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La speranza di Orro ed Egonu per la piccola Italia di Rio

La speranza di Orro ed Egonu per la piccola Italia di Rio

Redazione

11.01.2016 ( Aggiornata il 11.01.2016 10:44 )

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L'Italia femminile di volley è riuscita a salvare la pelle in Turchia, superando proprio le padrone di casa nella finale per il terzo posto al termine di un torneo preolimpico pieno di contraddizioni ma per molti versi esaltante, che nella partita decisiva ha visto decisive le giovanissime (18 e 17 anni) Orro ed Egonu e meno bene giocatrici più esperte. La Nazionale di Bonitta non è ancora qualificata per i Giochi di Rio, perché la cervellotica formula prevede che si debba passare attraverso un ulteriore preolimpico in Giappone, fra quattro mesi: si qualificano per Rio quattro partecipanti sulle otto totali, ma con un posto già garantito ad una delle tre asiatiche. Sorvoliamo però su questo calendario che ha l'unico scopo di assegnare organizzazioni, fondi e incarichi al più alto numero possibile di persone (insomma, non c'è solo Blatter), per parlare di Italia.

Dell'Italia degli sport di squadra, quelli che insieme ad atletica e nuoto danno la vera dimensione di un movimento, con tutto il rispetto per le altre discipline. Mentre scriviamo queste righe le nazionali italiane qualificate per Rio sono la bellezza di... una. Quella maschile di pallavolo, grazie alla brillante Coppa del Mondo (secondi dietro agli USA) dell'anno scorso. Nemmeno storiche sicurezze, almeno a livello di partecipazione, come le squadre di pallanuoto hanno ancora la certezza di essere a Rio. In Ungheria si stanno giocando gli Europei che qualificheranno direttamente soltanto le vincitrici di entrambi i tornei, oltre alle nazionali già con il visto olimpico: impresa difficile, quindi si andrà probabilmente all'ultima spiaggia fra tre mesi con due preolimpici. Della pallacanestro maschile si sa ormai tutto: per strappare il pass olimpico il presidente federale Petrucci non ha esitato ad esonerare Pianigiani e a chiamare Messina alla guida degli azzurri nel preolimpico di Torino a luglio: un torneo (uno dei tre previsti) a sei squadre che qualificherà soltanto la prima classificata: durissima, a prescindere dal sorteggio. Insomma, su quattordici nazionali teoricamente da Giochi ne abbiamo undici (le due di calcio, rugby a sette, pallamano e hockey su prato, più la pallacanestro femminile) sicuramente fuori, una sicuramente dentro e quattro incerte.

Inutile fare confronti con il passato remoto, sfruttando Wikipedia, quando gli unici credibili sono quelli post caduta del Muro di Berlino, ma sarebbe meglio dire post URSS e Jugoslavia, con la nascita di tante nazionali tutte competitive per quei pochi posti al sole. Partendo da Barcellona 1992 mai l'Italia ha avuto meno di quattro squadre ai Giochi estivi, con il minimo storico di quattro (le due di pallavolo e le due di pallanuoto) toccato proprio a Londra 2012: segno di una tendenza inquietante e facilmente spiegabile, guardando a come si è modificata la pratica sportiva negli ultimi decenni. Esplode l'agonismo fuori tempo massimo, quello del quarantenne che dopo una vita sedentaria scopre lo sport, mentre cala quello vero, quello dei giovani, favorito da una cultura pedagogica vomitevole, la stessa che ucciso i Giochi della Gioventù a metà anni Novanta per poi riproporli in versione scampagnata, perché i ragazzi che non riescono a vincere potrebbero, poverini, rimanerci male. Va detto che il CONI attuale ha ereditato situazioni del passato e che per certi sport non bisogna ingigantire l'importanza dei Giochi Olimpici: nessun ragazzino abbandonerà il calcio perché l'Under 21 di Di Biagio ha fallito la qualificazione olimpica. Però la tendenza generale è quella di un declino, neppure troppo lento. Chi vede nello sport la metafora di tutto ha di che meditare.

Twitter @StefanoOlivari

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