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L'importanza di Maldini© LaPresse

L'importanza di Maldini

L'architetto del Milan, la Supercoppa in Arabia, l'Europa dell'Atalanta, il miracolo della Salernitana e l'Udinese senza Cioffi

Stefano Olivari

23.05.2022 ( Aggiornata il 23.05.2022 17:55 )

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Lo scudetto del Milan, il primo dopo Berlusconi, ha tanti volti che potrebbero essere collocati in qualsiasi squadra del calcio di oggi, come purtroppo è normale. Ma uno è di sicuro coincidente con il Milan stesso, ed è quello di Paolo Maldini. Che in quattro anni da dirigente ha recuperato tutto il tempo perduto ed ha messo il suo marchio sul trionfo. Quando nel 2018 tornò al Milan era appena iniziata l’era di Elliott, che aveva scelto Leonardo come uomo per la ricostruzione. E il brasiliano per la parte sportiva aveva puntato subito sul cinquantenne Maldini, reduce da 9 anni di fatto di inattività dopo il ritiro dal calcio giocato (sarebbe anche tornato prima, ma c'era il suo antipatizzante Galliani). Un Maldini apprendista, tanto è vero che quasi tutte le scelte tecniche di quella stagione furono di Leonardo. Non proprio paritario, ma comunque più stretto il rapporto con Boban: di Maldini la scelta di Giampaolo allenatore, di entrambi quella di Pioli e del ritorno di Ibrahimovic, cioè le due mosse che hanno permesso la creazione del Milan di oggi. Poi la guerra a Rangnick, che Gazidis aveva individuato per impostare un nuovo Milan, senza Pioli e quasi certamente senza Maldini. Tutti incastri che sono andati bene, compresa la brutta separazione da Boban che ha permesso a Maldini di avere davvero in mano la gestione sportiva. E da quel momento ha sbagliato pochissimo, in relazione al budget, quasi nessuna entrata e in uscita soltanto la gestione dei casi Donnarumma, Calhanoglu e Kessié: impossibile trattenere giocatori contro la propria volontà, possibile trovare un compromesso per non far perdere al Milan una settantina di milioni. Facile anche compilare la ben più lunga colonna dell’attivo, da Theo Hernandez a Rafael Leão in giù. Uno dei più grandi calciatori di sempre è diventato un grande dirigente, ruolo in cui si fa davvero la differenza. Senza domenticare il poco citato Massara ed il quasi invisibile Moncada, anche loro superdecisivi. 

La Supercoppa fra Milan e Inter si giocherà a San Siro, come Inter-Juventus dell'ultima edizione? No, sarebbe troppo facile e troppo giusto. Il derby di Supercoppa si giocherà a gennaio in Arabia Saudita, come nelle ultime due edizioni pre-Covid, essendoci ancora un anno di contratto da onorare. Poi si spera che la Lega riesca a rendere profittevole anche il giocare in Italia. 

La volata scudetto vinta dal Milan sull’Inter non deve far dimenticare che nell’ultimo fine settimane altre squadre si sono giocate il loro futuro. Fra queste Lazio e Roma, qualificate per l’Europa League e nell’estate scorsa messe, secondo noi giustamente, sullo stesso piano del Milan. Insomma, hanno fatto un po’ meno del loro. In un mondo dove tutto è comunicazione il quinto posto di Sarri sembra però quasi un fallimento ed il sesto di Mourinho un trionfo… La grande delusa è di sicuro l’Atalanta, che non è riuscita nemmeno a raggiungere la Conference League (ci è andata la Fiorentina) e che per la prima volta nell’era Gasperini è fuori dall’Europa. L’addio di Sartori è un cattivo segnale, ma l’ambiente è di quelli giusti anche se non bisogna mai dimenticare che i titolarissimi dell’Atalanta guadagnano meno delle riserve di Milan, Inter e Juventus. La critica deve sempre partire da un’occhiata a quanto si spende.

La salvezza della Salernitana ha quasi dell’incredibile, considerando la situazione tecnica alla fine dell’era Lotito, i cambiamenti di allenatore e di rosa voluti da Sabatini e le sorprese delle ultime giornate, con la più grande di tutte che è stata la mancata vittoria del Cagliari con il Venezia, risultato che avrebbe mandato in B la squadra di Davide Nicola, travolta all’Arechi dall’Udinese. La quinta salvezza in A di Nicola, forse l’impresa più impresa di tutte: c’è che chi dice che i Nicola non possano allenare il Real Madrid, ma siamo sicuri che nemmeno Ancelotti avrebbe tenuto in A la Salernitana. Per cui adesso si apre una nuova era, con l’entusiasmo, i soldi e le strategie mediatiche di Iervolino: forse sta per nascere una nuova realtà di media grandezza. Quanto al Cagliari, ogni errore era stato fatto da Giulini con il senno di prima e a maggior ragione con il senno di poi: una retrocessione decretata da un pessimo spogliatoio, soprattutto nel girone di andata, ma anche da un po’ di sfortuna fino a quando c’è stato Mazzarri.

A proposito di Salernitana, l’Udinese non ha la fama di essere fra le squadre più combattive a fine stagione ma a questo giro si è comportata con onore. Il sogno di Pozzo è quello di essere come l’Atalanta: plusvalenze vere, entusiasmo popolare vero e risultati veri. Ma di sicuro è difficile costruire qualcosa se ogni allenatore è in bilico. Mentre scriviamo queste righe Cioffi è già saltato.

 

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