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Addio Gallinari

Addio Gallinari

Uno degli italiani più forti di sempre lascia la pallacanestro giocata, a 37 anni e dopo una carriera da protagonista nella NBA e in Nazionale. È mancato soltanto l'incastro giusto per la grande vittoria...

10 giorni fa

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Danilo Gallinari non è più un giocatore di pallacanestro. È stato lui stesso ad annunciare il ritiro dal campo, a 37 anni, attraverso i suoi canali social: "Oggi, con il cuore pieno di gratitudine, annuncio il mio ritiro dopo una carriera che ho sempre sognato. Una carriera costruita con il duro lavoro, i sacrifici, le vittorie, le sconfitte, i compagni di squadra diventati fratelli, la guida dei miei allenatori e, naturalmente, la famiglia e gli amici che sono stati con me in ogni passo del cammino. È stato un viaggio incredibile, ricco di ricordi che porterò con me per tutta la vita. A chi ha creduto in me, a tutti quelli che mi hanno sostenuto e a chi ha condiviso i momenti con me: grazie, dal profondo del cuore.  Sono entusiasta per il prossimo capitolo!". Un prossimo capitolo che dovrebbe comunque riguardare la pallacanestro, visti i tanti progetti in ballo. Non da allenatore, ma da dirigente e forse imprenditore, mantenendo la residenza negli Stati Uniti con la moglie e i tre figli. I soldi da investire non gli mancano, visto che in 16 anni di NBA ha guadagnato 205 milioni di dollari lordi, che sommati alle sponsorizzazioni e al resto ne fanno probabilmente lo sportivo italiano più ricco di sempre.

Ma in questo momento ci interessa parlare del Gallinari giocatore: secondo i suoi detrattori un magnifico perdente, visto che l'unico trofeo alzato in vita sua è stato il titolo portoricano lo scorso agosto con i Vaqueros de Bayamon, secondo la realtà un campione che finché il fisico l'ha sorretto ha vissuto la NBA da protagonista, dopo gli inizi ai Knicks versione D'Antoni: ai Nuggets e secondo noi anche ai Clippers si è visto il miglior Gallinari, primo riferimento offensivo della sue squadre con uno status poco al di sotto di quello di un All Star. Certo fra un grave infortunio e l'altro, in un fisico troppo più forte nella parte superiore, è mancato l'incastro giusto per una squadra da titolo, quello che ha sfiorato ai Celtics prima di farsi male in Nazionale, ma non è una colpa: nemmeno Barkley e  Stockton hanno vinto anelli. Fra gli italiani che hanno giocato davvero nella NBA (lui, Bargnani, Belinelli e Fontecchio) e a maggior ragione fra quelli che ne sono stati ai margini lui è quello che stato più vicino a diventare una stella.

È ovvio che un Gallinari europeo, almeno nel finale di carriera, potendosi scegliere la squadra avrebbe potuto puntare almeno ad un'Eurolega, e a dirla tutta fino a poche ore fa i tanti insider veri e finti davano per possibile un suo ultimo urrah all'Olimpia Milano, con l'umiltà di giocare 15 minuti di qualità a partita, da cinque tattico o da specialista. Il ritorno a Milano è rimasto così la classica domanda, ma anche la classica sua risposta, da intervista: ad Armani sarebbe piaciuto, a Messina molto meno, a Poeta forse. In generale agli allenatori la sua versatilità è sempre piaciuta, poi è chiaro che il suo modo di giocare si è evoluto in base alle sue possibilità fisiche. Alla fine fare il tiratore bianco era rimasta l'unica opzione.

Dove Gallinari avrebbe potuto fare molto meglio, visto anche l'impegno che ci ha sempre messo quando è stato sano, è in Nazionale. La Generazione NBA non è mai stata in semifinale ad alcuna manifestazione e ci è andata vicina soltanto a Eurobasket 2015. Vent'anni quasi persi, non soltanto per colpa di Gallinari ma anche di un gruppo di cui lui stesso qualche anno fa, quando ancora pensava di vincere qualcosa, aveva scritto l'epitaffio: "Evidentemente non siamo così forti come ci hanno descritto". Gli ultimi suoi anni azzurri, a partire dalle Olimpiadi di Tokyo, li abbiamo trovati però commoventi, Eurobasket 2025 (con Pozzecco che non lo voleva) compreso: alla Nazionale teneva tantissimo, almeno quanto i Meneghin e i Marzorati che hanno chiuso la carriera con un palmares chilometrico, a fronte del suo quasi a zero. È stato il più grande giocatore italiano di sempre? Se la NBA è il metro di ogni giudizio sicuramente sì. Poi è chiaro che chi è stato grande negli anni Settanta e Ottanta, forse anche Novanta, non ha avuto le sue possibilità e i suoi stimoli per mettersi in gioco al livello massimo. In ogni caso Gallinari lo rimpiangeremo, anche se dietro a ogni piazzamento delle Under vediamo generazioni di fenomeni. 

stefano@indiscreto.net

 

 

 

 

 

Senza farla troppo lunga, la carriera NBA di Gallinari è stata vissuta con uno status ottimo, mediamente superiore a quello del pur eccezionale (per la concorrenza affrontata nel ruolo) Belinelli e con ambizioni superiori rispetto a quella di Bargnani. Non si può evidentemente confrontare il palmares di Gallinari con quello di Meneghin e Marzorati (o di... Vittorio Gallinari), come molti fanno, se non per quanto riguarda la Nazionale. Qui davvero non c’è discussione: la generazione NBA non è mai arrivata nelle prime quattro squadre in alcuna competizione e in certi casi le delusioni sotto la guida di Recalcati, Pianigiani e Messina hanno assunto le proporzioni del fallimento, anche se ovviamente la colpa non è stata soltanto di Gallinari. Che magari saluterà con una medaglia, chi lo sa. Ma il fatto che il nostro basket, quello che abbiamo amato, sia stato quello di Meneghin e Marzorati, non può cancellare la considerazione di cui Gallinari ha goduto per tre lustri nella lega più importante del mondo. Fuoriclasse, non soltanto in Portorico. 

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