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Van Gaal, Mourinho, Zeman e i santoni bolliti

Van Gaal, Mourinho, Zeman e i santoni bolliti

Redazione

09.09.2015 ( Aggiornata il 09.09.2015 13:29 )

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Louis Van Gaal ha forse lasciato tutta la sua genialità al Mondiale brasiliano quando poco prima della serie decisiva di calci di rigore contro il Costarica sostituì Cillessen con Krul, non soltanto perché Krul era un miglior pararigori ma per mettere gli avversari in condizioni di inferiorità psicologica. Da allora, cioè da quando ha preso in mano il Manchester United interrompendo la brevissima era Moyes, Van Gaal non è sembrato meglio di Pippo Inzaghi: gioco inesistente, risultati anche, ma soprattutto centinaia di milioni di euro buttati al vento soltanto per inseguire, senza troppe idee, il City. Di Maria, Herrera, Blind, Shaw, Rojo, Depay, Martial, Darmian, Schneiderlin, Schweinsteiger, soltanto per citare cartellini costati almeno 15 milioni: tranne di Di Maria nessuno che possa spostare valori ad alto livello, anzi. L'allenatore olandese è soltanto uno dei grandi santoni della panchina che sembra calato di tensione: non che abbia dimenticato come si insegna calcio, ma forse è diminuito il fuoco che arde dentro, quello che fa la differenza fra un palo-fuori e un palo-gol. Il fenomeno è curioso, perché riguarda quasi tutti i grandi 'condivisi' della panchina ancora in pista, senza ovviamente contare quelli ritirati che hanno accettato più o meno serenamente la pensione. Abbiamo notato una recente mancanza di fuoco, per dire, addirittura in Mourinho, che in passato anche quando sbagliava scelte di mercato (e ne ha sbagliate) riusciva a rimediare con la guerra santa del genere 'noi contro il mondo'. Non ha più fuoco da molto tempo Ancelotti, al di là del fatto che poco più di un anno fa stesse festeggiando la Champions League con il Real Madrid. Scendendo di livello non ha più fuoco Zeman, troppo calato nel personaggio, che in teoria dovrebbe essere motivato dalla tremenda scarsezza della rosa del Lugano: testimonianze dirette ce lo danno per distaccato, seccato, stanco, scorbutico. Non ha più fuoco Benitez, arrivato con qualche anno di ritardo alla panchina che sognava da una vita. Non ha più fuoco Guardiola, che sa benissimo di non poter sostituire per il terzo anno di fila una Champions League con qualche 7 a 0 passeggiando ed in più adesso è preso dall'indipendentismo catalano: per fare il guru la vittoria è un dettaglio. Bollitissimo Wenger, copia sempre più sbiadita di se stesso, abbastanza fumante Blanc. Disoccupati di lusso Capello e Lippi, come del resto Ancelotti, non ancora ritiratisi, dall'altro lato possiamo invece mettere in fila gli allenatori dei club da fasce alte di Champions League che si possono definire in ascesa, un gruppo che raccoglie fasce di età molto diverse. Su tutti Diego Simeone, poi Luis Enrique, di certo Villas-Boas, Cocu, Nuno, Lopetegui e Rui Vitoria, anche Allegri nonostante le apparenze di persona distaccata è ancora roso dall'ambizione (che parte da una carriera da calciatore inferiore al potenziale) mentre Garcia e Pellegrini stanno a metà: per certi versi sono appagati, per altri si sentono incompresi. È poi ovvio che un bollito alla guida del Real Madrid batterà sempre uno con la bava alla bocca del Frosinone, non è superfluo precisarlo visto il tenore di certi commenti che compaiono anche su un sito di qualità come quello del Guerin Sportivo. Da anni si dice e si scrive che il pendolo della storia calcistica si stia di nuovo spostando verso dirigenti e calciatori, come del resto era accaduto dagli albori del calcio fino a quasi tutti gli anni Sessanta. Secondo questa teoria i club di visibilità mondiale hanno bisogno di un manager che si presenti bene, che dica le cose giuste in conferenza stampa, che abbia un grande curriculum e che porti nel modo giusto la giacca. Club e procuratori dei giocatori hanno interesse a far scrivere queste cose, ovvio. Ma continuiamo a credere che l'allenatore valga almeno un terzo della squadra e che averne uno in ascesa sia meglio di ingaggiare il santone celebrato. Non tutti sono così onesti almeno con se stessi, come Sacchi, per togliersi di mezzo da soli. Twitter @StefanoOlivari

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