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Gli svantaggi di essere Guardiola

Gli svantaggi di essere Guardiola

Redazione

16.01.2017 ( Aggiornata il 16.01.2017 10:01 )

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Dopo il 4-0 dell'Everton sul Manchester City, nel momento del grottesco 'Dagli a Guardiola' dopo quasi un decennio di celebrazioni acritiche e piene di cattiva poesia, bisogna ribadire che la grandezza di un allenatore è sempre costruita anche dal contesto societario, ambientale e tecnico in cui opera. Poi l'allenatore catalano non è nuovo a imbarcate, anche se, guarda caso, in quattro anni di Barcellona non ne ha mai prese: paragonabile al disastro di Liverpool forse soltanto altri due 0-4, quello rimediato tre mesi fa dal Barcellona in Champions League (tripletta di Messi) e quello nella sua prima stagione al Bayern Monaco, sempre in Champions League (ma in semifinale) contro il Real Madrid di Ancelotti. Bisogna poi dire che i soldi da soli non costruiscono le grandi squadre, perché i giocatori che ad altissimo livello fanno la differenza rimangono pochissimi e il City non ne ha nessuno. De Bruyne, David Silva e Agüero sono ottimi giocatori, ma se non fossimo condizionati dal vederli ogni settimana nella vetrina della Premier League potremmo dire che starebbero bene anche in una serie A di alto livello: non giocano insomma nel girone dei Cristiano Ronaldo, dei Messi, degli Iniesta, degli Ibrahimovic, ma in quello dei Dybala, dei Mertens e degli Icardi. Puoi pagare 54 milioni di euro un centrale difensivo normale come Stones o 42 un attaccante come Sane che nei top club europei può fare a malapena la riserva, perché questo è il mercato, ma in un mondo dove i soldi veri li hanno in tanti (e in Inghilterra almeno in sei) la rosa del Manchester City è notevolissima ma non certo da stravincere, nè la Premier League né tanto meno la Champions. Considerazione che rivaluta il lavoro di Mancini e Pellegrini, fra l'altro. Il problema (relativo, perché per farsene carico viene pagato 20 milioni a stagione) di Guardiola è che a lui non si chiede di vincere, come si chiede a quasi tutti i colleghi, ma soprattutto di vincere alla Guardiola. Un marchio, prima ancora che un allenatore: cosa che a volte gli fa gioco e che lui peraltro gestisce con intelligenza, ma a volte no. Anche i suoi antipatizzanti convengono però sul fatto che al Bayern ci sia riuscito, ad essere Guardiola, mentre al City ancora no al di là dei 10 punti di ritardo dal Chelsea (ma solo 2 dalla zona Champions). Dalle prime dichiarazioni pare che si sia preso molto bene con il neo-arrivato Gabriel Jesus, ma risolvere i problemi con l'ennesimo colpo di mercato è cosa da allenatore normale, non da Guardiola. Forse, comunque vada a finire con il City, è arrivato il momento di una nazionale.

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