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I tre mesi di Davide Nicola© Juventus FC via Getty Images

I tre mesi di Davide Nicola

L'Udinese per sostituire Velazquez ha scelto un allenatore con idee più chiare e una filosofia in parte controcorrente rispetto a quella dei tanti che straparlano di progetto e tempi lunghi...

Stefano Olivari

14.11.2018 09:42

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Contro l'Udinese, quasi un anno fa (era il 6 dicembre 2017), Davide Nicola presentava le sue dimissioni dalla carica di allenatore del Crotone. E con l’Udinese, al posto della scommessa (low cost, ma persa) Velazquez, riparte. Con un contratto fino al 2020 e il chiaro mandato di ridare un’identità a un gruppo che sulla carta non sarebbe da retrocessione. Una meritata opportunità per un allenatore ancora considerabile giovane, avendo 45 anni, e che ha fatto bene quasi ovunque: al Lumezzane, al Livorno (promozione in A) e al Crotone (salvezza in A con eroica rimonta, due stagioni fa). Controversa l’esperienza al Bari, chiusa con un esonero prematuro. Di certo questa chance all’Udinese è quella che darà una direzione definitiva alla sua carriera. Ma qual è la filosofia di Nicola e perché all'Udinese dovrebbe fare meglio di Velazquez?

Al di là delle interviste pre o post partita, qualche mese fa abbiamo avuto l’opportunità di conoscere Nicola al di fuori del mondo del calcio seguendo una sua conferenza all’Università Cattolica di Milano. In teoria uno dei tanti incontri in cui personaggi dello sport spiegano come si gestisce un gruppo, in pratica un interessante spaccato di come davvero funzioni uno spogliatoio professionistico, in squadre buone ma non da Champions League. Un calcio che Nicola ha frequentato tantissimo anche da giocatore. I capisaldi del Nicola-pensiero, che ha nei periodi fra una squadra e l’altra si è molto aggiornato, sono tre. Il primo è che non occorrano anni per creare un ambiente coeso: conosciuti i caratteri dei giocatori, dopo una serie di incontri individuali, secondo Nicola non servono più di tre mesi, a volte anche meno, per far marciare la squadra nella stessa direzione. Un’idea che senz’altro sarà piaciuta ai Pozzo e che senz’altro si adatta al calcio moderno, in cui i cosiddetti grandi cicli sono rarissimi.

La seconda idea forte di Nicola è quella delle scelte. Si usa dire, anche per il quieto vivere, che si hanno a disposizione 25 titolari, ma questo non è vero. E nell’Udinese lo è ancora meno che nella Juventus. Nicola ritiene che la presenza di un undici titolare, o comunque che si stacchi dal resto della rosa, sia per chi ne sta fuori più motivante di una situazione di incertezza costante. La terza idea discende in parte dalla seconda: non tutti i giocatori possono essere trattati allo stesso modo, per questo Nicola crede molto ad un approccio individuale e privato con ognuno dei componenti la rosa e di chi a qualsiasi titolo fa parte dell’ambiente. Come sensazione, quindi, Nicola potrebbe trovarsi meglio, per meri motivi di comprensione, con gli italiani che con gli stranieri. Ma nell'Udinese gli italiani con realistiche possibilità di mettere piede in campo non sono più di cinque...

Dal punto di vista tattico Nicola è un amante del 4-4-2, il modulo più di pronto intervento per un allenatore costretto a fare risultato in tempi brevissimi, anche se la sua carriera dice che ha giocato in modi diversi: con la difesa a tre a Lumezzane e Livorno, con il 4-3-3 a Bari. Di certo, come lui stesso ha spiegato, non è schiavo del mito del possesso palla che molti allenatori anche di realtà pericolanti inseguono per sembrare più moderni: il suo calcio è verticale, difficilmente vedremo Musso o Scuffet che giochicchiano con i difensori per avanzare di tre metri dopo venti passaggi rischiosissimi. Conclusione? Anche gli allenatori più intelligenti sanno che la loro sopravvivenza dipende dai risultati.

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