B c’è meno qualità, però c’è più voglia, più fame, veramente si lotta su ogni centimetro in cui sei capace di trovare 5 giocatori che ti vogliono mangiare tutto» (DAZN, Pioli e Tonali raccontano lo Scudetto).

 

Se è vero che chi lo ha sotto gli occhi quotidianamente vede in lui più un Gattuso, il carattere introverso di Tonali e quei capelli lunghi, oltre alla maglia azzurra con la V bianca, spostano il paragone da un punto di vista estetico, ed emotivo, su Andrea Pirlo. E in effetti, il passaggio dalla Primavera ai grandi coincide con la variazione di ruolo in regista, dove i suoi frequenti lanci lunghi portano inevitabilmente il pensiero della tifoseria a colui che calcava l’erba del Rigamonti una ventina d’anni prima. Tuttavia, buttato nel fango dei bassifondi della cadetteria, Sandro dimostra di avere una personalità tutta sua, oltre a una scorza dura nel resistere alla forza d’urto della manovalanza dei campi di provincia. Ricevendo e restituendo colpi in silenzio, il ragazzo si conquista la fiducia di compagni e vertici societari, dal capitano e bandiera Andrea Caracciolo fino al neopresidente Massimo Cellino.

 

Il superamento della prova del fuoco, grazie a una verve da veterano, e il contribuito decisivo a una faticosa salvezza, ottenuta all’ultima giornata, gli valgono il premio di miglior giovane della categoria. Un riconoscimento bissato nella prima stagione da protagonista, da fulcro del gioco della squadra di Corini, in un campionato contrassegnato dalla marcia trionfale delle Rondinelle, che volano in massima serie interrompendo un digiuno di 8 anni. Nel frattempo il nome di Tonali finisce sulla bocca di tutti e appena diciottenne Mancini lo convoca in Nazionale. Anche qui tutti parlano di un “nuovo Pirlo”, ma lui alla prima conferenza in azzurro spiazza la platea, con la sua consueta nonchalance, dichiarando candidamente di ispirarsi a Gattuso; e aggiungendo, inoltre, che il Milan è la squadra tifata sin da bambino.

Un incontro atteso a lungo, quello con i colori rossoneri, inframmezzato dall’esordio in A, in un’annata in cui Sandro rappresenterà una delle poche note liete in casa Brescia. Come per esempio con il gol su punizione che gela momentaneamente il Marassi rossoblù, da trasmettere in mondovisione quale biglietto da visita di un giocatore che, però, attira l’attenzione su di sé per tutto quanto il resto. Non sfugge agli addetti ai lavori che l’impatto con la massima categoria è affrontato con la medesima disinvoltura mostrata nelle giovanili e in cadetteria. Cambia il rango degli avversari, ma il ragazzo di Sant’Angelo è sempre lo stesso in mezzo al campo: avanza a testa alta quando c’è da impostare e interviene con le cattive quando c’è da bloccare il gioco altrui. Consapevole di ciò, la Leonessa se lo tiene stretto ancora per qualche mese, in attesa di lasciar andare un figlio ormai cresciuto a compiere il suo destino.

 Al Milan, dai margini al centro 

«L'ho voluta. L'ho sognata. L'ho chiesta. L'ho ottenuta. È la maglia del mio Milan». Con la realizzazione del sogno di approdare nel club del cuore, il futuro prossimo di Sandro sembra scritto. E poi c’è anche in dote la maglia numero 8 chiesta, con educazione, direttamente a Ringhio. Tuttavia, nel passaggio dalla provincia alla grande metropoli qualcosa va storto, tra prestazioni e atteggiamenti che mostrano una versione evanescente del Tonali “animale” (cit. Caracciolo) che aveva fatto irruzione tra gli adulti. Qui, a differenza di Brescia, il ragazzo si siede spesso in panchina e quando gioca, da titolare o subentrato, passa quasi inosservato non essendo più al centro del gioco. Semmai entra nel tabellino con un’espulsione in quel di Benevento, per un intervento in netto ritardo, oppure per un altro rosso collezionato in un impegno con l’Under-21.

Un’involuzione che coinciderà con la sua sparizione dai radar (presente solo in 4 spezzoni di gara nelle ultime 10 di campionato) e che, oltre a mettere in dubbio la sua permanenza al Milan, gli costerà pure una visione dell’Europeo dal divano. Da qui un’estate da incubo, interrotta dalla chiamata salvifica di Maldini e dal primo giorno di ritiro, affrontato con una nuova consapevolezza: il ragazzino con la faccia pulita da prima comunione, sbarcato a Milanello 10 mesi prima, lascia infatti il posto a un uomo con la barba affamato di rivalsa. Oltre al lato estetico, se ne accorge subito anche Stefano Pioli del cambio di mentalità di Sandro, il più maturato insieme a Leao all’alba della nuova annata. Che la musica sia cambiata, poi, lo noteranno pure i tifosi, gustandosi una sontuosa punizione contro il Cagliari nel debutto casalingo in campionato. Un primo gol in rossonero che per Tonali vuol dire un’autentica liberazione, e un agognato accesso al ruolo di protagonista rossonero.

Calcio piazzato a parte, un ingresso all’insegna di un parziale ritorno al giocatore delle giovanili (la mezzala che per temperamento assomigliava più a Gattuso) e che risolve una volta per tutte il forzato paragone con Pirlo, foriero di un confronto impari per chiunque. Adattatosi a un centrocampo a due e ad aggredire l’avversario come gli chiede il mister, il nuovo vecchio Sandro si alimenta di “fiducia e spensieratezza”, due condizioni dell’anima da lui stesso svelate, che crescono con l’importanza degli appuntamenti; a partire dal primo snodo della stagione, cioè la vittoria di Bergamo. Qui il mediano casciavìt appone la sua firma dopo un’azione manifesto della sua attitudine a sradicare palloni, ovvero sganciandosi dalla linea di centrocampo per andare a rubare la sfera sulla trequarti, freddando quindi il portiere con un preciso piattone.

Colonna rossonera, idolo della tifoseria

L'appetito di Tonali va di pari passo con quello di un Diavolo che macina 10 vittorie nelle prime 11 partite del torneo, mandando un messaggio forte e chiaro a tutti sulle proprie intenzioni. Seppure siano passati solo un paio di mesi da inizio stagione, questi sono più che sufficienti per proiettare il ventunenne di Sant’Angelo a perno insostituibile dell’undici di Pioli e ad autentico idolo della tifoseria, come testimonia la prima standing ovation al momento della sostituzione contro il Torino. «Non eravamo la squadra più forte del campionato, ma abbiamo dimostrato di poter fare qualunque cosa insieme». (DAZN, Pioli e Tonali raccontano lo Scudetto)

 

Del resto basta vedere la sua autorità nel muoversi lì in mezzo al campo, sia con la palla al piede che in fase di non possesso, dove l’aggettivo monumentale diventa sempre più un suo marchio di fabbrica, come suggerito da Carlo Pellegatti. Un portamento che ricorda quello dei grandi, perché fuori dal campo Sandro sarà anche introverso, ma dentro il rettangolo verde indossa inevitabilmente i panni del leader, come altre leggende della storia rossonera prima di lui. Anche se i paragoni sono ancora prematuri, il pensiero stupendo di vederlo futuro capitano e bandiera si fa sempre più vivo nella testa e nel cuore dei milanisti. Come durante gli ultimi minuti del derby di ritorno, con Tonali che irrompe a muso duro, e di mestiere, su Dumfries per lasciare Theo Hernandez libero di rialzarsi con calma e far così scorrere attimi preziosi di un match capitale per riaprire il discorso scudetto.

 

Sempre più icona di un Diavolo disposto a vendere cara la pelle, nonostante gli sfavori del pronostico, Sandro (insieme a Rafael Leao) si carica sulle spalle la squadra nel momento cruciale del campionato, proprio quando il calendario sembra sorridere ai nerazzurri. D’altronde le statistiche, che lo indicano tra i rossoneri dal rendimento più alto di tutta la stagione, non fanno altro che confermare quest’ascesa a simbolo di una fase di riscatto per l’intero ambiente milanista. Non stupisce allora che sia proprio lui a regalare la vittoria contro la Lazio, ultimo ad arrendersi in una gara disputata in un Olimpico per metà rossonero. Un colpo decisivo, sia per alimentare i sogni milanisti sia per mettere pressione a un’Inter che pochi giorni dopo cadrà fragorosamente al Dall’Ara, ufficializzando il primato del Milan senza più asterischi che tengano.

Corre Tonali, con tutto il fiato in corpo per spingere il suo Diavolo fino alla meta. Non si ferma neppure di fronte agli spettri della Fatal Verona, che vengono esorcizzati da quella fiducia e quella spensieratezza ormai straripanti. Nel giorno del suo compleanno il numero 8 si regala una doppietta, frutto dei suoi (ormai tipici) inserimenti innescati dagli affondi di Leao a cavallo delle due frazioni di gioco. Il resto è storia, con il Tricolore che prenderà definitivamente forma e sostanza nella bolgia rossonera di Reggio Emilia. Un trionfo atteso 11 lunghi anni, la perfetta chiusura di un cerchio per quel bambino che festeggiava il titolo per strada a Sant’Angelo Lodigiano, ora diventato colonna imprescindibile della sua squadra del cuore.

 

«Ridurmi lo stipendio per il Milan era stato il mio ultimo pensiero, come lo sarà il rinnovo. Perché è certo che io voglio stare qui, contratto dopo contratto. Sarebbe bello diventare una bandiera». (La Gazzetta dello Sport, 24 maggio 2022). A dire il vero, più che una conclusione, è affascinante credere che questo sia solo l’inizio di un romanzo così insolito nell’attualità, tanto per il Milan quanto per il calcio in generale. Perché viene da pensare che forse pure due rossoneri doc di un’altra Milano, come Beppe Viola ed Enzo Jannacci, guardando il volto di Sandro dal loro “Ufficio Facce” del bar, avrebbero collocato subito il ragazzo nella categoria delle icone casciavìt senza tempo.

 

Intanto anche Giovanni Lodetti, uno di quella categoria, nelle settimane che portavano allo scudetto si mostrava sorpreso della crescita di Sandro dopo la precedente anonima stagione. Chissà che la sua sorpresa non riguardasse anche il discorso fatto in una chiacchierata di qualche anno fa con Gianni Mura, in cui il Gioannin si chiedeva se i giocatori di quest’epoca fossero felici visto che hanno tutto in apparenza ma non la passione. Anche qui è bello credere che almeno Tonali possa avergli, e averci, fatto cambiare idea.

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