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Frank De Boer e il tempo dello straniero

Frank De Boer e il tempo dello straniero

Redazione

24.10.2016 ( Aggiornata il 24.10.2016 08:43 )

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Una delle principali colpe che si imputano a Frank De Boer e in generale a tutti gli allenatori stranieri in crisi di gioco o di risultati, è curiosamente quella di essere... stranieri. Senza pensare a ipotetici Pioli o Mandorlini trapiantati all'Ajax... Un po' quello che accade agli allenatori italiani, che essendo italiani non accendono la fantasia popolare e non avrebbero la mitica, nonché indefinita, 'mentalità internazionale'. Insomma, un pendolo. Adesso però all'Inter è il turno dello straniero che non ha capito le peculiarità della serie A, quindi non è inutile ricordare quanti allenatori stranieri nella Milano nerazzurra abbiano fatto bene o male, in proporzione al materiale umano a disposizione. Davvero altri tempi quelli prima della Seconda Guerra Mondiale, quando dopo l'era delle 'commissioni', cioè gruppi di dirigenti o giocatori che facevano la formazione senza preoccuparsi di allenarla (fino all'epoca di Meazza gli allenamenti erano due alla settimana), iniziò quella dello straniero giusto perché era straniero, nonostante il fascismo non gradisse. Iniziando con l'inglese Bob Spottiswood, che era stato un discreto difensore nel Crystal Palace ma non aveva alcuna esperienza di panchina e giustamente non ne avrebbe avute dopo l'Inter. Poi iniziò l'era danubiana, quasi totalmente ungherese. Weisz che nell'Inter ci aveva anche giocato, Viola che aveva vinto uno scudetto con la Juventus, Toth che arrivava dalla Triestina e in Ungheria aveva fatto grandissime cose guidando il Ferencvaros, Feldmann che aveva fatto bene in B con Fiorentina e Palermo, l'austriaco Tony Cargnelli che in Italia aveva guidato già parecchie squadre e vinse l'ultimo scudetto interista prima della guerra, Molnar che anche lui come allenatore era in pratica italiano. Il migliore di tutti fu Arpad Weisz, che poi avrebbe guidato un grande Bologna prima di finire in una camera a gas di Auschwitz. Nel dopoguerra il primo allenatore straniero fu l'ex nazionale gallese David John Astley, che in panchina aveva iniziato da poco: fallì e fu esonerato a metà stagione nonostante la sua Inter fosse considerata fra le favorite per il campionato (aveva appena acquistato Nyers...). Poi altri italiani fino a quando Angelo Moratti ingaggiò l'inglese Jesse Carver, che come allenatore aveva esperienza di Italia (aveva guidato Torino, Roma e Lazio) ma che nella sostanza fallì anche lui. Nulla da aggiungere ai milioni di articoli e libri scritti su Helenio Herrera, sostanziale fallimento invece di Heriberto Herrera che l'Italia la conosceva (uno scudetto alla Juventus), per arrivare finalmente agli allenatori che abbiamo visto all'opera dal vivo: da Suarez a Leonardo, passando per Lucescu, Cuper, Hodgson, Mourinho e Benitez. Nel conteggio non inseriremmo Frank Pedersen, in realtà un preparatore atletico (danese) che fece da traghettatore per qualche partita, fra Bigogno e Campatelli. Veniamo al punto, con l'avvertenza che il giochino potremmo facilmente farlo anche con altri grandi club: l'Inter nella sua storia ha avuto 8 allenatori che ne hanno preso la guida senza essere prima stati giocatori o allenatori in Italia: Spottiswood, Astley, Helenio Herrera, Hodgson, Cuper, Mourinho, Benitez e appunto De Boer. Tolti Spottiswood (nel 1922 le informazioni non circolavano come oggi) e Astley, che avrebbe allenato il Genoa e poi avuto una discreta carriera in Svezia, non si può certo dire che gli altri abbiano fallito: anche il peggiore di quelli citati, Hodgson, nella sua prima incarnazione interista ha tutto sommato reso in proporzione al valore della squadra. Anzi, nel caso più luminoso, Herrera, l'apprendistato italiano prima di vincere è durato addirittura un paio di anni, nonostante il Mago avesse già un grande curriculum. Mentre scriviamo queste righe non sappiamo se De Boer verrà esonerato prima della partita con il Torino, ma la storia insegna una cosa: uno scarso rimane scarso anche dandogli dieci anni di tempo, Iniesta e CR7, uno bravo può avere bisogno di più tempo quando non si trova la squadra già ben costruita da altri. Twitter @StefanoOlivari

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