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Guerino - Andrea Bargnani non ha bisogno di presentazioni, come grande giocatore nella NBA e nella Nazionale tutti lo conoscono. Come dirigente è invece da poco diventato diventato executive advisor nella LBA presieduta da Maurizio Gherardini. Può spiegare il suo nuovo ruolo nella pallacanestro italiana?
Bargnani - È un ruolo trasversale, in cui in parte userò la mia immagine per iniziative legate alla Lega e in parte sarò operativo al fianco del presidente Gherardini. L’idea di base è che la LBA diventi un’azienda al servizio dei club, che fornisca servizi e che faciliti contatti commerciali.
Guerino - Come si è preparato Bargnani a questo nuovo lavoro?
Bargnani - Non mi sono improvvisato. Nel 2010 ho iniziato a studiare marketing all’università di Toronto, poi tornato in Italia ho frequentato corsi alla LUISS e alla Bocconi. Non soltanto pensando allo sport, ma anche alle attività finanziarie e immobiliari che ho fatto partire 15 anni anni fa. Dopo il ritiro, nel 2017, ho continuato ovviamente a seguire la pallacanestro per passione, ma solo adesso è arrivata questa grande opportunità.
Guerino - Che cosa porterà in questo lavoro della sua esperienza NBA?
Bargnani - Soprattutto il fatto che in ogni campo si debbano cercare i migliori. Il giocatore è bravo a giocare, può fare bene anche in altre attività ma non è detto che ci riesca. Nella NBA nelle attività di backoffice ho visto persone che di basket non sanno assolutamente niente, ma sono le migliori nel loro campo. Se ho bisogno di un esperto di motori di ricerca assumo uno che ha lavorato dieci anni a Google, non uno che fino a due mesi prima giocava. Di basket devono capire i general manager delle squadre, i direttori sportivi, gli allenatori.
Guerino - Com’è la Serie A di oggi rispetto a quella del 2006 in cui vinse lo scudetto con la Benetton?
Bargnani - Allora era insieme alla Spagna la prima opzione dopo la NBA, oggi no perché è cambiato il mondo e non soltanto quello del basket. Inoltre c’era una maggiore omogeneità fra i club: c’erano quelli più forti degli altri, quelli che vincevano gli scudetti, ma la distanza con gli ultimi non era quella che c’è oggi.
Guerino - Come venderete il prodotto Serie A lei e Gherardini? Quali sono le idee?
Bargnani - Il presidente sta completando il tour di tutti i club, fra poco tirerà le somme. Di sicuro il basket non può più essere soltanto sport, anche nella realtà europea ci deve essere anche una componente di intrattenimento per andare oltre il bacino di utenza dei tifosi. La Serie A non può e non deve essere una copia della NBA, ma il modello dello sport europeo non è più sostenibile. Negli Stati Uniti sotto la NBA e la sua lega di sviluppo non c’è niente, nemmeno a basso livello, mentre in Europa il professionismo, a vari livelli, riguarda un numero enorme di squadre e di atleti. L’idea di fondo è quella di superare il mecenatismo, o come lo vogliamo chiamare visto che spesso chi investe nello sport lo fa per altri motivi.
Guerino - Perché un giovane italiano di oggi dovrebbe guardare le partite di Serie A invece di quelle NBA o al limite di Eurolega?
Bargnani - L’asset principale della LBA e della pallacanestro italiana in generale è il radicamento sul territorio, oltre a un’atmosfera che nella NBA non esiste, se non in rari casi. Da qui si deve partire. Poi è chiaro che un tredicenne italiano sullo smartphone va a vedersi gli highlights di Steph Curry, ma non abita in California e quindi sarà sempre legato alla squadra della sua città. Io stesso sono cresciuto a Roma sognando Michael Jordan e poi Kobe Bryant, ma andavo a vedere le partite della Virtus Roma e amavo Carlton Myers. Insomma, le due passioni possono coesistere.
Guerino - A proposito di coesistenza, cosa pensa la LBA della prossima nascita di NBA Europe, o come si chiamerà?
Bargnani - Al di là del fatto che nessuno sa esattamente cosa accadrà nel 2027, l’arrivo in qualsiasi forma della NBA in Europa avrà un impatto su tutto. Certo questa nuova realtà non dovrà cannibalizzare le leghe nazionali e credo proprio che non lo farà, visto che si parla di un numero limitato di squadre. Stiamo comunque parlando di qualcosa di diverso: lo sport-spettacolo contro il tifo e ldentità. Poi la NBA è anche sport al massimo livello e da noi ci possono essere elementi di spettacolo e intrattenimento. Ma le realtà rimangono diverse.
Guerino - Come sta andando LBA TV?
Bargnani - È presto per un bilancio riguardante una piattaforma messa in piedi in quattro settimane, ma la strada è questa, il rapporto diretto con il proprio pubblico.
Guerino - Parlando di pallacanestro giocata, quanto contano i successi della Nazionale nel successo della LBA? Viene da dire poco, se no negli ultimi vent’anni la Serie sarebbe scomparsa…
Bargnani - Secondo me la Nazionale conta tantissimo, dal punto di vista sportivo e da quello della promozione. Ma ancora più importante, per il boom di uno sport, è avere il fuoriclasse, il numero uno. Io, Gallinari e Belinelli abbiamo giocato tanti anni nella NBA, penso anche bene, ma non siamo stati ciò che Tomba è stato per lo sci, Valentino Rossi per le moto, ciò che Sinner è per il tennis: ecco, un giocatore così sarebbe la fortuna di tutti. Ma anche senza il Sinner del basket la LBA ha lo stesso un grande potenziale.
stefano@indiscreto.net
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