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Le due nazionali contro l'Islanda, Tanjevic contro il tiro da tre e il futuro dell'Eurolega
L’Italia di Pozzecco si è qualificata agli Europei 2025 prima di scendere in campo a Reggio Emilia e di perdere male contro un’Islanda asfaltata tre giorni prima a casa sua. Poche le indicazioni ricavate da questa finestra per le nazionali, visto che la squadra teoricamente migliore, quella con Melli, è anche quella che è sembrata più scarica. Le cose migliori sono state l’italianizzazione di Grant Basile, che è il tipo di giocatore a cui realisticamente possiamo puntare e che ha dimostrato con parole e fatti attaccamento per lo meno alle sue radici familiari, visto che come formazione è totalmente statunitense, e l’inserimento nel gruppo di Dame Sarr, in prospettiva lo swingman che può attaccare il ferro con forza, il Cordinier della situazione che offra soluzioni in più nei momenti in cui il tiro fa sdeng. Agli Europei, dal 27 agosto al 14 settembre prossimi, ci saranno anche Fontecchio, Procida, Polonara, Pajola, forse Spagnolo, magari un Gallinari ai saluti. Da decifrare la posizione di Mannion, che evidentemente non entusiasma Pozzecco, e quella di Toté che nella prossima finestra, a febbraio contro Turchia e Ungheria, una chance potrebbe anche averla. Di sicuro Eurobasket chiuderà l’era azzurra di tanti giocatori, con punto interrogativo su un c.t. che si è stancato di essere trattato dai media come un influencer e non come un allenatore. Il problema è che lo vede in questo modo anche Petrucci.
Abolire il tiro da tre? Sarebbe il sogno di molti appassionati di basket, anche se chi ne parla viene trattato come un provocatore, nella migliore delle ipotesi un vecchio nostalgico. Capiterà anche a monumenti come Dan Peterson e Boscia Tanjevic, che nei giorni scorsi hanno sottolineato come l’abuso del tiro da tre abbia reso più noiosa la pallacanestro, nel senso di uguale (anche in Europa è difficile trovare vere differenze fra le squadre, se non nel valore dei singoli giocatori) e di molto scarna, con movimenti e scelte dei giocatori che nel corso dei decenni sono scomparsi: non è solo un problema di palleggio, arresto e tiro dalla media distanza. La NBA di oggi non è paragonabile a quella del 1979, quando il tiro da tre fu introdotto sfruttando l’idea della defunta ABA, e nemmeno il resto del mondo della pallacanestro è paragonabile a quello del 1984 quando il tiro da tre, sia pure con distanze diverse, fu introdotto dappertutto. Il discorso non è ovviamente soltanto tecnico, perché al pubblico generalista piacciono cose, dalle schiacciate al tiro da tre, appunto, che per l’appassionato sono soltanto una parte della pallacanestro: è come se nel calcio mettessero una serie di giocatori, anche fenomenali, a tirare dal limite dell’area di rigore, senza costruire un’azione. Impossibile che si torni indietro, possibile che si vada verso un arco NBA anche nel resto del mondo.
Sempre più addetti ai lavori europei, fra dirigenti di club e agenti, danno per scontato lo sbarco della NBA in Europa a partire dal 2026, quando gli attuali contratti commerciali dell’Eurolega saranno in scadenza. Non con la fantomatica division europea di cui si parla da decenni, anche soltanto per motivi logistici e di fuso orario senza elencare i mille altri, ma con una Champions League potenziata, formalmente a marchio FIBA, che andrebbe a fare concorrenza frontale all’Eurolega o più verosimilmente proverebbe a scipparle qualche club, proponendo (per non dire imponendo) una fusione. Dejan Bodiroga, due anni fa succeduto a Jordi Bertomeu al vertice dell’Eurolega, nasce come uomo FIBA e sarebbe curioso che proprio lui, uno dei pochi fuoriclasse degli anni Novanta e Zero ad avere sempre rifiutato la NBA, fosse il notaio di questa colonizzazione americana già realizzata con le stesse modalità, quasi istituzionali, in Africa anche se ovviamente la tradizione del basket europeo non è paragonabile a quella africana. Passando dai massimi sistemi alla realtà odierna si può dire che il vero grande problema dell’Eurolega, la cui stagione regolare è molto più interessante di quella NBA visto che nella media In Eurolega si gioca sul serio, è che i conti non tornano a quasi nessun club. Senza contributi esterni, mecenatismo più o meno interessato, elemosine della sezione calcio delle polisportive, il basket europeo di alto livello dovrebbe ridimensionarsi almeno della metà.
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