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Napoli, il sorriso letale di Higuain

Napoli, il sorriso letale di Higuain

Redazione

02.10.2015 ( Aggiornata il 02.10.2015 14:15 )

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Almeno per una volta evitiamo di sminuire le difese delle piccole squadre - che poi, a dirla tutta, sono quelle che danno sempre del filo da torcere alle italiane - e godiamoci in tutta la sua regalità lo straordinario lampo di genio che ha permesso a Gonzalo Higuain di ridicolizzare il Legia Varsavia. Appena entrato mette subito in mostra le proprie doti nel taglio e cucito - come nella migliore tradizione sartoriale napoletana - partendo dall'esterno e lasciando gli avversari nel dubbio: «Che faccio, vado o no?». Non è il centravanti più forte del mondo - scusa Sarri -, ma di sicuro ha un posto riservato nelle primissime file, già dai tempi di Madrid. E la cosa che maggiormente sorprende quest'anno, nel Pipita, è il sorriso. La voglia di giocare per il - e diciamolo pure - suo Napoli, il fatto di essere meno solista rispetto agli anni con Benitez, il che lo rende ancora più simpatico ed efficace. Capitava spesso di assistere a quel processo di straniamento che l'argentino metteva in atto non appena la sua mente calcistica - superiore a molti dei compagni - reputava sgraziata e disarmonica un'azione di gioco. Farne a meno, oggi, è inevitabile. Com'era inevitabile farne a meno anche quando gli si scaricavano addosso tutte le colpe per dei rigori sbagliati - alcuni dei quali parecchio importanti, è vero - e come sarebbe inevitabile per il 99,9 % dei club europei. Merito suo, chiaramente, e di chi lo sta guidando. Il filo diretto che lo lega a Sarri - non era facile crearlo con il caratterino di Higuain - testimonia l'eccellente lavoro dell'ex allenatore dell'Empoli, che finalmente ha cominciato a raccogliere i frutti dopo l'indetraibile rodaggio iniziale. Il mister che ora è passato a guidare un grande club, avendo portato a compimento con il massimo dei voti l'età della gavetta, esattamente l'antitesi della foltissima schiera di quei calciatori arrivati senza merito in territori a loro sconosciuti per qualità, che sfoggia la tuta come il più elegante degli abiti - anche se durante gli anni della Sansovino si presentava per scaramanzia in completo nero - e che spazza via una volta per tutte il luogo comune che considera inadatta a carpire i principi fondamentali del mestiere la persona che non ha mai praticato calcio ad alto livello. Nessuno si offenderà se ogni tanto si lascia un po' di spazio all'umiltà e alla meritocrazia. @damorirne

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