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Guerin Ranking: le Top 11 mensili dei maggiori campionati europei

Guerin Ranking: le Top 11 mensili dei maggiori campionati europei

Redazione

15.10.2015 ( Aggiornata il 15.10.2015 10:16 )

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La débâcle estiva della Sampdoria, tramortita dai serbi del Vojvodina, e l’atteggiamento troppo rinunciatario della Lazio, al cospetto di un Bayer Leverkusen molto meno asfissiante sul piano del pressing rispetto agli standard imposti dal tecnico Roger Schmidt, hanno in parte ridimensionato i progressi evidenziati dalle compagini italiane nella stagione scorsa, che ha portato in dote ben diciannove punti (miglior risultato dell’ultimo quindicennio) nel famigerato Ranking Uefa. Paradossalmente, un parziale rimedio potrebbe arrivare proprio dalla spesso snobbata Europa League, laddove intanto i biancocelesti sono chiamati ad affrontare impegni forse più alla portata del loro reale valore (vedi gli inopinati black-out che han rischiato di compromettere anche le prestazioni con Dnipro e Saint Etienne), e soprattutto nella stessa competizione in cui l’Inghilterra è riuscita a fare peggio tanto nei primi due turni della fase a gironi quanto soprattutto nella sessione estiva dei preliminari, rendendo non utopistica un’idea-sorpasso in ottica 2017/2018, con il Southampton sorpreso dai danesi del Midtjylland ed il pazzo West Ham della nuova gestione-Bilić capace di soffrire le pene dell’inferno contro il Birkirkara ed arrendersi ai modesti rumeni dell’Astra, un rendimento ondivago confermato in Premier League, giacché in due mesi trascorsi sull’ottovolante gli Hammers hanno espugnato in successione l’Emirates Stadium, l’Anfield Road e l’Etihad Stadium con un complessivo 7-1, triplice impresa inframmezzata però da due rovesci casalinghi consecutivi che hanno regalato una partenza da applausi al Leicester di Ranieri (incontenibile sulle fasce, in virtù dello stato di grazia vissuto da Mahrez e Albrighton, e trascinati dall’anomala verve realizzativa che ha permesso a Vardy di conquistare un circoletto rosso nel taccuino del Ct Roy Hodgson) e la prima vittoria in massima divisione del Bournemouth in centosedici anni di storia (memorabile 4-3). Campagna europea da incubo anche per l’Olanda, a cui le pessime esibizioni di Go Ahead Eagles e Vitesse e l’accidentato cammino del Groningen, all’unisono con la clamorosa eliminazione dell’Ajax dalla Champions League per mano del Rapid Vienna, son costate due posizioni in classifica e costringeranno addirittura a neutralizzare la minacciosa rincorsa intrapresa da Turchia e Svizzera, brave a dimezzare di quasi dieci punti il loro distacco. Tempi duri dunque nel Regno, alla luce della concomitante crisi di una Nazionale esclusa dalla fase finale degli Europei (non accadeva dal 1984) e di un torneo interno dalla cifra tecnica modesta,in cui i succitati Lancieri dettano l’andatura in coabitazione con il rinnovato Feyenoord dei cavalli di ritorno in patria Kuyt ed Elia ma non riescono davvero a convincere, rallentati da un’inconsueta fatica nel creare gioco, in parte mascherata da un El Ghazi sempre più ispirato e concreto ed un Klaassen ormai pronto per palcoscenici importanti, e soprattutto limitati da quelle amnesie difensive ormai ataviche che hanno rimesso in carreggiata i campioni in carica del Psv, a loro volta in difficoltà nel metabolizzare all’inizio gli sbarchi sulle agiate sponde albioniche di Wijnaldum e Depay. Le buone notizie arrivano dalla provincia, nella fattispecie dall’appena ristrutturato Polman Stadion di Almelo, fortino ad oggi inespugnabile dello spregiudicato Heracles di John Stegeman (coach più giovane dell’intera Eredivisie) ed il suo 4-2-1-3 a trazione anteriore, una delle più belle sorprese di questo primo scorcio di stagione europea insieme agli exploit di Villarreal e Celta Vigo (da applausi il 4-1 con cui i galiziani hanno abusato della sempre più farraginosa retroguardia del Barcellona) in Spagna, dell’Oostende e la spettacolare proposta di calcio offerta da Yves Vanderhaeghe in Belgio e del ben più pragmatico Angers di Stéphane Moulin, matricola terribile che da neopromossa sta nobilitando il proprio ritorno dopo ventidue anni nella massima serie transalpina in virtù di un’organizzazione difensiva capace di concedere pochissimo agli avversari, un sistema cementato dal terzetto in mediana Saïss-N'Doye-Mangani che malgrado la scarsa propensione al possesso palla (gli scoïstes chiudono la graduatoria della Ligue 1 in questa particolare voce statistica, in coabitazione con l’altra outsider Caen) ed alla costruzione di trame avvolgenti costituisce il vero segreto della compagine bianconera, al pari della capacità di sfruttare al meglio gli schemi su palla inattiva. La tenuta stagna del pacchetto arretrato è stata per circa un mese una delle chiavi di volta anche per le rinnovate ambizioni nutrite in quel di Manchester, con i Citizens impenetrabili all’interno dell’asse centrale Kompany-Fernandinho-Touré (chiedere informazioni al sempre più involuto Chelsea di José Mourinho, ormai schiavo del suo stesso personaggio mediatico, invero cialtronesco in taluni frangenti) a supportare una batteria di trequartisti ulteriormente arricchita dagli arrivi milionari di Sterling e De Bruyne, ed i Red Devils ancora alla ricerca di un’identità precisa ma tenuti in scia ben al di là dei propri meriti in primis da un atteggiamento tattico oculato e speculativo; esiziali in questo senso gli infortuni patiti nelle coppe dal suddetto centrale belga (nessuna rete subita nelle prime cinque giornate, scandite da altrettante vittorie, con lui a comandare le operazioni a fronte di ben sette palloni raccolti in fondo al sacco e due sconfitte consecutive nei susseguenti tre turni in cui è stato sostituito dal neo-acquisto Otamendi e dal sempre disastroso Mangala) e dallo sfortunato fluidificante Luke Shaw, che hanno permesso al discontinuo Arsenal di rientrare in corsa per il titolo. Meno incertezze in Francia, con il Psg che appare ancor più dominante e solido rispetto alle balbettanti ultime versioni, e soprattutto in Germania, dove lo straripante Lewandowski ha rimesso in discussione con disarmante regolarità i concetti di Guardiola su improbabili falsi nueve e sullo “spazio come centravanti ” nella corazzata bavarese; peraltro, lo spumeggiante inserimento nelle rotazioni di Douglas Costa ha fornito allo stratega catalano ben più di una semplice alternativa al lungodegente Ribéry. Considerato l’impatto avuto dal brasiliano in Bundesliga e dal mediano Fernando in Serie A, per tacer del neo-milanista Luiz Adriano, sarebbe d’uopo dare un’occhiata futura in Ucraina all’indirizzo del loro connazionale ed ex-compagno Alex Teixeira, trascinatore indiscusso di uno Shakhtar Donetsk oggettivamente indebolito eppure alla ricerca del decimo alloro nazionale nel consueto testa a testa con la Dinamo Kiev. Nei sinora quindici avvicendamenti avuti luogo sulle panchine dei dieci maggiori campionati del Vecchio Continente (tre dei quali in Portogallo e ben quattro in Russia), a lasciare l’amaro in bocca sono soprattutto la fine del progetto di Bielsa, come reazione al ridimensionamento del Marsiglia, e soprattutto le dimissioni rassegnate da Lucien Favre in quel di Mönchengladbach; la ben nota abilità di far le nozze con i fichi secchi, che ha permesso ad una società in chiaro ed apparentemente irreversibile declino di volare dall’incubo della zona retrocessione sino alla massima competizione continentale in un lustro da leggenda e nonostante la puntuale rinuncia ai pilastri della rosa (Reus, Neustädter, Dante, Ter Stegen, De Jong, Arango, Kramer e Kruse, tra gli altri) in ogni sessione di mercato, stavolta non è servita all’allenatore elvetico per firmare l’ennesimo prodigio della sua sottovalutata parabola lavorativa. LO SPUNTO TATTICO La mazzata subita all’Allianz Arena (1-5 lo scorso 4 ottobre) ha in parte affievolito gli entusiasmi dei calorosi supporters gialloneri, ma il ritorno in pompa magna dello spettacolo offerto dal Borussia Dortmund, apparso solo uno sbiadito ricordo nell’ultima interlocutoria annata, ha rappresentato senz’altro uno dei più stuzzicanti avvenimenti di questi mesi; malgrado l’assenza di una prima punta propriamente detta (ruolo ormai assegnato definitivamente ad Aubameyang, autore di ben quattordici centri), infatti, i gialloneri di Thomas Tuchel hanno allestito una fase offensiva ad orologeria in un 4-1-4-1 di rara efficacia (quarantaquattro sigilli in quindici uscite ufficiali tra campionato e coppe, una media di 2,93 reti a partita firmate da undici marcatori diversi, con Mkhitaryan e Kagawa apparsi rivitalizzati), frutto di ritmi forse meno indiavolati rispetto all’era-Klopp ma di un fraseggio più lineare nel cuore del rettangolo verde, improntato alla verticalizzazione fulminea in grado di esaltare gli incursori in campo aperto di cui l’organico abbonda, oltre alla continua ricerca del cambio di gioco da una fascia all’altra per allargare le maglie della difesa avversaria. Proprio sulle corsie laterali c’è stato l’esperimento più suggestivo azzardato dall’ex-traner del Mainz, lungimirante nel sopperire ai lunghi tempi di recupero del polacco Piszczek e all’inadeguatezza mostrata da Castro nella prima frazione contro i norvegesi dell’Odd nel quarto turno dei preliminari di Europa League con il lancio del classe ’94 Matthias Ginter nell’inedita casella di terzino destro; difensore centrale in origine, mediano all’occorrenza, a dispetto delle lunghe leve il prodotto del vivaio del Friburgo ha risposto con insospettabile facilità di corsa e partecipazione attiva agli scambi in velocità del reparto avanzato con continue sovrapposizioni, producendo due iscrizioni personali sul tabellino dei marcatori e ben otto assist per i compagni in altrettante apparizioni in questa nuova veste. Resta qualche perplessità legata all’interpretazione ottimale delle letture difensive necessarie ad occupare la posizione definitivamente nel lungo periodo, ma dopo aver alternato con pessimi riscontri i vari Boateng, Mustafi, Großkreutz, Rudy, Emre Can e l’impresentabile Rüdiger, magari Joachim Löw potrebbe aver finalmente trovato un erede credibile del sempre più rimpianto Philipp Lahm. OCCHIO A... Thomas Foket (1994, KAA Gent) –  Pro League (Belgio) Gli appassionati nostrani più attenti forse lo ricorderanno con il Belgio Under 19 imperversare da mattatore assoluto al pari del sodale Jordy Croux sulle corsie esterne occupate da Allegra e Murru, in tangibile imbarazzo nell’arginarne le scorribande palla al piede in un match valevole per le qualificazioni agli Europei disputato in Albania nell’autunno 2012 (2-1 per i baby Diavoli Rossi del Ct Van Geersom), eppure al netto di qualche comprensibile patema nelle diagonali prosegue a  ritmo sostenuto la marcia verso la graduale metamorfosi di questo biondo prospetto dalle spiccate peculiarità offensive e dall’inesauribile propulsione in terzino di spinta a tutto tondo grazie alla mirabile intuizione di Hein Vanhaezebrouck, pittoresco personaggio misconosciuto alle nostre latitudini eppure specialista in miracoli nel natio contesto fiammingo, laddove ha dapprima disincagliato il KV Kortrijk dalle anonime paludi della Tweede Klasse per approdare lungo due gestioni, inframmezzate da una negativa parentesi a Genk, ad un’incredibile finale in Beker van België, un sogno svanito a pochi giri di lancette dal termine, per poi regalare appena arrivato al Gent il primo titolo nazionale in centoquindici anni di storia. Dietro questo capolavoro, compiutosi nel maggio scorso, c’è stata soprattutto l’elasticità di pensiero nell’integrare (talvolta in corso d’opera) le proprie ferree convinzioni su un 3-5-2 /3-4-3 a trazione decisamente anteriore per varare l’opzione aggiuntiva di una retroguardia a quattro, resa possibile dalla disciplinata applicazione sulla sinistra del ghanese Nana Asare e dalla duttilità sulla fascia opposta di Foket, ex-ala guizzante riciclatasi appunto in una posizione più arretrata con la maturità di un veterano per permettere l’inserimento di un’ulteriore pedina nel settore nevralgico del campo, la stessa assennatezza che lo portò a scegliere nel 2012 il vicino capoluogo delle Fiandre Orientali per proseguire gli studi, piuttosto che accettare le prestigiose avances di Anderlecht e Bruges o talune sirene provenienti dall’Olanda quando ancora calcava i polverosi campetti  della quarta divisione locale con in dosso la casacca del Dilbeek Sport. Registrato un fugace debutto in Prima Squadra da subentrante nei preliminari di Europa League in quel di Differdange e qualche apparizione sporadica da tappabuchi per sopperire all’infortunio di Mamoutou N'Diaye, Thomas fu mandato a farsi le ossa in prestito all’Oostende, dove veniva ancora utilizzato nel ruolo originario da Frederik Vanderbiest con capitan Luissint a coprirgli le spalle in fase passiva, togliendosi peraltro lo sfizio di vincere proprio ai danni della società proprietaria del suo cartellino i play-off di qualificazione alle coppe europee. Tornato alla base, nella memorabile cavalcata dell’anno scorso si è guadagnato con autorità i galloni da titolare sin dalle amichevoli di preparazione, impreziosendo le sue prestazioni con il consueto supporto alla manovra d’attacco, in primis mediante la costanza nell’arrivare sulla linea di fondo e pennellare traversoni sempre ben calibrati, e sforzandosi al contempo di svolgere al meglio le insolite mansioni di contenimento, palesando invero qualche sbavatura di troppo  negli uno contro uno ma significativi progressi nel muoversi in sintonia con i colleghi del pacchetto arretrato. L’inaspettato exploit dei Bufali adesso costringerà gli elementi presenti in rosa a compiere un ulteriore passo nel proprio percorso di crescita, abbandonando la tutto sommato agevole posizione di underdog per una difficile conferma contro rivali agguerrite e complessivamente più attrezzate, ma dalle prime uscite stagionali sono arrivati segnali incoraggianti in tal senso proprio contro il Bruges (Supercoppa vinta in luglio nel suggestivo scenario della Ghelamco Arena) e l’Anderlecht, messo alle corde a domicilio nella terza giornata per tutta la ripresa da un Foket intento a macinare chilometri sul proprio binario di competenza senza soluzione di continuità ed apparso in eccellente condizione atletica, bravo nel mettere il generoso centravanti Depoitre in condizione di segnare la rete del pareggio. LE TOP 11 Primera División (SPAGNA) – Coefficiente Uefa: 87.570 (4-2-3-1): Carlos Kameni (Málaga); Alberto Lora (Sporting Gijón), Shkodran Mustafi (Valencia), Diego Reyes (Real Sociedad), Jaume Costa (Villarreal); Celso Borges (La Coruña), Luka Modrić (Real Madrid); Saúl Berjón Pérez (Eibar), Antoine Griezmann (Atlético Madrid), Nolito (Celta Vigo); Aritz Aduriz (Athletic Bilbao). Bundesliga (GERMANIA) – Coefficiente Uefa: 68.891 (4-4-2): Loris Karius (Mainz); Matthias Ginter (Borussia Dortmund), Joel Matip (Schalke 04), Benjamin Hubner (Ingolstadt), Ricardo Rodriguez (Wolfsburg); Marcel Heller (Darmstadt), Stefan Reinartz (Eintracht Francoforte), Vladimir Darida (Hertha Berlino), Hakan Çalhanoğlu (Leverkusen); Robert Lewandowski (Bayern Monaco), Anthony Modeste (Colonia). Premier League (INGHILTERRA) – Coefficiente Uefa: 66.409 (4-2-3-1): Heurelho Gomes (Watford); Héctor Bellerín (Arsenal), Chris Smalling (Manchester United), Vincent Kompany (Manchester City), Jordan Amavi (Aston Villa); Yohan Cabaye (Crystal Palace), Jonjo Shelvey (Swansea); Riyad Mahrez (Leicester), Dimitri Payet (West Ham), Sadio Mané (Southampton); Callum Wilson (Bournemouth). Serie A (ITALIA) – Coefficiente Uefa: 62.939 (4-3-3): Marco Sportiello (Atalanta); Alessandro Florenzi (Roma), Gary Medel (Inter), Francesco Acerbi (Sassuolo), Marcos Alonso (Fiorentina); Daniele Baselli (Torino), Lucas Castro (Chievo Verona), Giacomo Bonaventura (Milan); Diego Perotti (Genoa), Éder (Sampdoria), Lorenzo Insigne (Napoli). Primeira Liga (PORTOGALLO) – Coefficiente Uefa: 46.748 (4-4-2): André Moreira (União Madeira); Maxi Pereira (Porto), Fábio Cardoso (Paços de Ferreira), Hugo Basto (Arouca), Marvin Zeegelaar (Rio Ave); Bruno César Zanaki (Estoril Praia), Rubén Pinto (Belenenses), Nikola Vukčević (Braga), Nicolás Gaitán (Benfica); Suk Hyun-Jun (Vitória Setúbal), Islam Slimani (Sporting Lisbona). Ligue 1 (FRANCIA) – Coefficiente Uefa: 46.416 (4-1-4-1): Anthony Lopes (Lione); Serge Aurier (PSG), Loïc Perrin (Saint Etienne), Aïssa Mandi (Reims), Emmanuel Imorou (Caen); Thomas Mangani (Angers); Nicolas Benezet (Guingamp), Hatem Ben Arfa (Nizza), Wahbi Khazri (Bordeaux), Paul-Georges Ntep (Rennes); Michy Batshuayi (Marsiglia). Prem'er-Liga (RUSSIA) – Coefficiente Uefa: 45.482 (4-3-3): Guilherme (Lokomotiv Mosca); Bogdan Butko (Amkar Perm), Pablo Fontanello (Ural), Bastos (Rostov), Grigori Morozov (Dinamo Mosca); Pontus Wernbloom (Cska Mosca), Georgy Gabulov (Krylya Sovetov), Pavel Mamaev (Fk Krasnodar); Quincy Promes (Spartak Mosca), Zaur Sadaev (Terek Grozny), Hulk (Zenit San Pietroburgo). Prem'er-Liha (UCRAINA) – Coefficiente Uefa: 39.083 (4-2-3-1): Mykyta Shevchenko (Zorya Lugansk); Denys Miroshnichenko (Karpaty Lviv), Douglas (Dnipro), Oleksiy Dytyatev (Vorskla Poltava), Andriy Tsurikov (Goverla); Artem Filimonov (Chornomorets Odessa), Oleksiy Dovgiy (Metalist Kharkiv); Andriy Yarmolenko (Dinamo Kiev), Alex Teixeira (Shakhtar Donetsk), Vladyslav Kulach (Stal Dniprodzerzhynsk); Gegam Kadimyan (Olimpik Donetsk). Pro League (BELGIO) – Coefficiente Uefa: 35.000 (4-3-3): Jean François Gillet (Mechelen); Timothy Castagne (Genk), Maxime Chanot (Kortrijk), Noë Dussenne (Mouscron), Bryan Verboom (Zulte Waregem); Youri Tielemans (Anderlecht), Sven Kums (Kaa Gent), Thibault Moulin (Waasland-Beveren); Anthony Knockaert (Standard Liegi), Cyriac (Oostende), Leandro Trossard (Oh Leuven). Eredivisie (OLANDA) – Coefficiente Uefa: 32.396 (4-3-3): Hannes Halldórsson (Nec Nijmegen); Rick Karsdorp (Feyenoord), Guram Kashia (Vitesse), Timo Letschert (Utrecht), Bart van Hintum (Zwolle); Hicham Faik (Roda), Markus Henriksen (AZ Alkmaar), Hakim Ziyech (Twente); Anwar El Ghazi (Ajax), Luuk de Jong (Psv Eindhoven), Thomas Bruns (Heracles). (NB: il Ranking Uefa è aggiornato al 2 ottobre 2015) Marco Oliva

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