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Mazzola Secondo e l'anfetamina della Grande Inter

Mazzola Secondo e l'anfetamina della Grande Inter

Redazione

11.11.2015 ( Aggiornata il 11.11.2015 16:31 )

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Sandro Mazzola fuori tempo massimo ha reso onore al fratello Ferruccio, uomo con una carriera sportiva molto meno fortunata della sua ma anche con una verità che non doveva uscire dallo spogliatoio, come sempre si dice fra 'uomini di calcio' (non diamo a questa espressione un'accezione positiva, nel caso non si fosse capito). Nell'intervista concessa a Walter Veltroni, per il Corriere dello Sport, Sandro ha così confermato i racconti di Ferruccio circa le strane pastiglie che Helenio Herrera dava ai giocatori dell'Inter, in particolare ai più giovani e alle riserve, come appunto Ferruccio che la prima squadra la sfiorò soltanto per pochi mesi: "Le cose sono vere. Io ad un certo punto cominciai ad avere, in campo, dei fortissimi giramenti di testa. Andai dal medico che mi fece fare tutte le analisi e mi disse che dovevo fermarmi, che avevo problemi grossi. Mi disse che dovevo stare fuori almeno sei mesi. Ma questo Herrera non lo voleva. Da dove nascevano quei valori sballati? Non lo so. Ma so che, prima della partita, ci davano sempre un caffè. Non so cosa ci fosse dentro. Ricordo che un mio compagno, Szymaniak, mi chiese se prendevo la simpamina. Io non sapevo cosa fosse ma qualcosa che non andava, qualcosa di strano, c’era". Un peccato che Mazzola II, così ancora ai nostri tempi (e non abbiamo novant'anni) venivano chiamati nel calcio i fratelli minori, non abbia potuto leggere queste parole visto che è morto nel 2013, a 68 anni. Perché nel suo libro Il terzo incomodo (i due 'grandi' della famiglia sono ovviamente Valentino e Sandro), rinforzato da una famosa intervista concessa all'Espresso, Ferruccio aveva ricordato precisi episodi, pur senza avere la certezza sulle sostanze fatte ingerire (quasi certamente anfetamine). Significativo che dopo avere chiesto consiglio a Sandro, il fratello già stella dell'Inter herreriana, questi gli avesse consigliato di non prendere quella roba e che Herrera, accortosi di questa prudenza, fosse riuscito a somministrare il tutto sciogliendo le pastiglie nel caffè. Difficile trovare una correlazione diretta fra anfetamine e morti, anche premature come quella del capitano Armando Picchi, facile invece dare un giudizio etico su quelle pratiche che saranno anche state diffuse e in punta di diritto lecite, ma non per questo diventano accettabili nemmeno a decenni di distanza. Bisogna comunque ricordare che fino al 1971 in Italia non è esistita una legge antidoping (quindi nemmeno un doping punibile, ammesso di volerlo cercare) e che, in ogni caso, il vituperato ciclismo è stato il primo a fare controlli seri al suo interno senza aspettare Parlamento e CONI. La parte peggiore della vicenda è stata però quella per così dire moderna, quando in seguito ai racconti di Ferruccio il fratello non gli parlò più e l'Inter, l'Inter del 'signore' Moratti, gli intentò una causa poi rivelatasi infondata e l'allora presidente Facchetti gli chiese i danni (3 milioni di euro) per diffamazione. Peraltro sarebbe bastato leggere il libro, dove Ferruccio sosteneva che tutti in Italia usassero queste pratiche contando sull'ignoranza dei calciatori, ma l'Inter andò avanti lo stesso secondo gli schemi ben noti (per un grande club pagare un avvocato è niente, per il singolo invece è una sciagura). Mazzola II aveva ragione, senza fare psicoanalisi da bar è probabile che per Sandro non averlo sostenuto al momento giusto sia un rimorso enorme. Twitter @StefanoOlivari

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