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L'Italia di Thomas Haessler

L'Italia di Thomas Haessler

Trent'anni fa il campione tedesco annunciava il suo passaggio alla Juventus, tre mesi prima di diventare campione del mondo in quell'Olimpico che sarebbe diventato la sua casa...

Stefano Olivari

17.04.2020 20:24

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Thomas Haessler, lo scriviamo all’italiana (in realtà la grafia corretta sarebbe Haßler) e come l’abbiamo conosciuto, è stato forse più sottovalutato campione nella storia del calcio tedesco: eppure 101 presenze, sommando Germania Ovest e Germania unita, in una nazionale piena di campioni, più un Mondiale e un Europeo vinti da titolare e in un ruolo da vetrina, quello del centrocampista offensivo, dovrebbero bastare almeno per entrare nel circuito delle rievocazioni. Una parziale spiegazione di questo atteggiamento mediatico risiede in un’altra peculiarità della carriera di Haessler: a livello di club non ha mai vinto niente, tranne una delle tre finali (…) della Coppa Intertoto 1996 con il Karlsruhe.

Eppure il 17 aprile del 1990 Haessler era sicuro di avere fatto la scelta giusta. Quella sera infatti venne ufficializzato il suo passaggio dal Colonia alla Juventus per 15 milioni di marchi, 11 miliardi di lire dell’epoca. Perché di sera? Perché poco prima il ventiquattrenne berlinese aveva guidato il Colonia verso la rimonta nella semifinale di ritorno di Coppa UEFA, proprio contro la Juventus. All’andata i bianconeri di Zoff avevano vinto 3-2, subendo nel finale i gol di Götz e Sturm, ed il ritorno con la squadra allenata da Daum si presentava difficile. Il Colonia, trascinato da un super Haessler che vinse il duello con De Agostini, dominò e fece più volte traballare la difesa di Dario Bonetti e Pasquale Bruno, ma quella sera Tacconi fu bravissimo e nel finale addirittura miracoloso su Götz. Per la Juventus 0-0 e biglietto per la finale poi vinta contro l’ultima Fiorentina di Baggio, per Haessler l’inizio della sua avventura italiana.

Che ebbe la spinta anche di un Mondiale vinto da protagonista, prima di raggiungere Maifredi nel club che lo aveva sgrappato alla concorrenza della Roma di Viola. Il tedesco era uno dei due stranieri della Juventus (che rinunciò a tesserare il terzo, davvero altri tempi) insieme a Julio Cesar e come tutti gli altri fu inghiottito da quella stagione sfortunata e poi messo alla porta senza avere più colpe di altri. La Roma lo acquistò immediatamente per 12 miliardi di lire e nella Capitale con tre allenatori diversi in tre anni (Ottavio Bianchi, Boskov e Mazzone) fece molto bene ma la squadra non andò oltre una finale di Coppa Italia persa contro il Torino di Mondonico e Scifo. Così l'unico trofeo alzato all'Olimpico sarebbe rimasta 'soltanto' la Coppa del Mondo, l'8 luglio 1990 dopo l'orrida finale con l'Argentina, con la Germania Ovest a creare pochissimo nonostante fosse a trazione super-offensiva: Haessler, Matthaeus e Littbarski dietro a Klinsmann e Voeller. 

A Roma in quegli anni di transizione societaria Haessler era diventato un punto di riferimento dei tifosi, che ancora ricordano i suoi gol a Inter, Juventus e soprattutto Lazio, e anche per un giovanissimo Totti. Che magari si sarà ispirato a lui per i calci di punizione, visto che Berti Vogts sosteneva che Haessler li tirasse come Platini. Nel 1994 Haessler arrivò con il contratto in scadenza, avrebbe voluto rimanere ma con l’arrivo di Moriero (il tedesco aveva sempre alternato pozione centrale a fascia destra) gli venne comunicato senza troppa diplomazia che non c’era più bisogno di lui. Un titolare della nazionale tedesca, in una squadra appena arrivata settima… Un deluso Haessler rimase disoccupato di lusso per qualche settimana e poi decise di tornare in Germania, ma in patria fu ignorato dai grandi club, tranne che dal Borussia Dortmund per poche partite. Sottovalutato anche lì: forse per l’1.66 di statura, forse per il non essere abbastanza personaggio. Di sicuro Beckenbauer e Vogts, due che nel calcio qualcosa hanno fatto, mai avrebbero fatto a meno di lui.

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