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Angel Di Maria in 7 momenti chiave© Juventus FC via Getty Images

Angel Di Maria in 7 momenti chiave

L'argentino raccontato attraverso le tappe decisive della carriera.

Annibale Gagliani

08.08.2022 ( Aggiornata il 08.08.2022 07:19 )

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L’ultima ala pura del gioco del calcio. Quando punta il terzino sulla fascia con doppi-passo, cambi di direzione, finte e veroniche, parte il ritornello di Caminito in vinile sul giradischi vintage. Nel momento clou della sfida, si inserisce dall’esterno annusando il filtrante del centrocampista, con l’obiettivo di fendere centralmente la retroguardia nemica. Non si accontenta solo di offendere: tesse le manovre di gioco grazie al suo mancino, perfetto per l’ultimo passaggio e magari anche per scaraventare dall’esterno dell’area la sfera all’incrocio dei pali opposto (sì, alla Del Piero). Potremmo definirlo una macchina d’assist, o un esterno d’assalto e governo.

Eppure, parliamo di uno Spaghetto (El Fideo), cresciuto a stenti e yerba mate nelle viscere di Rosario. Un metro e ottanta di leggerezza e nervi, orecchie a sventola – che eludono le prime pagine glamour –, due occhi, due polmoni famelici in grado di arare le linee laterali del campo con sacrificio e riempire di amor proprio i cuori dei tifosi. Il 7 o l’11 inamovibile dell’Albiceleste. 22 scolpito dietro la schiena nel club. Nella sua carriera, arrivata alle 34 primavere – seppur nessuno non riesca ad accorgersene, dato il rendimento altissimo –, Di María è stato respiro poetico, calciatore letterario come pochi altri.

1) La medaglia d'oro

Ángel sente di poter essere decisivo per i 45 milioni di argentini nel letto di un albergo lussuoso, a Pechino, la notte del 22 agosto 2008. Il giorno dopo, quante nubi grigie attorniano lo Stadio Bird Nest: finale del torneo olimpico tra Nigeria e Argentina. Intorno all’ora di gioco, giravolta di Messi vicino al cerchio di centrocampo, sulla sinistra. Imbeccata in profondità per lo Spaghetto, che sorprende la sbilanciata difesa nigeriana e parte come una freccia fiammante verso il fortino di Vanzekin in campo aperto. L’epilogo dell’azione è un cucchiaio mancino che vale la medaglia d’oro: una giocata che diventerà una delle specialità dell’ala con le ali.

2) Il gol all'AEK Atene

Le strade percorse durante l’infanzia sono complicate, lampeggiate dalla luna delle periferie più squallide. Il suo background lo offre al pubblico dell’Estádio da Luz di Lisbona poco prima del Natale del 2009, contro l’AEK Atene, in Europa League, servendosi di un colpo che rimane nella memoria collettiva delle aquile: inserimento centrale sulla trequarti, in corsa perpetua, tunnel al marcatore col mancino dorato e sempre con lo stesso piede rabona che fulmina portiere e difensore, insieme. Finalizzazione per palati fini, penserete: sono le giocate che offriva agli sventurati che lo guardavano tra la Casa di Che Guevara e la Cattedrale di Nostra Signora a Rosario, la capitale del calcio mondiale da più di trent’anni. Al Benfica frutta una sudatissima Primeira Liga.

Angel Di Maria Rabona Goal Benfica 2 1 AEK Athens - YouTube

3) Il Real, l'Atletico, la Decima

E poi Madrid, dall’estate del 2010. Il Santiago Bernabeu: come giocare sulla luna ardente, a piedi nudi. 36 reti in 190 presenze, il dribbling micidiale dall’esterno sinistro e talvolta destro con il colpo di interno collo all’incrocio ripetuto spesso, come il loop di un dj. Vagonate di assist per CR7, Higuain e Karim Benzema. Vince tutto quello che c’è da vincere, acquisendo le mentalità trasversali, da boss della tattica, di José Mourinho e Carlo Ancelotti. Per quest’ultimo, nel suo vecchio stadio, quello del Benfica, s’inventa la giocata che risolve ai supplementari il derby tra Real e Atletico nella finalissima di Champions del 2014: fascia sinistra, sulla trequarti, lo Spaghetto si beve in bombillas tre avversari con un cambio di direzione e una magia d’interno, per poi provare d’esterno mancino a segnare: Courtois para, ma sulla ribattuta Bale mette di testa il punto esclamativo del 2-1. Al termine dei 120 minuti è 4-1.

4) L'ottavo del mondiale 2014 contro la Svizzera

Brasile. Mondiale del 2014. Ottavi di finale tra Argentina e Svizzera. Gli uomini di Sabella sono reduci da un girone di prestazioni granitiche, ma fanno una fatica tremenda a sbloccare il match contro gli elvetici del vecchio volpone, Ottmar Hitzfeld, capace di sorprendere regolarmente quando è sfavorito. Ultimi due giri d’orologio nei supplementari, lo spettro dei calci di rigore fa tremare Messi e compagni. Palacio innesca un contropiede furioso, donando la palla verso il limite dell’area al 10, Leo, che la nasconde ai rossi crociati, vedendo con la coda dell’occhio lo Spaghetto: Di María, appena dentro gli ultimi sedici metri, sferra una carezza potente, di mancino, che si adagia con precisione all’angolino basso alla destra di Benaglio: 1-0 all’ultimo respiro. L’Albiceleste arriva fino in fondo al Mondiale vegliato dal Cristo Redentore e ingiustamente non lo vince, per mano dei tedeschi. Di Maria si fa male ai quarti e salta semifinale e finale: chissà come sarebbe andata a finire, quest'ultima, col Fideo in campo.

5) La parola a Di Maria: leader più che stella

Dopo una buona parentesi al Manchester United nella stagione 2014-15, l’unica senza titoli della sua carriera, El Fideo sigla un matrimonio di 7 stagioni con il Paris Saint Germain, conquistando 19 titoli nazionali e imponendosi come uomo squadra del club, nonostante non sia mai stato ritenuto la stella più scintillante: Ibrahimovi?, Cavani, Neymar Jr e Mbappé gli rubano ripetutamente la scena. Ma le 92 reti in 295 presenze con colpi da manuale poderosi come calci di punizione, tiri al volo da fuori area, gol su calcio d’angolo e serpentine perentorie dalla fascia all’interno, dicono il contrario. Il 5 agosto del 2019, Ángel sveste i pazzi della star e utilizza Instagram per lasciare un messaggio preciso, personale, alle stelle del PSG e ai critici transalpini che lo ritengono un “privilegiato”:

«Molte persone dicono che il calcio non abbia nulla a che fare con la vita. Non so quanto ne sappiamo della vita. Ma di calcio... non ne sanno niente! Cosa hai fatto lunedì? Sono andato ad allenarmi. Cosa hai fatto martedì? Sono andato ad allenarmi. Cosa ne sanno loro dei nervi tesi che non ti fanno dormire la notte prima della partita? Cosa ne sanno degli infortuni? Delle volte che hai corso per raggiungere l'autobus per non arrivare tardi agli allenamenti? Cosa ne sanno loro dall'ansia quando l'allenatore sta dando la formazione? Gli amici la domenica dormono, la tua ragazza ti dirà che non state mai insieme e i parenti ti diranno di pensare a studiare. Il calcio è sacrificio». Dura lex sed lex, se vuoi essere al top anche a 34 anni.

Dopo lo sfogo, lo Spaghetto diventa il leader caratteriale dello spogliatoio rouge-et-bleu e trascina, nell’agosto del 2020, per la prima volta i parigini in finale di Champions League dinanzi al Bayern Monaco, esibendo contro il Borussia Dortmund (andata e ritorno) e al cospetto di Atalanta e Lipsia (in gara secca) una padronanza atletica e tecnica che non lascia dubbi: è l’anno in cui la Coppa dalle grandi orecchie verrà esposta sulla Tour Eiffel. Nel suo Estádio da Luz, a Lisbona, nonostante danzi sul perimetro di gioco come Marinela Nunez al Teatro Colón, a vincere sono i bavaresi, nel peggiore dei modi, di misura, sporchissimi.

6) Il sigillo sulla Copa América

Ma la rivincita è dietro l’angolo. Copa América 2021, Brasile. L’Argentina si arrampica fino in finale al Maracanà, contro i padroni di casa, i rivali di sempre, il derby delle Americhe. Il masso sulle spalle degli uomini di Lionel Scaloni pesa quanto il Monumento Nazionale alla Bandiera: l’Albiceleste è reduce da 5 sconfitte nelle ultime 5 finali internazionali giocate in 12 anni e in particolare ha perduto le ultime due edizioni della Copa América (entrambe contro il Cile, entrambe ai rigori, nonostante nel 2016 proprio Di María abbia illuso tutti con la rete del vantaggio). Il 10 luglio 2021, a Rio de Janeiro, nel tempio di Pelé, la storia cambia per sempre.

Al ventiduesimo un lancio di Rodrigo de Paul, poco prima della mediana, mette in apprensione il terzino verdeoro, Lodi, che non si aspetta il pressing del numero 11, Ángel, abile nel controllo e lesto a incenerire Ederson con un pallonetto delizioso, di mancino, un lob tennistico che è la sentenza sul torneo. Le gambe dello Spaghetto si trasformano in «ali che sono la brusca notte» per gli avversari, trasformandosi in un verso di Jorge Luis Borges. L’Argentina rompe la maledizione con un tocco poetico, un battito d’ali: il celeberrimo taglio dalla fascia al centro.

7) Lo sbarco a Torino, per chiudere il cerchio

8 luglio 2022: Di María sbarca all’aeroporto di Torino Caselle. Il bianco e il nero avvolgono la sua pelle di guerriero della Pampa Umida: la Juventus, almeno per un anno, è l’occasione di crescita e miglioramento, come specificato da sua moglie Jorgelina Cardoso. Una mentalità da clonare. Arriva in Serie A dopo 243 assist e 154 gol in 675 partite e dopo la bellezza di 32 titoli tra cinque Paesi diversi e la Nazionale (gli manca solo il Mondiale, ma il Qatar è vicino e il Dio del calcio... chissà). Nelle pupille dei tifosi di Madama sono impresse le movenze circensi – mai fini a loro stesse –, i ribaltamenti di campo, le aperture luminescenti, fino all’inserimento a tu per tu contro Donnarumma (scherzato con il consueto cucchiaio mancino), della Finalissima di Coppa dei Campioni CONMEBOL-UEFA 2022 a Wembley in giugno.

«Quei cammini furono echi e passi», direbbe sempre il grande scrittore e poeta argentino, Jorge Luis Borges. Massimiliano Allegri, Andrea Agnelli e 14 milioni di bianconeri sparsi per il globo si augurano il medesimo cammino: tra echi e passi sull’Allianz Stadium, da vivere come le strade più diroccate della provincia di Santa Fe, che hanno fatto spiccare il volo all’ultima ala pura del gioco del calcio.

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