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Il giorno in cui iniziò la Nuova Zelanda© REUTERS

Il giorno in cui iniziò la Nuova Zelanda

Il 10 gennaio del 1982 gli All Whites conquistarono per la prima volta l'accesso alla fase finale di un Mondiale, battendo la Cina nello spareggio...

Stefano Olivari

10.01.2018 15:18

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In Nuova Zelanda il calcio non è certo lo sport nazionale, veniva e viene senza dubbio dietro a rugby (union ma anche league), vela e cricket. Questo non toglie che tutti gli sportivi neozelandesi considerino il 10 gennaio 1982 una data fondamentale nella storia del paese. Quel giorno gli All Whites conquistarono infatti la loro prima qualificazione a un Mondiale battendo la Cina in un drammatico spareggio, disputato in partita unica a Singapore e vinto 2-1, gol di Wooddin e Rufer. Diciamo drammatico non per caricare di enfasi una qualificazione che era ed è comunque importante per tutti, ma perché di fatto la squadra allenata da John Adshead giocò in trasferta in uno stadio quasi totalmente cinese e contro una FIFA (ci sono le immagini) che avrebbe evidentemente gradito un grande paese come la Cina entrare nel primo Mondiale a 24 squadre dopo l’allargamento deciso da Havelange. Invece la ventiquattresima qualificata per Spagna '82 (il sorteggio dei gironi sarebbe avvenuto una settimana dopo) fu la Nuova Zelanda.

La Nuova Zelanda era arrivata a quello spareggio superando un primo girone dove c’era anche l’Australia e un secondo dove c’erano il Kuwait di Carlos Alberto Parreira, che si sarebbe qualificato come primo, Cina e Arabia Saudita. Seconda a pari punti e con la stessa differenza reti della Cina, lanciando un giovanissimo Wynton Rufer, che negli anni Ottanta avrebbe giocato in Svizzera prima di fare ottime cose al Werder Brema. In Spagna gli All Whites si sarebbero poi comportati con grande dignità, nonostante l’infortunio di Grant Turner, all’epoca insieme a Sumner e a Wooddin la loro stella, prima dell'esplosione di Rufer. Sotto di tre gol dopo mezz’ora, alla Rosaleda di Malaga sfiorarono una clamorosa rimonta contro la Scozia di Dalglish e Souness, allenata da Jock Stein, perdendo poi 5-2. Sempre a Malaga fecero soffrire l’Unione Sovietica di Dasaev e Blokhin nel primo tempo e poi persero 3-0. Infine al Villamarin di Siviglia quasi non toccarono palla nel 4-0 in favore del Brasile forse più brasiliano, ma evidentemente non più forte, di sempre: fu la festa del quadrato magico Falcão-Cerezo-Socrates-Zico, che Telé Santana aveva introdotto la partita prima, contro la Scozia.

Pur con i suoi limiti tecnici la Nuova Zelanda sembrò una delle squadre fisicamente meglio messe fra le 24 del Mondiale, merito forse anche dei metodi di Adshead che nel ritiro di Marbella aveva imposto allenamenti all’alba e ritirata serale ad ore da convento, ben conoscendo lo spirito semidilettantistico dei suoi. Quasi tutti con esperienze calcistiche limitate alla Nuova Zelanda o al massimo all’Australia, con qualche provino in squadre inglesi ma poco di più. Rufer a parte, di tutt’altro livello medio era la squadra del Mondiale 2010, quella che pareggiò contro la disastrosa seconda Italia di Lippi, allenata da quel Ricki Herbert che nel 1982 era stato protagonista in campo come difensore. Una squadra che non ha fatto diventare il calcio sport nazionale, ma che rimarrà per sempre.  

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