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Cassano senza rimpianti© LAPRESSE

Cassano senza rimpianti

Il ritiro definitivo dopo qualche giorno di allenamenti con l'Entella impone di fare un bilancio della carriera di questo grande talento, che alla fine ha più o meno ottenuto ciò che ha meritato...

Stefano Olivari

14.10.2018 13:16

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Pochi giorni di allenamenti veri con l’Entella hanno convinto Antonio Cassano a smettere definitivamente con il calcio, dopo i due mezzi ritiri del 2017, quello dopo la risoluzione del suo contratto con la Sampdoria e quello pochi giorni dopo la firma con il Verona, in circostanze non tanto diverse da quelle attuali, anche se a Chiavari non aveva firmato contratti e soprattutto era vicino a casa. Non è in fondo curioso che un calciatore di 36 anni lasci il campo, anzi fa semmai impressione il trascinarsi più mediatico che sportivo di certe vecchie glorie, ma è curioso che ogni discorso su Cassano venga impostato sui rimpianti per ciò che sarebbe potuto essere e non è stato. Un meccanismo in parte alimentato dallo stesso Cassano, che fra il serio e il faceto sostiene di essere tecnicamente inferiore soltanto a Messi. Ma che proprio nella sua lettera di addio, con toni più da ghost writer che da Cassano, ha rifiutato, ringraziando anzi il calcio che lo ha tolto dalla strada e asserendo di non avere rimpianti. Dal nostro punto di vista la domanda rimane una: Cassano avrebbe potuto fare di più?

La risposta è sì, come del resto tutti gli esseri umani e in particolare i calciatori, per i quali trovarsi al posto giusto nel momento giusto non solo è importante, ma spesso è l’unica cosa che conta. Ma non è che Cassano sia stato particolarmente penalizzato dalla sorte, visto che ha avuto chance che pochi talenti del calcio italiano hanno avuto. Prima di tutto è cresciuto ed emerso in serie A nella squadra della sua città, il Bari, con un allenatore come Fascetti che lo adorava e un ambiente che lo proteggeva. Poi nel 2001 ha fatto il talento con poche responsabilità nella Roma di Capello il cui peso emotivo era tutto sulle spalle di Totti. A inizio 2006 il passaggio nella squadra più famosa e titolata al mondo, ma nel Real Madrid le condizioni fisiche (leggere: peso) e l’atteggiamento, anche quando sulla panchina tornò Capello, sono stati dei peggiori. La sua vera dimensione l’ha vissuta nella sua prima vita sampdoriana: 3 anni e qualche mese vissuti da protagonista ma chiusi malamente con gli insulti a Garrone. Discrete cose per quel poco che si è visto al Milan di Allegri e Ibrahimovic, con lo scudetto prima dell’emergere del problema cardiaco. Buona l’annata in un’Inter di transizione, poi la scelta di un Parma sull’orlo del fallimento e la chiusura nella Sampdoria in cui Ferrero voleva liberarsi di lui e alla fine c’è riuscito. Insomma, Cassano ha avuto grandi occasioni in contesti diversi con obbiettivi diversi e non è un’offesa per nessuno dire che si tratti di un giocatore da Sampdoria o da versioni minori di Inter e Milan, non di un fenomeno mondiale secondo solo a Messi.

Le occasioni non sono mancate nemmeno con la Nazionale, con commissari tecnici anche molto diversi fra di loro: dopo i problemi avuti con le selezioni giovanili e soprattutto con Gentile, nazionali che lui non giudicava alla sua altezza, l’azzurro vero gli è stato fatto assaggiare da Trapattoni, Lippi (che però non l’ha voluto a Germania 2006), Donadoni e Prandelli. Tre fasi finali di Europei e una di un Mondiale, a Brasile 2014, sembrano palcoscenici adeguati a un grande talento. E quindi? Si è sempre messa tanta enfasi sugli aneddoti, sugli, scherzi (un grande classico il formaggio grattuggiato messo dentro i tovaglioli nei ritiri), sulle imitazioni (la migliore quella di Capello), sulle polemiche, sulle risposte agli allenatori /Delnerio ne sa qualcosa) e in definitiva sulle ‘cassanate’ (termine arrivato addirittura alla Treccani), come se Cassano fosse l’unico giocatore a comportarsi così. Se ne è sempre messa meno sul reale valore di Cassano: giocatore di grandissima tecnica e con grandi tempi nell’assist, ma limitato atleticamente anche quando era giovane e magro, senza un vero ruolo né la capacità di adattarsi alle situazioni tattiche. Insomma, un ottimo giocatore che ha avuto una carriera adeguata alle sue potenzialità. Senza rimpianti, come dice lui (o chi per lui) adesso. E con un futuro televisivo assicurato, considerando anche la concorrenza.

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