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La serie A sul divano Sky-Mediaset

La serie A sul divano Sky-Mediaset

Redazione

27.08.2015 ( Aggiornata il 27.08.2015 11:24 )

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Da quarant'anni leggiamo che la serie A è in crisi e che il pallone si sta sgonfiando, però evidentemente si sta sgonfiando in maniera molto lenta visto che la differenza di interesse fra il calcio e gli altri sport (nei quotidiani, non soltanto quelli sportivi, spregiativamente definiti 'varie') è molto più marcata rispetto agli anni Settanta, quando i pochi canali televisivi e una sorta di ideologia pedagogica imponevano la conoscenza dei personaggi principali di altre discipline. Di più: nel 2015 il calcio in Italia e non soltanto in Italia è la differenza fra la vita e la morte per le televisioni a pagamento, fintamente in concorrenza (se no Sky avrebbe stra-pubblicizzato la diretta di Bayer Leverkusen-Lazio sulla Zdf, suo canale 546, beffando la 'concorrente' Mediaset), è insomma quella che in cialtronese in manager definiscono killer application. Detto questo, i dati diffusi dall'Osservatorio Nazionale sulle manifestazioni sportive dovrebbero spaventare una lega seria, gestita da dirigenti a tempo pieno e non da persone messe lì per non toccare equilibri di potere quasi trentennali (cioè da quando Matarrese andò alla FIGC) e i magheggi della coppia Galliani-Lotito. La serie A 2014-15 ha avuto nei suoi stadi il 6,1% di spettatori in meno rispetto alla stagione precedente, confermando la tendenza negativa iniziata in maniera pesante alla fine dello scorso decennio: la media spettatori per partita è di poco sotto i 23.000, quasi la metà della Bundesliga, con un indice di riempimento degli impianti a prima vista imbarazzante (56%) ma in parte spiegabile con il loro sovradimensionamento. Saltiamo a piedi pari l'analisi della situazione stadi, fatta mille volte, perché ogni realtà ha una sua storia: quello che può essere giusto a Torino, dove il vecchio Delle Alpi era troppo grande e senza possibilità di sviluppo, può non esserlo a Milano a Roma. E andiamo sui dati televisivi della prima giornata di campionato, pubblicati dal Corriere dello Sport, confrontati con le presenze allo stadio. La partita più importante, Fiorentina-Milan, è stata vista fra Sky e Mediaset, da 707.087 telespettatori, mentre al Franchi i presenti erano 33.904: lo stadio reale in questo caso è stato il 4,5% di quello totale (reale più virtuale). La partita con in campo la squadra più seguita d'Italia, Juventus-Udinese, è stata televisiva in diretta da 1.933.497 persone e allo Juventus Stadium da 38.433, l'1,9% dello stadio totale. La situazione cambia mano a mano che la partita scende di interesse o, peggio ancora, vede in campo squadre con una tifoseria numericamente limitata oltre che concentrata sul territorio. All'estremo opposto della partita di Torino è stata infatti Empoli-Chievo: 3.705 spettatori in tivù e 7.309 allo stadio, con il calcio reale che in questo caso (l'unico fra l'altro in cui la tivù perde rispetto al campo) prevale: 66,3%. Per evitare distorsioni derivanti da casi limite sommiamo ascolti televisivi e presenze allo stadio di tutte e 10 le partite: 6.142.237 e 225.594 (cifre in molti casi basate su stime). Lo stadio totale della prima giornata di serie A è stato popolato da 6.367.831 italiani, con quello reale che ha rappresentato quindi il 3,6% del totale. Finiamola qui con il bombardamento di cifre e veniamo al punto, che ha sorpreso anche noi che ci eravamo avvicinati a questi dati con un altro tipo di pregiudizio, cioè che dallo stadio i club ricavassero troppo poco. L'incidenza dei ricavi da stadio sul totale dei ricavi è infatti, nei bilanci dei club, fra il 10 e il 15%: pochissimo in proporzione agli altri paesi leader e in assoluto, ma moltissimo in rapporto alla reale distribuzione dei tifosi. In altre parole, ci sarebbero margini per tirare fuori dal tifoso da divano ancora più soldi, rispetto a quello da stadio. Esperienze promozionali recenti, ci viene in mente l'Atalanta (in certe partite quasi regalati i biglietti), dimostrano che si sta avvicinando il momento in cui allo stadio ci andranno soltanto figuranti. Potrà non piacerci ma in Italia accadrà esattamente questo se, per tornare al linguaggio cialtronese, la 'experience' dal vivo non verrà resa nettamente superiore a quella davanti a uno schermo. Intanto si sta delineando lo scenario che per chi ha una certa età rappresenta il male assoluto ma che a pensarci bene tanto male non è: intere generazioni di tifosi veri che mai metteranno piede nello stadio della propria squadra e meno che mai in quelli di squadre avversarie. Conclusione? Il calcio continua ad interessare, ma a tifosi che lo guardano in maniera diversa e non capiscono la poesia dello stare in ballo una giornata per vedere novanta minuti di gioco. Twitter @StefanoOlivari

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