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Juventus, Agnelli è in utile

Juventus, Agnelli è in utile

Redazione

23.10.2015 ( Aggiornata il 23.10.2015 14:00 )

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L'assemblea degli azionisti della Juventus è in genere più dispersiva rispetto a quella di altri club, perché la quotazione in Borsa permette a chiunque di comprare le azioni e di accreditarsi per intervenire. Il problema è che questi interventi, alcuni anche di buoni conoscenti del Guerino (non che ci siano grandi segreti da rivelare, è avvenuto tutto allo Juventus Stadium), cadono nel vuoto perché chi decide in genere non li ascolta e in ogni caso risponde soltanto alle domande meno scomode. È stato così anche per il bilancio 2014-15, buono sotto ogni profilo: quello sportivo, per ovvie ragioni, ma anche quello strettamente finanziario (2,3 milioni di utile di esercizio e un fatturato record da 348 milioni). Promettiamo un'analisi, ai pochi interessati, quando l'avremo letto tutto. Abbiamo invece già ascoltato la relazione di Andrea Agnelli, che al netto dell'autocelebrazione e di qualche cifra da piazzista (300 milioni di tifosi...) si può sintetizzare in alcuni punti: 1) La Juve cresce come azienda, ma in un calcio italiano che nell'arco di un quinquennio è cresciuto ad un ritmo (il 14%) che è un quarto di quello della Premier League. Il club è insomma azzoppato dal contesto in cui si muove; 2) I ricavi commerciali, già buoni grazie al lavori di Francesco Calvo (ora al Barcellona) saranno aumentati utilizzando meno le licenze e più punti vendita diretti; 3) La serie A va riformata anche sportivamente, con l'introduzione delle seconde squadre e un paracadute finanziario per chi retrocede superiore all'attuale (nessuna parola sul ritorno alle 18 squadre). È stato anche presentato il progetto J-Village, in pratica un'area commerciale non lontana dallo Juventus Stadium (ennesimo grazioso omaggio del comune, anche se Torino è in questo senso in buona-cattiva compagnia), mentre lo stesso Agnelli ha fatto qualche battuta poco azzeccata sul momento attuale della squadra: eppure le partite le guarda anche lui, dovrebbe aver visto che Allegri sta trovando la chiave giusta. Qualche socio ha osato chiedere di questioni familiari, con effetti sulla gestione societaria, ma gli interventi sono caduti nel gelo. Così è stato anche per i tanti che continuano a parlare di Calciopoli, chiedendo e minacciando cause nei confronti di chiunque (ma per la richiesta di risarcimento di Gazzoni un accantonamento prudenziale verrà fatto). E quindi? Non si ha la sensazione che Agnelli stia per essere promosso-rimosso dalla parte di famiglia con il potere vero, come si dice da mesi, ma è certo che l'assetto proprietario del gruppo lo mette più in un ruolo da manager che di padrone. Insomma, è un po' il Boniperti di sé stesso e di sicuro dal 2010 ad oggi ha fatto non bene, ma molto bene. Situazione personale da seguire. 2. Sempre da Torino, ma dall'Olimpico, arriva una grande notizia: non per merito della pur lodevole squadra di Ventura e del possibile nuovo sindaco di Milano Urbano Cairo, ma dei quindicimila tifosi granata che mercoledì sono andati a vedere la partita della squadra Primavera contro gli slovacchi del Senica, battuti 2-1 in rimonta grazie a una doppietta di Edera. Siccome quasi tutte le partite della Youth League della UEFA si disputano di fronte ad amici e parenti, nonostante spesso certe squadre siano almeno da serie A medio-bassa, è un pubblico che fa impressione e che supera addirittura gli abbonati (12.031) del Torino per così dire dei grandi. Ingresso quasi gratis, certo, ma muovere una massa di persone simile nel pomeriggio (si è giocato alle 18 e 30) di un giorno feriale è comunque notevole. La morale è banale ma fortissima, ben oltre la polverosa retorica che a volte si usa per il Torino: il calcio allo stadio è una cosa diversa, il tifo è la base del calcio, ma soprattutto il calcio è un gioco popolare ed il prezzo dei biglietti spesso tiene a casa le persone a prescindere dalla qualità dello spettacolo. Chi va allo stadio sceglie, chi resta a casa si fa andare bene quello che c'è. Da questo discendono discorsi che vanno oltre la squadra di Moreno Longo. 3. Sinisa Mihajlovic probabilmente non terminerà la stagione sulla panchina del Milan, stando a quanto l'entourage di Berlusconi fa arrivare. Difficile fare scommesse, perché una squadra con punte così forti (ma due su tre con problemi) può riprendersi anche soltanto facendo il compitino contro avversarie di livello medio-basso. Quello che è certo è che in quasi trent'anni di presidenza Berlusconi  è riuscito ad imporre a Galliani soltanto tre allenatori, Sacchi e Capello (compresi i loro tristi ritorni), oltre al pupillo Seedorf tuttora legato al club. Liedholm se l'era trovato dall'era Farina, Ancelotti fu una scelta condivisa con l'amministratore delegato, Cesare Maldini una scelta di emergenza. Tutti gli altri (Zaccheroni, Terim, Leonardo, Allegri, Inzaghi e Mihajlovic) sono stati gallianate. E lo sarebbero sia Donadoni che Spalletti, per citare i due nomi liberi da Milan già da subito. Non è una gara a chi sa più di calcio, perché quasi tutti sono ottimi allenatori, ma è curioso che il Milan sia una delle poche società in cui chi mette i soldi non sempre ha l'ultima parola sulla scelta più importante. 4. Le cattive notizie (tumore ai polmoni) su Johan Cruijff hanno fatto scrivere pre-coccodrilli sul conto di un uomo che è stato un genio sia in campo che in panchina (anche come ispiratore del primo Guardiola, si dice) ed in ogni caso è stato l'unico dei superfuoriclasse della storia del calcio (siamo nel girone dei Pelé, dei Maradona e dei Di Stefano) a legare il suo nome non soltanto alle prestazioni ma anche ad un sistema di gioco. E si è riaperto il dibattito sulla corretta grafia del suo nome, interessante perché non stiamo parlando di Piripicchio. Sorvolando sulle storpiature atroci del genere Kruyff, Crujiff o peggio, e saltando a piedi pari la discussione sui puntini, la grande domanda di ogni giornalista non olandese quando deve scrivere di quest'uomo è la seguente: Cruijff o Cruyff? Dibattito extraolandese, perché ad Amsterdam la pronuncia, almeno alle nostre orecchie, è la stessa e la grafia è una scelta a volte personale, quando non dell'impiegato dell'anagrafe: infatti la madre era Cruijff ed il padre Cruyff, al di là del fatto che quasi tutti i media olandesi usino Cruijff, così come l'Ajax e la federazione olandese nelle varie celebrazioni. Ma lui? Ha alimentato la confusione depositando per varie attività commerciali il marchio Cruyff (più facile da ricordare per un consumatore internazionale), su consiglio del famoso suocero procuratore Cor Coster, ed in fondo fregandosene della questione. Ma sui documenti ha scritto Hendrik Johannes Cruijff. Twitter @StefanoOlivari

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