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Zanetti senza Baraldi, la svolta di Abu Dhabi e l'Europa dietro a Cooper Flagg
Chi si aspettava un disimpegno totale di Massimo Zanetti dalla Virtus Bologna è rimasto deluso, ma certo è che da oggi per la Virtus inizia una storia diversa e non soltanto per la fine della sponsorizzazione Segafredo e la cacciata di Luca Baraldi, accusato senza mezzi termini di avere sbagliato i conti riguardanti il budget, che all’ultimo conteggio è sui 23 milioni di euro: come dire a un allenatore che non sa allenare. Comunque la si veda, una posizione strana visto che Baraldi l’ha scelto e difeso dal 2016, con la squadra presa in A2… Nella sostanza il punto di riferimento sportivo sarà adesso soltanto il general manager Paolo Ronci, con Zanetti e il secondo azionista Gherardi (55% e 45 le proporzioni) a scambiarsi frecciatine e un gruppo di giocatori che ha avuto una bella scossa da Ivanovic ma che sportivamente è a metà del guado: inadeguato per la parte alta dell’Eurolega e in Italia molto sotto, come profondità, all’Olimpia Milano che può battere al massimo in una partita secca (magari già nel quarto di Coppa Italia). A questo punto è probabile che la Virtus del futuro sia basata su un progetto, qualsiasi cosa voglia dire (di solito 'ridimensionamento'), più che su un instant team di scarso respiro, da contratti trimestrali come quello di Justin Holiday. Clima da fine ciclo, com addio di Zanetti che sembra soltanto rimandato.
Final Four di Eurolega ad Abu Dhabi, dal 23 al 25 maggio prossimi: notizia che da sicura, ne abbiamo già parlato altre volte, è adesso diventata ufficiale e segna l’inizio della guerra fredda con la NBA che fra un paio d’anni vorrebbe fare in Europa con la FIBA ciò che ha già fatto in Africa: quindi non una division europea della NBA per così dire vera, ma un torneo sotto l’ombrello NBA e magari anche con il marchio istituzionale FIBA, come a far vedere che si rispettano le tradizioni locali. Senza fare geopolitica da bar è chiaro che l’Euroleague presieduta da Bodiroga prova la carta dei soldi arabi per arrivare a ciò che in un quarto di secolo è sempre stato un miraggio, cioè il guadagno per chi investe nella pallacanestro. Soldi arabi che significano anche la promozione di Dubai, attualmente parcheggiata nella Lega Adriatica. Il tutto unito a un presunto fair play finanziario che dovrebbe entrare a regime nel 2027. Insomma, gli schieramenti sono chiari e non è detto che la NBA abbia la bacchetta magica per rendere sostenibile uno sport che in Europa non lo è mai stato.
Dopo questa prima parte di stagione NCAA sembra impossibile che la prima scelta assoluta al draft sia qualcuno di diverso da Cooper Flagg, spinto dalle sue prestazioni e anche dall’hype di Duke, che ESPN considera attualmente la seconda squadra favorita per il titolo, che sarebbe il primo del post Coach K. Magari Flagg deciderà di rimanere a Duke anche oltre l’anno da freshman, ma in questo momento non ci crede nessuno. E l’Europa? Può essere chiamato molto in alto Kasparas Jakucionis, tiratore lituano con un passato nel Barcellona e ora al college negli USA, a Illinois. Al primo giro potrebbero essere chiamati anche il playmaker israeliano Ben Saraf, ora a Ulm, in Eurocup nel girone di Trento, il pari ruolo Nolan Traoré, francese e purissimo prodotto INSEP, ora in LNB a Saint-Quentin. Poi un altro francese, ma ala, Noa Essengue, nella già citata Ulm, il russo Egor Demin ora a Brigham Young dopo essere transitato al Real Madrid e poi lo stracitato Hugo Gonzalez, guardia madridista dentro e fuori. Gli europei da primo giro dovrebbero essere questi senza dimenticare i tanti francesi di buon livello ma non proprio pronti (Maxime Raynaud su tutti) e il fatto che in mancanza del fuoriclasse le squadre NBA puntino sull’upside più che sul valore attuale. Contando anche altri continenti, potremmo in teoria avere un draft 2025 in cui oltre metà delle prime scelte non è statunitense. Curioso che negli Stati Uniti questa NBA globalizzata piaccia sempre meno.
stefano@indiscreto.net
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