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Milan, da Bee al piano B

Milan, da Bee al piano B

Redazione

24.11.2015 ( Aggiornata il 24.11.2015 09:15 )

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Chi si ricorda del closing di Mister Bee? Il millesimo slittamento aveva portato a fine novembre il termine per formalizzare il passaggio del 48% del Milan a una cordata avvolta nel mistero e con due banche garanti (ADS e soprattutto Citic) che appaiono e scompaiono. Il problema è che adesso siamo a fine novembre e nemmeno vengono fatte scrivere quelle formule penose del tipo 'un pool di professionisti sta mettendo a punto gli ultimi dettagli', quindi è verosimile non soltanto che il termine per il closing (si chiamava firma, nell'Italia in cui siamo cresciuti) slitti ancora ma che presto su vari media parta un nuovo tipo di 'narrazione': da Mister Bee che triplica il fatturato da merchandising a Mister Bee che sta deludendo Berlusconi, che a questo punto comincia a guardarsi intorno. Visto che il mondo è pieno di gente disposta a pagare 480 milioni la quota di minoranza di un club che tutto intero forse non vale questa cifra... Su numeri più realistici, secondo Milano Finanza, si sta muovendo un fondo americano, ma il punto della questione è che nemmeno il più stupido dei ricchi (e chi è ricco di solito non è stupido) può investire in un club calcistico in perdita costante senza poter comandare. Realistico è anche pensare che l'indagine della Procura di Milano sui consulenti svizzeri di Bee, dai potenziali mille sviluppi nel cassetto (le elezioni sono lontane), abbia consigliato a Berlusconi di tirare una riga e organizzare una exit strategy anche mediatica: da Mister Bee al piano B, insomma. Del resto il problema del Milan non è certo Berlusconi, ma il fatto che Berlusconi non ci sia più. 2. A proposito di squadre più titolate al mondo, argomento dove l'oggettività è impossibile (la FIFA nella sua rivista ufficiale ha assegnato questo platonico titolo agli egiziani dell'Al Ahly, che in effetti hanno alzato più trofei internazionali di Milan, Real Madrid e dello stesso Boca...), l'elezione di Mauricio Macri (Macrì per i puristi, viste le origini calabresi del padre) a presidente dell'Argentina dimostra una volta di più il motivo per cui un club di calcio si può gestire tranquillamente in perdita. Il suo (dal 1995 al 2007, quando si è dedicato a tempo quasi pieno alla politica) Boca Juniors ha vinto tutto con allenatori come Bianchi, Tabarez e Basile, ma nemmeno le tante cessioni eccellenti in Europa sono riuscite a renderlo un club ricco, per quanto il campionato argentino di oggi sia paragonabile a quello di un medio campionato europeo e si possa permettere anche qualche sfizio. Va detto che la proprietà del Boca è diffusa fra migliaia di piccoli soci e che l'elezione del presidente avviene sul modello Real Madrid, quindi per quanto straricco (famiglia di costruttori) Macri non è che con il calcio si sia rovinato, anzi. Ma cosa vogliamo dire? Che in quasi tutto il mondo, sia quello civile che quello incivile, questo sport è un formidabile trampolino di lancio per qualsiasi tipo di carriera. Assurdo quindi valutarlo soltanto con criteri finanziari, al di là del fatto che molti bilanci siano falsi. Senza fare tutta la storia della politica argentina, basti ricordare che nel 2003, nel pieno della sua presidenza al Boca, Macri si inventò il movimento Compromiso para el Cambio (centro-destra, di ispirazione liberale e liberista), che poi è confluito nell'attuale PRO (Propuesta Republicana). Il calcio fa miracoli, ma a parità di strumentalizzazione non è che gli 'altri' siano una repubblica delle banane e noi una grande democrazia. Presto sorprese anche in Italia, oltre al già annunciato Della Valle. 3. Nemmeno i professionisti del fallo tattico e di quello intimidatorio hanno collezionato tanti cartellini rossi e gialli (30 in totale nelle ultime tre stagioni) come Domenico Berardi, calabrese come Macri senior, peraltro indifendibile (anche con la scusa della timidezza) per il fallo su Ansaldi di domenica e per tanti altri comportamenti, senza cui adesso sarebbe stabilmente nella Juventus e nella Nazionale di Conte, essendo per fisico e qualità tecniche il miglior potenziale attaccante italiano dopo Balotelli, oltretutto con caratteristiche diverse e quindi con lui integrabile. Questo ciò che è pubblico, con tanto di codice etico per le convocazioni azzurre che vale soltanto per alcuni. In privato raccontano invece al Guerino di un Conte molto, ma molto, più accomodante, un po' per convenienza (con un attaccante di classe e relativamente sconosciuto il nostro Europeo potrebbe essere notevole), un po' perché le caratteristiche anche da esterno d'attacco rendono Berardi uno che cambia le partite e può essere utilizzabile in diversi moduli, un po' perché la storia personale di Berardi descrive un ragazzo con un carattere non proprio da calciatore (lo stesso famoso episodio del gran rifiuto all'Under 19 non ha mai trovato una giustificazione, neppure stupida), al punto che fino a 15 anni di fatto non ha pensato di poter diventare un professionista e il suo stesso approdo alle giovanili Sassuolo è stato frutto di coincidenze. Insomma, uno da coltivare e che a seconda di come viene preso può fare benissimo o malissimo. L'operazione 'Vinco e me ne vado' non è probabile, soprattutto dal lato 'vinco', ma è senz'altro possibile. Twitter @StefanoOlivari

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