Per la Roma la settimana del via libera al nuovo stadio si è chiusa con l'importante vittoria contro l'Inter a San Siro, stadio inaugurato nel 1926 (almeno per il primo anello) da cui l'Inter non ha alcuna intenzione di andarsene, in attesa della decisioni del nuovo (?) Milan cinese che sta per nascere. Vittoria firmata dal solito straordinario Radja Nainggolan, sempre più icona dei tifosi giallorossi. La situazione del nuovo stadio è al momento la seguente, dopo l'accordo fra la Roma e il Comune di Roma: rispetto al progetto originario eliminazione di tre torri e di gran parte del business park, cubature dimezzate e in generale revisione al ribasso di tutto ciò non strettamente connesso con l'attività sportiva. Non è ancora chiara la tempistica delle varie costruzioni, così come quella delle opere pubbliche connesse, giocare nel nuovo stadio nel 2020 appare ottimistico ma comunque la macchina sembra avviata. Al di là dei dettagli e delle vicende politiche, che cambiano da una città all'altra, il punto della questione è quello dello stadio di proprietà, diventato quasi una sorta di mantra giornalistico mettendo insieme necessità sportive e televisive con situazioni di altro tipo, che con il calcio c'entrano poco. Come punto di riferimento italiano prendiamo ovviamente la Juventus, che dal 2011 gioca in un impianto di proprietà: stando al suo bilancio 2015-16 i ricavi dello Stadium diversi da biglietti e abbonamenti (che ci sarebbero anche in un impianto affittato) ammontano, sommando le varie tipologie (tour dello stadio, iniziative varie, museo), a circa 10 milioni di euro. Nella stessa stagione i ricavi totali del club bianconero sono stati 387,9 milioni di euro, dati ufficiali, quindi nella sostanza lo Stadium incide per il 2,5% sui ricavi del club. Se ai 10 milioni si aggiunge il beneficio dell'affitto risparmiato, poniamo sui 5 milioni (Inter e Milan pagano 4,5 milioni l'anno, a testa, per San Siro), la società italiana più forte e con più tifosi, quindi il massimo possibile, ha un beneficio del 3,8%. Un rendimento interessante, se paragonato ai bond e in generale ai tassi di interesse attuali, ma niente che cambi la vita al di là della patrimonializzazione della società. E quindi? Lo stadio di proprietà è meglio averlo che non averlo, ma non è certo la differenza fra la vita e la morte. Non merita insomma guerre di religione, soprattutto quando infrastrutture e danni collaterali sono pagati dal contribuente, anche sottoforma di superfici commerciali svendute a privati.