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Il core 'ngrato di Cannavaro e Altafini

Il core 'ngrato di Cannavaro e Altafini

Redazione

25.04.2017 ( Aggiornata il 25.04.2017 12:04 )

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Il commento del sito ufficiale del Napoli all'intervento effettuato da Paolo Cannavaro nel finale della partita di domenica con il Sassuolo, che ha impedito alla squadra di Sarri di vincere e quindi di tenere il passo Champions della Roma, era chiaramente ironico anche se indicativo di una mentalità diffusa nel calcio italiano, secondo cui le squadre senza più niente per cui lottare dovrebbero alzare il passaggio a livello e far vincere tutti. E meno male che la palla Cannavaro l'ha colpita con la faccia, non con la mano, come hanno dimostrato vari replay. La definizione di 'core 'ngrato', affibbiata oltretutto a un napoletano come Cannavaro, è però per noi un mero pretesto per ricordare l'origine dell'espressione. Core 'ngrato è una famosissima canzone napoletana, scritta da Salvatore Cardillo (musica) e Riccardo Codiferro (testi) agli inizi del Novecento e diventata un classico per merito anche dei suoi tanti interpreti: da Enrico Caruso a Luciano Pavarotti, passando per Claudio Villa e tanti altri (l'hanno cantata anche i ragazzi de Il Volo, per fare un esempio più recente). Va detto, per chi non l'abbia mai sentita e si basi soltanto sul titolo, che la canzone non parla di ingratitudine o di scarsa riconoscenza, ma della solita lei che lascia il solito lui (cioè il tema di metà delle canzoni italiane). L'origine dell'uso calcistico del termine risale invece al 6 aprile 1975, quando José Altafini segnò per la Juventus un gol decisivo (quello del 2-1) nello scontro diretto fra i bianconeri allenati da Carlo Parola e il bellissimo Napoli di Vinicio. Il grande attaccante brasiliano era quasi al capolinea e da tre stagioni nella Juventus veniva usato come arma della disperazione nei minuti finali, ma dal 1965 al 1972, dopo anni eccellenti al Milan, aveva esaltato il pubblico di Napoli per tre stagioni in coppia con Sivori e poi anche da solo. Anche in quella partita Altafini era stato buttato in campo nel quarto d'ora finale, al posto di Oscar Damiani: a due minuti dalla fine sinistro di Cuccureddu che finì sul palo e poi sul destro di Altafini, che sotto porta ebbe il riflesso giusto. Quel gol diede di fatto lo scudetto alla Juventus e fece guadagnare all'incolpevole (come del resto Cannavaro) Altafini la definizione di 'core 'ngrato' da parte di alcuni tifosi, con i giornalisti bravi ad annusare l'aria e a farne un tormentone. Curiosamente nessuno parlò delle superparate fatte da Dino Zoff, anche lui ex napoletano, nella stessa partita. Quasi inutile ricordare che Altafini era stato ceduto da Ferlaino perché ritenuto finito, stesso trattamento riservato da De Laurentiis a Paolo Cannavaro dopo tanti anni (9, senza contare il settore giovanile) con la maglia del Napoli. Insomma, nel calcio professionistico non esiste gratitudine né ingratitudine, ma soltanto convenienza. I tifosi se lo possono dimenticare, i club e i giocatori no.

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