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L'ultima battuta di Bruno Pesaola

L'ultima battuta di Bruno Pesaola

Redazione

29.05.2015 ( Aggiornata il 29.05.2015 15:30 )

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La morte a quasi novant’anni ci può stare, ma questo non toglie che l’addio di Bruno Pesaola a questo mondo abbia portato dolore non soltanto nella sua Napoli ma anche in tutte le persone cresciute guardando e sognando un certo tipo di calcio. Non migliore di quello di oggi, sotto alcun profilo (meno veloce e con meno occasioni da gol, forse addirittura meno onesto), ma con protagonisti fortemente caratterizzati e in definitiva più umani (con l’asterisco del passato che, filtrato, diventa sempre migliore). Il ‘Petisso’ (cioè ‘Piccoletto’) era uno di questi: ala velocissima con davanti una grande carriera che a causa di un drammatico infortunio sarebbe diventata soltanto buona, ha giocato insieme ad Alfredo Di Stefano (nelle giovanili del River Plate) e Silvio Piola (nel Novara), ma soprattutto nel Napoli e a Napoli, la città dove è rimasto fino alla morte in mezzo a varie avventure imprenditoriali (tutte finite male) e spostandosi soltanto per allenare, ottenendo buoni risultati ovunque con le gemme dello scudetto della Fiorentina 1968-69 e due Coppe Italia con Napoli e Bologna. Troppo ironico e autoironico per definirsi maestro di calcio, era un fine tattico soprattutto nella lettura delle partite durante il loro svolgimento: qualche sua squadra abbiamo fatto in tempo a vederla, anche dal vivo (si era ritirato nel 1985), arrivando poi anche a conoscerlo meglio attraverso i racconti di suo figlio Roberto, in radio con il nome d’arte di Zap Mangusta. Senza offesa lo si sarebbe potuto definire un difensivista, guardando con gli occhi di oggi le sue formazioni (pensiamo più alla Fiorentina dello scudetto che al Napoli di Sivori e Altafini) potremmo parlare di un 3-4-1-2 alla Mazzarri, tanto per fare un paragone napoletano. Ma la sua specialità era adattarsi alle situazioni e adattare i giocatori a ruoli a cui nemmeno pensavano, da Ronzon a Chiarugi. Poi è chiaro che la sua personalità gli si è mediaticamente ritorta contro, al punto di essere ricordato quasi più come un dispensatore di battute (si trovano ovunque, anche sul web) che come un allenatore. Ma le comparsate in vari film (da Walter Chiari a Nino D’Angelo) e i gesti scaramantici valgono meno dei ricordi che ha lasciato. Uno che non se la tirava, ma che avrebbe avuto i titoli per farlo. Twitter @StefanoOlivari

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