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La scoperta di Prohaska©  Bartoletti

La scoperta di Prohaska

Il primo giugno di quarant'anni fa il centrocampista della nazionale austriaca si presentava a Fraizzoli e ai suoi nuovi compagni dell'Inter. Primo straniero nerazzurro dalla riapertura delle frontiere, uno degli undici della Serie A della prima ondata...

Stefano Olivari

30.04.2020 ( Aggiornata il 30.04.2020 18:40 )

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Il primo maggio di quarant’anni fa l’Inter presentò Herbert Prohaska, ma soprattutto Prohaska si presentò all’Inter. La squadra nerazzurra, appena diventata campione d’Italia nell’ultimo campionato di Serie A riservato a soli giocatori italiani, per entrare nel mercato internazionale scelse infatti come straniero il venticinquenne centrocampista dell’Austria Vienna, che arrivò in Italia a stagione ancora in corso, il giorno della festa del lavoro del 1980.

L’arrivo di Prohaska all’Inter fu il frutto di una serie di coincidenze. Prima di tutto il club di Fraizzoli aveva lasciato cadere l’anno prima l’opzione su Platini, per vari motivi ma primo fra tutti i tanti soldi che doveva pagare al francese per tenerlo legato, quasi un ingaggio da Platini. Che nel 1979 era passato dal Nancy al St. Etienne ed in Italia sarebbe venuto solo nel 1982, con la Juventus. La seconda coincidenza è che Prohaska era seguito dal Milan e piaceva molto al Rivera dirigente, al punto che a inizio 1980, ben prima dell’esplosione del calcioscommesse, il presidente Colombo lo aveva contattato andando contro il volere di Massimo Giacomini, visto che all’allenatore avevano parlato bene di un certo Falcão.

La curiosità è che quasi tutti i club di Serie A erano contrari alla riapertura delle frontiere, addirittura in un’assemblea di Lega di gennaio votarono per il sì soltanto Juventus, Milan, Napoli e Udinese, per il no gli altri e tutta la Serie B (la Lega era unica). A spingere per il ritorno degli stranieri, magari anche soltanto comunitari, era quello che allora si conosceva come MEC (l’Unione Europea di oggi), con il presidente federale Franchi molto favorevole. Insomma, l’Inter non voleva stranieri né tantomeno Prohaska. Poi la linea Franchi prevalse, come al solito, e il club nerazzurro iniziò a guardarsi intorno.

Sandro Mazzola, uomo mercato insieme a Giancarlo Beltrami, aveva una predilezione per Hansi Müller, che dopo un incontro con i coniugi Fraizzoli prese tempo, perché non voleva lasciare lo Stoccarda prima del Mondiale spagnolo. Siccome Bersellini voleva un regista, Mazzola e Beltrami decisero di virare su Prohaska e ad inizio marzo l’operazione fu definita. Mancava solo la firma, come nelle peggiori storie di calciomercato, anche perché l’apertura ufficiale agli stranieri non era ancora stata sancita. L’Inter continuò a trattare Müller e provò a ricostruire un rapporto con Platini, mentre Prohaska friggeva vedendosi considerato una seconda scelta, accettando il corteggiamento del Leeds e quello di Helenio Herrera, alla sua seconda incarnazione come allenatore del Barcellona. Alla fine fra tanti obbiettivi quasi dichiarati (Paolo Rossi, Collovati, Causio al quale arrivare scambiandolo con Muraro) ai media l’unico concreto si sarebbe rivelato Prohaska.

L’austriaco arrivò quindi il primo maggio insieme alla moglie, conobbe i nuovi compagni freschi di festeggiamenti e poi nel tardo pomeriggio si presentò per l’aperitivo a casa Fraizzoli, in via Mellerio (non lontana dalla sede dell’Inter, ai tempi in Foro Bonaparte), destando una buona impressione umana. Il sì definitivo di Fraizzoli, unito all’ufficialità del nuovo corso sugli stranieri, portò ai contratti: un miliardo di lire all’Austria Vienna e 200 milioni a stagione a Prohaska fino al 1983. Dopo due buone stagioni, con semifinale di Coppa dei Campioni e vittoria in Coppa Italia, Prohaska sarebbe andato alla Roma per vincere lo scudetto, insieme a quel Falcão con il quale era stato in concorrenza al Milan. In quell'estate 1982 l'Inter avrebbe coronato il sogno Hansi Müller.

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