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Originalità di Dybala© Juventus FC via Getty Images

Originalità di Dybala

Lo scenario cambiato da Vlahovic, la denuncia di Nicolato e il futuro di Sarri

Stefano Olivari

22.03.2022 ( Aggiornata il 22.03.2022 11:00 )

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Paulo Dybala e la Juventus si separano dopo sette anni, anche se in teoria non sarebbe detta l’ultima parola. Per la verità il club bianconero non ha detto alcuna parola, nel senso che non ha fatto all’argentino alcuna offerta, nemmeno al ribasso: e pensare che lo scorso ottobre l’accordo per il prolungamento era stato raggiunto, con firma rimandata soltanto per un problema amministrativo dell’agente di Dybala, poi risolto in gennaio. È chiaro, come ha detto Arrivabene, che Vlahovic ha cambiato lo scenario, ma questo non toglie che Dybala sia il calciatore più amato della Juventus, fra i più spendibili a livello di marketing, oltre che un giocatore che da sano è (era?) fra i migliori del mondo nel suo ruolo. Di più: è un giocatore di Allegri e da Allegri, non a caso la Juventus tentò di cederlo nell’estate 2019, appena dopo l’esonero di Allegri, con lo scambio Dybala-Lukaku con il Manchester United che saltò soltanto per volontà di Dybala. Le infinite sliding doors del calcio: con il Lukaku 2019 alla Juventus, anche alla Juventus allenata da Pirlo, la striscia vincente di scudetti sarebbe adesso a 10 e Paratici sarebbe ancora sul ponte di comando evitandosi errori di mercato e figure come quella dell’esame di Suarez a Perugia. Poi se Dybala non si chiamasse Dybala saremmo qui a dire che si tratta di un giocatore di quasi 29 anni, con un ingaggio altissimo ed un ruolo che tatticamente condiziona troppo, per non parlare della serie di piccoli infortuni che ormai quasi regolarmente lo mette fuori dai giochi nella fase decisiva della stagione, cioè quella della fase ad eliminazione diretta della Champions. Insomma, la Juventus ha fatto la sua scelta, in un divorzio tutt'altro che consensuale. L’aspetto originale di tutta la vicenda è che, diversamente da mille casi analoghi, in questo caso non può funzionare lo schema mediatico del ‘traditore’. I tifosi, della Juventus e di tutte le altre squadre, ci pensino quando un calciatore penserà soltanto ai suoi interessi. 

Roberto Mancini sostiene di non avere un piano B, nel senso che nemmeno vuole pensare ad un’Italia fuori dal Mondiale. Però potrebbe anche essere che gli azzurri la qualificazione non se la giochino contro il Portogallo, che contro la Turchia sarà senza tre quarti della difesa titolare. Discorsi prematuri, mentre drammaticamente attuale è quello di Paolo Nicolato sui giovani della Serie A. Nella massima categioria ci sono infatti 2,7 giocatori italiani convocabili per l’Under 21, e quasi sempre sono ai margini della rosa, visto che sono in campo soltanto per il 4% dei minuti disponibili. La soluzione immediata, praticata dal c.t. dell’Under 21, è quella di pescare in B, ma in alcuni ruoli, in particolare in attacco, la situazione è drammatica, avendo nel giro soltanto due di Serie A (Cancellieri e Yeboah) e certo non da protagonisti. La triste ideologia del ‘Tanto peggio tanto meglio’ direbbe che l’Italia di Mancini fuori dai Mondiali farebbe riflettere su ciò che c’è dietro, ma se questo non è accaduto quattro anni fa non si capisce perché dovrebbe avvenire adesso. La riluttanza a lanciare i giovani italiani è figlia di varie situazioni, prima fra tutte che quasi nessun allenatore può davvero lavorare per il futuro, nemmeno quelli di squadre da centroclassifica. Interessante a questo proposito è la statistica del CIES sulla permanenza media in panchina nei campionati di tutto il mondo: si va dai 772 giorni della Premier League ai 384 della Serie A, parlando di tornei top, passando dai 628 di Bundesliga, i 617 della Liga e i 385 della Ligue 1. Ma ovviamente dietro a questa crisi di vocazioni e di utilizzo c'è anche molto altro, non solo allenatori sull'orlo dell'esonero. 

Quale futuro per Maurizio Sarri? Il derby straperso, anche per qualche episodio girato male (il rigore su Milinkovic non fischiato, per dirne uno), è l’occasione per un bilancio. Che è piuttosto semplice, andando oltre le statistiche: una Lazio gestita alla Lotito, ma viene da dire anche alla Tare, con occasioni ed opportunità che vengono colte al momento, non può essere il progetto che Sarri pretende e che probabilmente gli era stato anche promesso, se si pensa ai discorsi (fatti da Lotito...) sul prolungamento praticamente a vita del contratto. Senza contare il fatto che nel 2022 le ‘opportunità’ sembrano tutte in uscita, fra mancati rinnovi come Luiz Felipe e cessioni quasi obbligate come Milinkovic e Luis Alberto.

 

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