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Belinelli al momento giusto© LAPRESSE

Belinelli al momento giusto

Uno dei più grandi giocatori italiani di sempre lascia, a 39 anni, la pallacanestro giocata, Lo scudetto appena vinto con la Virtus Bologna e 13 anni di carriera NBA dicono che non ci saranno rimpianti...

5 giorni fa

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Marco Belinelli ha lasciato la pallacanestro giocata nel momento giusto, a 39 anni e dopo il secondo scudetto vinto con la Virtus Bologna, il suo terzo personale con quello in maglia Fortitudo di ormai 20 anni fa (ma lui era cresciuto nelle giovanili della Virtus pre-radiazione). Inutile riproporre statistiche che si trovano dappertutto, più interessante collocare Belinelli nella storia della pallacanestro italiana, anche se questo significa in parte riproporre i soliti discorsi sulla generazione NBA che in lui, Bargnani e Gallinari ha avuto i suoi esponenti massimi, quelli che ce l’hanno fatta, con tutto il rispetto per Datome e Melli. E anche per chi nella NBA non c'è stato per motivi generazionali, ad esempio un possibile Belinelli del passato è senza dubbio Antonello Riva. 

Belinelli come Bargnani e Gallinari è entrato nella NBA dalla porta principale, senza mendicare contratti, scelto al primo giro del draft 2007, anche se al numero 18 invece che essere prima scelta assoluta come Bargnani l’anno prima o sesta come Gallinari quello dopo. La vera differenza è stata comunque che Belinelli ha dovuto farsi largo in un ruolo con una concorrenza americana enorme, contro giocatori di base più atletici, comunque più numerosi di quelli che hanno dovuto ‘battere’ Bargnani e Gallinari, e più considerati dagli allenatori dellepoca, quelli secondo cui gli europei (per non dire i bianchi) non sanno difendere. Durissima quindi la vita agli Warriors che lo hanno scelto, con allenatore Don Nelson troppo NBA old school. Un po’ di luce, almeno come impiego, nei Raptors di Bargnani, poi agli Hornets la grande svolta grazie al suo lavoro fisico e a un Chris Paul che onestamente gli cambia la vita prima di andarsene.

L’anno ai Chicago Bulls di Thibodeu è il nostro preferito fra quelli NBA di Belinelli, arma letale uscendo dalla panchina e intenso in ogni fase del gioco, con miglioramenti difensivi evidenti. Certo il Belinelli più ricordato è quello degli Spurs, con la vittoria nella gara del tiro da tre all’All Star Game e soprattutto quella dell’anello nella squadra di Duncan, Parker, Ginobili e dell’emergentissimo Leonard. Trionfi che Belinelli poi monetizzerà in altre squadre, più o meno sempre con gli stessi minutaggi e la stessa posizione in gerarchia: per arrivare a 13 stagioni NBA e a quasi 50 milioni di dollari lordi di ingaggi ha dovuto davvero farsi il mazzo, per usare le sue parole, e per molti versi la sua storia può ispirare più ragazzi di quella di top player NBA, i famosi predestinati.

Essere stato in America nei suoi anni migliori non ha impedito a Belinelli di cogliere successi anche in Italia, gestendosi con grande intelligenza e umiltà, come nell’ultima stagione in cui è stato il primo a capire i suoi limiti di tenuta, accettando situazioni più defilate anche se sempre di qualità. Da vero professionista NBA, viene da dire. Come più volte ricordato, la Nazionale negli ultimi 20 anni non è mai stata nemmeno in semifinale di un qualsiasi torneo e quindi anche Belinelli è stato sia vittima sia colpevole di questa situazione. A parte una volta, dopo il primo anno ai Warriors, non si è mai tirato indietro e le sue estati sono state azzurre fino ai Mondiali del 2019, con 4 commissari tecnici diversi e tante occasioni sfumate, al più dolorosa quella del preolimpico 2016 di Torino.

Belinelli sarà ricordato da tutti gli appassionati italiani per la sua dedizione e non è una banalità dirlo: ha davvero dato il 100% sognando fin da bambino di arrivare dove poi è arrivato, grazie al talento, indiscutibile, e a un lavoro ossessivo che per chi tira in uscita dai blocchi fa la differenza fra l’eccellenza e la mediocrità. Fra i grandi della storia italiana Belinelli è quello che è arrivato più lontano in rapporto al potenziale: ha dato il 100%, possono dirlo pochi giocatori e in generale poche persone. Per questo dubitiamo di vederlo in altri ruoli nella pallacanestro, al di là di quello onorifico di ambasciatore della Virtus: troppo giocatore 'dentro' per poter fare l'allenatore o il drigente sul serio, magari la sua profonda conoscenza della NBA e i suoi rapporti personali potrebbero aiutarlo come agente, ma in questo momento Blinelli dà l'impressione di un guerriero in pace con sè stesso. 

stefano@indiscreto.net

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