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L'epoca di Luciano Nizzola

L'epoca di Luciano Nizzola

Addio all'ex presidente di Lega e FIGC, oltre che dirigente del Torino, uomo chiave nel calcio italiano degli anni Ottanta e Novanta...

Stefano Olivari

21.07.2022 ( Aggiornata il 21.07.2022 14:59 )

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Con Luciano Nizzola se ne va una figura chiave del calcio italiano degli anni Ottanta e Novanta, un uomo scomparso dalla scena con il nuovo secolo. Dal 1982 al 1987 l’avvocato piemontese fu amministratore delegato di un buonissimo Torino, quello con Sergio Rossi presidente e Luciano Moggi direttore sportivo, prima di essere eletto presidente della Lega del dopo Matarrese e da lì, nel 1996, diventare numero uno della FIGC, dopo l’interregno di Pagnozzi seguito alla presidenza ancora di Matarrese.

Un dirigente, Nizzola, ricordato più per i modi gentili ed educati, in effetti una rarità non soltanto fra gli uomini di potere, che per le scelte effettuate. Anche se con lui a capo della Lega la Serie A passò, dal 1988, da due a tre stranieri per squadra, poi nel 1992 al tesseramento libero (ma con massimo tre a referto) e infine subì come tutti nel mondo gli effetti della sentenza Bosman. In quel periodo, nel 1993, un’altra svolta decisiva per il calcio italiano e cioè l’inizio delle dirette in pay-tv, con l’allora Telepiù: firmò lui il primo contratto, 50 miliardi di lire all’anno per un anticipo di B ed un posticipo di A ad ogni turno, in proporzione molti più soldi di oggi visto che in aggiunta fu un abile negoziatore con la RAI dei diritti per 90° Minuto e le altre trasmissioni. Nizzola fu anche, fra le altre cose, un grande sostenitore dei tre punti per la vittoria, che furono introdotti nel 1994. Ovviamente sono tutte cose che si sarebbero fatte anche senza Nizzola, che però da artista della mediazione le fece bene. 

Da presidente della FIGC (fra i consiglieri l'attuale presidente Gravina) incise sull'aspetto sportivo con la nomina di Dino Zoff a commissario tecnico della Nazionale, dopo il Mondiale 1998 con Cesare Maldini in panchina (altri tempi: venivano considerati deludenti i quarti di finale di un Mondiale persi contro la Francia per un tiro, quello famoso di Baggio, finito fuori di un centimetro). Sua anche la meno felice scelta di Trapattoni, dopo le clamorose e mai davvero chiarite dimissioni di Zoff in seguito ad Euro 2000, e di Carolina Morace come c.t. delle donne. La sua carriera politico-sportiva finì proprio nel 2000, nonostante fosse sostenuto dalla Lega, in un lungo duello con Giancarlo Abete che per un breve periodo portò anche al commissariamento da parte di Petrucci.

Insomma, Nizzola non aveva la fama né l’aspetto del decisionista, ma si è trovato al vertice del calcio italiano in anni importantissimi, quando il calcio italiano era leader nel mondo a livello finanziario e sportivo, guardando sia i club sia la Nazionale. Non che tutto questo fosse merito di Nizzola, però i poteri forti ed anche quelli deboli dell’epoca lo ritenevano adeguato per guidare il movimento ed in fondo proprio questa è la principale critica che si muoveva a Nizzola: quella di sembrare l'espressione del potere dei grandi club, in particolare Juventus (dove nel frattempo era salito al potere l’amico Moggi) e Milan che poi facevano digerire le loro decisioni a tutti gli altri. Certo in un periodo in cui c’erano soldi per tutti, classe media e sudditi, era più facile.

Il miglior Nizzola calcistico è stato probabilmente il dirigente del Torino, lui vero cuore granata: cinque stagioni di ottima gestione, con grandi colpi come Junior, Schachner e Kieft, senza contare il ritorno dell’amatissimo Radice, e la valorizzazione dei tanti talenti del vivaio: punto più alto il secondo posto nella stagione 1984-85, alle spalle del Verona di Bagnoli, con una squadra memorabile: Dossena, Serena, Junior, Schachner, Francini e ancora con in campo una bandiera come Zaccarelli. Con grande stile la sua uscita di scena, dopo qualche anno nella giunta CONI dal 2005 nessuno aveva più sentito parlare di Nizzola. 

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