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L'ultimo albergo del Napoli© LAPRESSE

L'ultimo albergo del Napoli

L'occasione di Spalletti, il processo a Immobile, le sconfitte in coda, i soldi di Commisso e la Serie C senza il Catania.

Stefano Olivari

11.04.2022 ( Aggiornata il 11.04.2022 12:20 )

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Il relativo suicidio del Napoli, relativo per i meriti della Fiorentina e suicidio perché questa per Spalletti era la stagione da ora o mai più, quasi un ultimo treno per la sua carriera, ha emesso l’ennesima sentenza definitiva, super-definitiva, da smentire magari fra pochi giorni: e cioè che lo scudetto sembra un affare per Milan e Inter. La squadra di Pioli nella sua versione spenta ha pareggiato sul campo del Torino, che contro le grandi ha quasi sempre giocato bene, e quella di Inzaghi ha contro il Verona trovato una partita almeno come spirito degna dei mesi in cui volava. Il Napoli non è riuscito a sfruttare la forma di un Osimhen stellare, con i viola ha rivissuto l'incubo di 4 anni fa (lo scudetto di Sarri perso in albergo), e adesso si trova a dipendere dalle eventuali disgrazie degli altri. Milan e Inter sono invece senza attaccanti in forma, e devono per forza cambiare pelle rispetto alle loro migliori versioni: difficile dire, se non per i punti di vantaggio (nel caso nerazzurro punti virtuali), cosa abbiano più del Napoli o addirittura della Juventus, che in fondo è adesso a 6 punti dal Milan ed ha un passo da scudetto. I discorsi sono i soliti, su tutti quello che l’impegno delle squadre senza più obbiettivi farà la differenza anche più che nel passato, perché Milan, Inter e Napoli sono da tempo in calando e possono soffrire anche contro squadre inferiori. Ha sempre funzionato così? Un buon motivo per smarcarsi dal passato, con playoff o incentivi veri per chi sta a centro classifica. 

Con la tripletta al Genoa il quattordicesimo posto nella classifica marcatori di Serie A di tutti i tempi è diventato di Ciro Immobile, con 179 gol di cui 147 con la maglia della Lazio. Superato quindi Boniperti, cosa meno importante (perché ai tempi di Boniperti gli attaccanti subivano ogni sorta di intimidazione, in trasferta erano quasi eroi) di aver superato lo shock da eliminazione mondiale, con Immobile fra i principali imputati per chi pensa che l’Italia di Mancini abbia un gioco strepitoso ma le manchino soltanto gli attaccanti. Stiamo parlando di una nazionale che ha perso sì con la Macedonia, ma dopo non essere riuscita a battere Svizzera, Bulgaria e Irlanda del Nord. Come sempre avviene in questi casi, critica e pubblico se la prendono con i pochi decenti invece che con i tanti indecenti. Per quanto riguarda i numeri, invece, la media gol a partita di Immobile è inferiore soltanto a quella di Nordahl. Certo il trentaduenne Immobile rimarrà con un solo Mondiale giocato (Nordhal nemmeno quello, per colpa della federazione svedese che nel 1950 non volle in nazionale i professionisti), ma il processo agli ultimi 9 mesi di Nazionale deve ancora essere fatto. E l’imputato non può essere Immobile.

In coda perdono tutte, con gradi di colpa diversi. Il Cagliari contro la Juventus ha trovato, pur giocando bene, la quinta sconfitta consecutiva, ma il Venezia beffato dall’Udinese ed il crollo del Genoa contro la Lazio permettono a Mazzarri, con tre punti di vantaggio proprio su Venezia e Genoa, di dipendere soltanto dal rendimento della propria squadra: che dopo il Sassuolo avrà Genoa, Verona, Salernitana, Inter e Venezia. Come a dire: due squadre demotivate ma forti come Sassuolo e Verona, le tre che lottano per spedire il Cagliari in B e l’Inter in corsa per lo scudetto. Il Genoa ha uno scontro diretto solo, quello appunto con il Cagliari, ma anche Milan, Juventus e Napoli e la Sampdoria non ancora salva. Per Blessin l’unica partita contro un’avversaria senza obbiettivi sarà l’ultima, contro il Bologna, che però se ha tolto punti al Milan può farlo anche con il Genoa. Il Venezia invece deve affrontare Fiorentina, Atalanta, il recupero con la Salernitana, Juventus, Bologna, Roma e all’ultima giornata il Cagliari in casa, in una partita che potrebbe essere sportivamente drammatica. Quando ci sono obbiettivi il calcio è sempre interessante, non occorre Manchester City-Liverpool.

Ha fatto molto discutere la classifica di Forbes sui più ricchi azionisti di maggioranza dei club, anche se è una classifica da asteriscare perché non tiene conto di chi ha dietro interi stati, come nel caso di Manchester City e PSG. Senza stare a copiarla, passiamo subito ad una banale considerazione: avere tanti soldi non significa vollerli bruciare nel calcio. Se no l’Oviedo di Carlos Slim sarebbe il club più ricco del pianeta, e il Rennes di Pinault giocherebbe per vincere la Champions League, così come il Lipsia del signor Red Bull. I più ricchi dei proprietari di squadre italiane sono gli indonesiani Hartono, del Como, mentre il più ricco della Serie A è Rocco Commisso, che in effetti nei suoi due anni e mezzo alla Fiorentina di soldi ne ha messi. Ma certo è che i proprietari-tifosi sono sempre di meno, con tutto ciò che di male ne consegue in termini di garanzie e di controllo sociale.

L’esclusione del Catania dalla Serie C, dopo il fallimento dichiarato dal tribunale lo scorso dicembre e questi mesi di esercizio provvisorio alla ricerca di acquirenti, è una delle tante pagine nere di questa categoria ormai priva di senso, al di là dei discorsi sulla sostenibilità che potrebbero finire subito, contando le decine di club scomparsi e le innumerevoli penalizzazioni degli ultimi anni. Non dipende dall’avere 60 squadre invece di 40 o 80, ma dalla filosofia che si vuole dare alla C. Calcio di provincia ancorato al territorio (come direbbe la realtà), palestra per i giovani (come direbbero i contributi federali per l’utilizzo degli Under 23, che hanno creato alcuni mostri), area di parcheggio per giocatori controllati dai grandi club (ma dopo tanto parlare si è presentata soltanto la Juventus), succursale di realtà più ricche (come direbbero alcune regole, come quella sui giocatori ‘temporanei’)? Nel mondo del 2022 il professionismo assistito non può esistere. E comunque il Catania poteva essere cancellato anche fra un mese, visto che la sua agonia si trascina da anni. 

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