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Gli svogliati bambini di Paparesta

Gli svogliati bambini di Paparesta

Redazione

12.11.2015 ( Aggiornata il 12.11.2015 11:32 )

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Colpirne uno per educarne cento: antico detto latino poi usato da criminali di varia specie ma non per questo meno valido, anche nel calcio. Il caso dei raccattapalle del Bari Primavera, che con il loro comportamento durante la partita con il Latina hanno portato allo 0-3 a tavolino (2-1 invece il risultato del campo), ha portato l'attenzione su un problema che in serie A è quasi stato risolto grazie al numero di palloni e a una diversa gestione delle multe, mentre appena si scende di categoria si vedono le stesse furbate del passato, dove in certi campi (il San Paolo faceva stizzire tutti gli avversari) con la squadra di casa in vantaggio si vedeva un aumento esponenziale del tasso di svogliatezza nel recuperare il pallone. Nel calcio giovanile, senza telecamere ma soprattutto senza l'obbligo di avere raccattapalle, si vede poi davvero di tutto. Il club presieduto da Gianluca Paparesta non è certo l'unico ad essere 'attenzionato' per questi comportamenti, ma ha avuto la sfortuna di essere scelto dal mazzo per dare un segnale. Personalmente, da modestissimi ex arbitri FIGC a livello giovanile, solidarizziamo con l'arbitro Di Gioia che ha cacciato tutti i raccattapalle. Bambini di undici anni, magari sono ancora in tempo a migliorare. Anche se l'incubo dell'arbitro di settore giovanile, parliamo di età molto più verdi rispetto alla Primavera, è il guardalinee di parte. A volte una persona perbene, più spesso un genitore a cui dovrebbero togliere la patria potestà. 2. La Champions League risanatrice dei bilanci è un mito non soltanto italiano e in gran parte infondato. A provarlo è anche l'ultimo bilancio trimestrale (da luglio a settembre 2015 compresi) approvato dalla Juventus, con chiusura in utile da 16,8 milioni di euro (lo stesso trimestre dello scorso anno si era chiuso in perdita di 28) dovuta principalmente alle plusvalenze di mercato, più 33,8 milioni (fondamentalmente Vidal al Bayern Monaco), un po' alla Udinese. Con previsione, spalmata su tutto l'esercizio, di una chiusura comunque in rosso. Tutto si può dire, ma non che questo club sia amministrato male. È che per fare calcio ad alto livello servono i soldi veri, degli Agnelli o di altri della stessa taglia. A metà classifica invece già si può vivere di trading. 3. Inevitabile pioggia di mail critiche, per usare un eufemismo, non appena si osa ricordare malefatte o presunte tali del passato. Ci è capitato anche ricordando Ferruccio Mazzola e la sua denuncia riguardante le pillole che molte squadre, fra cui l'Inter di Herrera, facevano assumere ai loro calciatori, all'epoca spesso inconsapevoli. Come in altri casi e con altre squadre ci permettiamo di ricordare che un discorso basato sulla giustizia sportiva dell'epoca è diverso da un giudizio storico dato con gli occhi di oggi. Ricordiamo soltanto qualche data: nello sport italiano si cominciò a parlare di antidoping soltanto dal 1960 (e a livello legislativo dal 1971) e a metà anni Sessanta le anfetamine erano senz'altro fra le sostanze considerate proibite (furono fra l'altro al centro del caso Bologna, nel 1964), però nessun interista risultò mai positivo ai test. Per questo la testimonianza diretta del fratello di Sandro, non anonima ma con tanto di firma e di rischi legali annessi, rimane importante per quanto non supportata da prove: è la sua versione, in ogni caso meritevole di menzione all'interno del nulla pneumatico che scriviamo ogni giorno. Poi in termini di marketing siamo d'accordo con Berlusconi: il tifoso vuole leggere della sua squadra soltanto in positivo, cercarsi grane è da stupidi. 4. Forse Sinisa Mihajlovic è stato sostituito da un sosia, perché quello originale giocatori con l'atteggiamento di Boateng non li avrebbe voluti vedere nemmeno dipinti. Per questo il probabile re-ingaggio del ghanese di Germania che pochi mesi fa l'Al-Ittihad non ha ritenuto all'altezza dei suoi standard fisici si inserisce perfettamente nella gestione da fine impero di un Adriano Galliani ormai solo al comando, con Barbara Berlusconi sempre più distaccata e fredda (anche nei confronti del padre, dopo il voltafaccia per lo stadio al Portello). All'amministratore delegato Boateng è sempre piaciuto e due anni fa la sua cessione allo Schalke 04 fu da lui ritenuta un male necessario. Adesso il ritorno, non esattamente gradito dal popolo rossonero anche se i trombettieri hanno già ripreso in mano lo spartito della canzone 'Una grande famiglia'. Forse Mihajlovic non è nelle condizioni di dire di no, per la riconferma l'asticella del terzo posto da Champions è davvero troppo alta. 5. Comunque si definisca la successione a Zenga sulla panchina della Sampdoria, rimane incomprensibile il comportamento di Vincenzo Montella. È tuttora pagato dalla Fiorentina (contratto fino al giugno 2017), rimane uno dei primi nomi per la ricostruzione di un grande club, a Genova troverebbe un organico molto inferiore a quello che lui giudicava insufficiente in viola. La questione di principio posta dai Della Valle è fondata, ma soprattutto è un mistero come Ferrero possa trovare i soldi per una clausola di rescissione degna di un calciatore. A meno che Volpi non sia già arrivato a salvare la Sampdoria e il portafogli dei Garrone. Per i tifosi blucerchiati la bella notizia potrebbe essere questa. Twitter @StefanoOlivari

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